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Bianchi Infinito CV Disc, endurance per eccellenza

di - 10/06/2019

Le bici catalogate come endurance e la Bianchi Infinito in questione lo è, sono sempre mezzi interessanti sotto il profilo tecnico, capaci di offrire performance a tutto tondo, confortevoli e in grado di accontentare un’ampia schiera di utilizzatori, ma al tempo stesso poco considerati (se messi a confronto con i modelli più racing) da chi convive con un agonismo marcato.

Bici superlativa anche sulle strade bianche e sui terreni sconnessi

 

La bici endurance viene vista come qualcosa di “troppo comodo”, mediamente aggressiva, poco adatta alle gare, insomma un ripiego: eppure chi fa queste considerazioni non ha mai provato con sostanza, per lunghi periodi, una specialissima come Infinito. Non siamo di fronte a una bicicletta come la Oltre XR4, oppure a un mezzo da crono, sia chiaro, ma è altresì vero che una proposta con questa concezione potrebbe essere il giusto compromesso per buona parte del segmento amatoriale. L’ultima release della endurance bike della casa di Treviglio è molto diversa da quella che l’ha preceduta.

La porzione anteriore, forcella inclusa, ricorda il progetto XR4 ma ci piace anche definirlo come una sorta di family feeling del nuovo corso Bianchi.

Frame e forcella sono full carbon, monoscocca e adottano il protocollo Countervail. Countervail, lo ricordiamo, è una membrana viscoelastica presente nelle tubazioni, non prevede nessun inserimento meccanico esterno, elastomeri o dissipatori. Il suo obiettivo è stoppare le vibrazioni che provengono dal basso, senza che queste si propaghino verso l’atleta. Oltre alle forme, che avvicinano questa Infinito CV Disc alla Oltre XR4, le tubazioni e la forcella curvata hanno un non so che di aerodinamico; qui entrano in gioco in maniera prepotente anche i dischi. La bici nasce pure nella versione caliper, eppure la sensazioni è quella che l’intero progetto prenda vita proprio per dare merito ai freni a disco. La geometria slooping, comoda ma per nulla banale, si sviluppa con un avantreno caratterizzato da una tubazione sterzo allungata, utile a una guida rilassata.

Come scritto in precedenza, anche la forcella si adegua al nuovo corso Bianchi. La leggera curvatura e le sezione abbondanti confermano un carattere corsaiolo, non estremo che ben si sposa con il concetto endurance più moderno.

Gli angoli dello sterzo a 72° e del piantone a 73,5° (parliamo della taglia 55 in test) confermano la propensione alla comodità di questo mezzo, ma senza sacrificare nulla in termini di cattiveria, oltre ai foderi bassi orizzontali da 415 mm, valore contenuto se consideriamo anche i freni a disco. Infinito CV Disc è integrazione: il seatpost sviluppato per questa piattaforma e i perni passanti dedicati ne sono un esempio. Ben otto le taglie disponibili, dalla 47 alla 63.

Con queste ruote non è un fuscello, comunque buono il suo comportamento in salita.

 

MISURE TELAIO

TAGLIA: 55

ORIZZONTALE: 550 MM

PIANTONE: 520 MM

FODERO BASSO: 415 MM

ANGOLO PIANTONE: 73,5°

CAMPO DI UTILIZZO

Non è una bicicletta da usare solo in occasione delle Strade Bianche, anche se si esprime al meglio proprio dove le condizioni dell’asfalto non sono perfette. Countervail e freni a disco formano un matrimonio quasi perfetto. Il comfort elevato consente di esprimere al meglio le proprie potenzialità nel lungo periodo.

A CHI SI RIVOLGE

È importante sottolineare che una bici di categoria Endurance non va considerata una sorta di ripiego per i non agonisti, o peggio un mezzo che non utilizzi a pieno la potenza espressa. Al contrario, se da un lato la risposta può apparire ritardata rispetto a una proposta racing e superlight oriented, in pratica la trazione risulta sempre ottimizzata, e nulla è sprecato: un bel vantaggio per il grafondista. Questa Bianchi ha un comportamento prevedibile, gratificante, facile da anticipare nelle azioni, come per esempio nei cambi di direzione perentori, quelli dell’ultimo momento. Trova un giusto sfogo per chi ama affrontare grandi dislivelli, positivi e negativi, perché la sua stabilità in discesa non passa inosservata, ma certamente il peso complessivo è migliorabile.

Interessante il design del perno passante, che non prevede una leva esterna, quest’ultima nascosta ed estraibile all’interno dello stesso perno, per anteriore e posteriore.

IN SALITA

Buona la fase di trazione, costante, grazie alla geometria e al sistema Countervail; per le stesse ragioni la risposta risulta progressiva nei cambi di ritmo più improvvisi. La configurazione da noi provata è risultata un po’ penalizzata dal set di ruote adottato, dall’elevato valore alla bilancia.

IN DISCESA

Stabile e precisa, facile da portare nei tratti molto tecnici. Si inserisce in curva senza sforzo, e in caso di correzione non si scompone. L’abbiamo portata in gara, e questa caratteristica si è rivelata preziosa quando la presenza di altri concorrenti o la necessità di effettuare sorpassi non consentivano di seguire la traiettoria ideale.

Il carro posteriore alterna forme più decise, voluminose ad altre più schiacciate.

UN’ULTERIORE CONSIDERAZIONE

Il nuovo design del telaio strizza l’occhio a forme areo, seppur non estremizzandole, per rendere la bici più scorrevole e veloce. In particolare lo si nota nella forcella e nel reggisella dalle forme tronche e nella possibilità di montaggio del manubrio integrato Metron 5D.

Per il test abbiamo utilizzato abbigliamento Craft, calzature NW ExtremeRR, casco Abus AirBreaker, occhiali Bollé Shifter.

Grazie a Davide Sanzogni, foto di Matteo Malaspina.

bianchi.com

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.