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Curva di potenza vs tempo, l’abilità di conoscere

di - 01/08/2018

Siamo in estate e dopo tanti mesi trascorsi a correre ogni domenica o quasi è giunto il tempo del meritato riposo persino per il cicloamatore. Che sia in ritiro in montagna (non ridete, andare adesso a Livigno è come trovarsi alla Nove Colli) o sotto l’ombrellone con un occhio alla famiglia, mentre i più si cimentano con i quiz della settimana enigmistica, un gioco alternativo può essere tentare una piccola analisi dei propri risultati considerato che almeno due terzi della stagione sono ormai alle spalle.

Voglio premettere che, non avendo alcun titolo di studio specifico, queste mie riflessioni vanno prese proprio come un passatempo estivo, degli spunti dettati dalla mia limitata esperienza, dal poco di lettura scientifica che ho avuto modo di approfondire, ancor meno compreso e dall’osservazione di quanti attorno a me affollano le griglie di partenza. Ovviamente non mi riferisco a coloro che hanno i mezzi fisici di piazzarsi tra i primi venti di qualsiasi evento, né a quelli già seguiti da preparatori competenti, né a chi affronta le gran fondo con spirito cicloturistico. Categoria non troppo numerosa in verità quest’ultima, nonostante quanto venga dichiarato da molti prima del via, ma nel mettere le mani avanti il ciclista non è secondo a nessuno.

Mi rivolgo invece a quella massa di appassionati di cui anch’io faccio parte che, pur senza trascurare le sensazioni personali e il puro divertimento, hanno la legittima curiosità di valutare le proprie prestazioni.

Disporre di qualche criterio può aiutare ad evitare momenti di insoddisfazione legati a prestazioni ritenute, anche a torto, sotto le attese e per cui si sfornano a volte giustificazioni abbastanza buffe per se stessi o, peggio, a beneficio degli altri. Nemmeno fossimo dei professionisti con un seguito di fans e sponsor. Dovrebbe essere superfluo ma non fa mai male ricordare che invece siamo solo amatori e che a differenza dei professionisti non siamo tutti allenati, riposati o alimentati allo stesso modo, né tantomeno facciamo parte di un ristretto gruppo estremamente selezionato in base ad innate qualità. Nelle corse dei professionisti il tempo massimo è di percentuale variabile in base al percorso e struttura delle tappe (diciamo tra il 5 e 10%, in linea generale), tra gli amatori c’è chi taglia il traguardo nel doppio del tempo del vincitore.

Infatti, tralasciando le differenze di età, a fianco dell’amatore che riesce a percorrere 20000km all’anno c’è chi ne fa un decimo. C’è chi smonta dal turno di notte per gareggiare e chi invece riesce a sfruttare l’occasione per una breve vacanza con hotel direttamente sulle griglie di partenza. Chi lavora in ufficio e chi invece manualmente e che tutti a volte corriamo anche se siamo appena guariti dall’influenza.

Tutto questo perché per noi spingere sui pedali è una passione fortissima e solo questo dovrebbe essere: passione, non ossessione.

Ma se da una parte attaccarsi il numero sulla schiena e correre con un occhio al risultato cronometrico è senza dubbio eccitante e ci stimola a spostare oltre il nostro limite, a lungo andare il confronto con gli altri, sommato alla stanchezza della routine quotidiana, degli allenamenti, può essere demotivante soprattutto se i risultati ottenuti non sono in linea con aspettative (molte volte esagerate). Anche se tutti lo facciamo al termine di una gara, la verità è che per i motivi sopra esposti ha poco senso guardare la posizione assoluta, senza contare il fatto che arrivare nei cento (per dire) in una competizione internazionale ha un peso naturalmente diverso che arrivare a premi in una competizione di ambito provinciale.

Ognuno ha i suoi gusti: personalmente rinuncerei a tutti i sacchetti con la salsa di pomodoro delle varie gare locali per un posto fisso nei primi cento; ma che dico, anche duecento, in manifestazioni come la Sportful o l’Otztaler ma tanto visto che di salsa non ne vinco, il problema non si pone! Un’alternativa potrebbe essere quello di valutare il distacco dal primo a prescindere da chiunque esso sia: il più “scarso” tra i primi dieci di una qualsiasi gran fondo ha numeri da Domestic-Pro (dati e numeri alla mano sulla singola prestazione, non di una corsa a tappe). Un abisso rispetto a chi segue e per rendersene conto basta guardare i vuoti che si hanno immediatamente dietro di loro.

Estratto da classifica della gran fondo Gavia-Mortirolo 2018.

Tuttavia il distacco varia molto in funzione del percorso: banalmente percorsi con poche difficoltà portano ad avere poca selezione; percorsi duri invece fanno esplodere, anche percentualmente, il distacco dai primi. Si può provare a combinare queste due informazioni: la propria posizione in gruppo e il ritardo dal primo ma sarà in ogni caso un dato riferito agli altri e con tutti i limiti esposti più simile alla percezione che si può avere dall’esterno che alla nostra reale prestazione. Volendo cercare un parametro oggettivo, non resta che guardare al mondo della potenza. Ovviamente un parametro solo non può descrivere tutti gli aspetti di una gara, ne indicarci come eventualmente migliorare (e per questo ci sono eventualmente preparatori professionisti cui rivolgersi) ma ci può aiutare a capire se stiamo o meno riuscendo ad esprimere il nostro potenziale.

E’ noto che la curva potenza vs tempo abbia un andamento tale per cui al crescere della durata dell’attività la potenza media che possiamo esprimere diminuisce, dapprima molto rapidamente e poi via via sempre più lentamente. Questo dato (vero) deve far pensare e deve far mettere gli accenti sulle I, a quei pedalatori che si paragonano ai pro!!!

Curva di potenza vs tempo

Dato che difficilmente si pedala a potenza costante e, certamente non è il caso né di una gran fondo né di una corsa in circuito, è stato introdotto il concetto di Potenza Normalizzata (NP) che tiene conto delle variazioni di ritmo che vengono di volta in volta impresse. La potenza normalizzata sarà di norma maggiore di quella media ma come questa decresce in funzione del tempo. Potenza media e potenza normalizzata coincidono solo in caso di prove molto regolari come sono, o dovrebbero essere, ad esempio test massimali. Preso quindi come riferimento la potenza massima che si riesce a sostenere per tempi superiori ai 40 o 60 minuti (nel mio caso sono i ~270W indicati nella curva di potenza vs tempo), dato che può essere ritenuto un’espressione di potenza prevalentemente aerobica, viene definito Fattore di Intensità (IF) il rapporto tra la potenza normalizzata e questa potenza massima sostenibile per 40 – 60 minuti.

Idealmente il valore massimo di IF che si può ottenere per un’ora è ovviamente pari ad 1, sempre che non siate stati troppo generosi nel valutare la potenza massima sostenibile per 60 minuti (ma si sa, il ciclista come il pescatore tende sempre un po’ all’esagerazione) e andrà via a decrescere in funzione del tempo di gara.

Personalmente, come regola del naso, stimo una  riduzione di circa il 3% del fattore IF raggiungibile per ogni ora di gara. Ad esempio, quando mi cimento in una gara di 5 ore, se tutto fila liscio, mi aspetto di poter chiudere con un IF prossimo a 1-0.03×5=0.85.

Se divido la potenza NP effettivamente sviluppata al termine di ogni evento per il fattore IF “teorico” (mi perdonino i professionisti del settore per questo modo di procedere approssimativo, ma l’ho detto in apertura, è un giochino estivo) ottengo un valore di potenza che mi consente di confrontare prestazioni molto diverse tra loro e che, almeno nella mia limitata esperienza, torna molto bene con le “sensazioni” avute in corsa. Nel grafico sotto riportato si vede molto bene che a fronte di 4 eventi in cui ero assolutamente in palla ( granfondo Loano, Novi Ligure, Avesani e Gavia-Mortirolo), in altre 3 circostanze (Laigueglia, Penice e Fausto Coppi) ho avuto degli scostamenti pesanti dall’atteso. Molto più chiaramente che dalla posizione in classifica dei singoli eventi come riportata in tabella. Emblematico il caso delle ultime due prove, molto simili per dislivello, chilometraggio, durata e posizione finale, ma nel primo caso il risultato è stato frutto di forza (col senno di poi sprecando, come sempre mi capita, anche un po’ sulla prima salita), nel secondo solo l’esperienza e una forzata regolarità ha compensato una condizione assai traballante.

 

Rapporto tra la W(NP) e l’IF teorico (stagione 2018)

 

Per chiudere e dedicarmi ai castelli di sabbia, va sottolineato che non ci si può presentare al picco in tutti gli appuntamenti ma che di norma si riesce ad essere al top per uno o due brevi periodi durante la stagione. Credo però che, un amatore che riesce ad esprimere con una certa continuità del proprio potenziale, possa ritenersi soddisfatto a prescindere, da quale sarà poi la posizione assoluta in classifica. Ma qual’é il vero potenziale di ognuno di noi? (marginal gain a parte?) Ma questa è un’altra storia.

Se invece non ci riesce, poco male, può indagarne le ragioni, avendo la consapevolezza di avere dei margini di miglioramento nella condotta di gara. Io non ho titoli (inteso come titolo di studio, perché preparatori non ci si improvvisa).

A cura di Davide Sanzogni, foto C.O. La Fausto Coppi, foto di apertura A.S.O.

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.