Pubblicità

Parto col camper e non torno più

di - 10/01/2019

A cura di Bruno Muskitiello
Nell’epoca di questo tanto auspicato “cambiamento” in molti sono alla ricerca di una decrescita personale. Questa tendenza può chiamarsi in diversi modi, dal “downshifting” (che letteralmente significa scalare marcia) alla “permacultura”, a seconda del contesto di cui vogliamo parlare, tendenzialmente però c’è il comune desiderio di riappropriarsi dei propri spazi e del proprio tempo, possibilmente andando ad impattare il meno possibile sull’ambiente e cercando di remare contro un modello di società che non lascia libertà all’individuo di godere appieno della propria vita.

Sorvolando sulla fattibilità di una società intera basata su questi concetti, ad oggi è possibile incontrare sempre più persone che decidono di ispirarsi a questi principi. E’ così, ad esempio, che sono nati i “fulltimers”, persone che già come si intuisce dal nome hanno deciso di dedicare il proprio tempo a sè stessi, e che munendosi di un camper si sono messi in viaggio rinunciando a vivere in una casa vera e propria, in favore di una vita itinerante, in giro per l’Italia oppure girovagando anche oltre confine.

E’ su questo concetto di vita girovaga che spesso può nascere un’affinità con il modello di ‘surfista nomade‘, che munito di van e tavola, comincia il suo viaggio alla ricerca della fantomatica onda perfetta. Un viaggio al quale forse abbiamo un po’ tutti sognato di prendere parte, alzi la mano chi non ha desiderato almeno una volta di buttarsi tutto alle spalle e partire per andare a cercare le onde senza doversi più curare del lavoro e delle grane di una vita monòtona.
Un po’ per questo desiderio rimasto irrealizzato, almeno per molti di noi, abbiamo deciso di trovare qualcuno che questa scelta l’ha fatta davvero. Abbiamo conosciuto una coppia di surfisti che hanno deciso di cambiare la propria vita, 4Surf li ha intervistati per chiedere loro come ci siano riusciti e soprattutto se adesso la loro vita è davvero migliore di prima.
L’obiettivo è sfatare alcuni miti, oppure invogliare chi già ci aveva pensato a trovare ulteriori conferme.

1) Nix e Pol, benvenuti! Potreste presentarvi e raccontarci di dove siete, qual era il vostro mestiere e come siete arrivati alla decisione di lasciare tutto e partire?
Ciao Bruno, certo che sì. Nix è un grafico, io sono stato responsabile commerciale estero per una multinazionale della carta. Entrambi abbiamo dedicato gli ultimi vent’anni ad uffici e viaggi di lavoro, arrivando fino al punto in cui ci siamo dovuti chiedere se eravamo disposti a farlo per altri vent’anni.
Così abbiamo iniziato a guardarci intorno cercando dei progetti di vita alternativi, partendo dal desiderio di poter surfare di più. Essendo originari del Piemonte apparteniamo a quella categoria dei surfisti di terra, che partono la mattina alle tre per arrivare poi al mare con condizioni troppo spesso discutibili.

Partendo da questo desiderio, abbiamo cercato anche un metodo che potesse farci uscire dagli schemi classici (8 ore, 5 giorni a settimana). Qualcosa di simile lo abbiamo trovato nella Permacultura, metodo di progettazione agricola (definirla  così è decisamente riduttivo, a riguardo bisognerebbe aprire un capitolo dedicato, Wikipedia dà un bel quadro generale) più naturale che vorremmo usare per autoproduzioni e come autosostentamento in un futuro non troppo lontano. Per fare questo insieme al surf, avevamo bisogno di un posto vicino all’oceano, ma qual’è il nostro posto? Da qui è partita l’idea del “mollo tutto e prendo un camper” ma non dalla sera alla mattina. Per circa due anni, abbiamo fatto un po’ di formazione  sia teorica che pratica, abbiamo cercato di ridurre le spese per risparmiare, dando inizio quindi a questo viaggio per cercare il posto adatto in cui sviluppare le nostre passioni e un modello di vita più etico.

2) Spesso si dice che il surf sia più uno stile di vita che uno sport. Quanto ha influito questa passione nella scelta che avete fatto?
Molto, e come detto stiamo cercando il posto più adatto dove poterci stabilire e poter surfare con regolarità. In più abbiamo deciso di dare precedenza a progetti con cui collaborare per la nostra formazione agricola vicini alla costa, per poter entrare in acqua sempre con maggiore frequenza.
A Ottobre e novembre abbiamo avuto modo di lavorare e vivere a 50 metri dallo spot, il che non è davvero niente male! Il surf è certamente uno stile di vita, ma non crediamo ne esista solo una versione: ognuno ha la sua visione e i suoi obiettivi da raggiungere, sia nello sport che nella vita e ognuno sceglie il metodo a lui/lei più congeniale per poterlo fare. Il surf è fluidità e stiamo provando ad essere fluidi anche noi.

3) C’è qualche aneddoto che vi piacerebbe ricordare, che per voi abbia rappresentato la fantomatica goccia che ha fatto traboccare il vaso, facendovi decidere che era arrivato il momento di partire?
Non siamo sicuri ci sia stata una vera e propria goccia, anche perchè la nostra non è stata una scelta dettata da “odio quel che sto facendo”, d’altronde non potevamo lamentarci delle nostre vite precedenti: entrambi avevamo un bel lavoro, una casa accogliente e tanti amici con cui passare del buon tempo; è stato più la ricerca di qualcosa che potesse continuare a farci crescere come persone: i nostri lavori ci piacevano ma sentivamo che non potevano darci più di così, da lì in poi, se non avessimo cambiato qualcosa, si sarebbe trattato di ripetere gesti di azioni già acquisite fino al miraggio della pensione. Abbiamo avuto sicuramente un momento in cui ci è stato chiaro che non potevamo trasferirci alla cieca puntando il dito sul mappamondo, ne tantomeno senza avere maggiori conoscenze. Per mettere insieme le nostre esperienze professionali, ci sono voluti quasi vent’anni, qui serviva un po’ la stessa cosa.

Il momento clou è forse stato il rientro da Tenerife a Ottobre 2017, dove abbiamo lavorato, sempre come workawayer, su un terreno e surfato con buona regolarità le onde di Bajamar. Il rientro in Italia fu traumatico anche se eravamo stati via solo un paio di settimane: lo smog, il caos, la poca cortesia e la costante fretta della società per come la conosciamo, ci spinsero immediatamente a cercare una via d’uscita. Lì decidemmo davvero che era il momento di formarsi non più solo con libri e corsi, ma viaggiando e ovviamente surfando il più possibile.

4) Per ora vi siete spostati lungo le coste dell’oceano atlantico, quindi passate le vostre giornate svegliandovi e addormentandovi davanti alle onde. Con un contesto così com’è cambiata la vostra vita? A cosa non riuscireste più a rinunciare ora che l’avete trovato, e cosa invece vi manca da morire rispetto a prima?
Il surf è importante, ma non è la sola bellezza guadagnata. Vivere davanti all’oceano è meraviglioso ma la cosa che probabilmente non ha prezzo, è la libertà di potersi muovere come e quando lo si desidera. Se sai che una mareggiata correrà lungo la costa, puoi decidere di seguirla molto meglio di quanto non si potesse fare da Torino: non devi alzarti alle 3 del mattino per sperare di prendere qualche onda… semplicemente parti uno o due giorni prima. Se sai che arriverà il mal tempo, puoi spostarti e fare un escursione nel sole dell’entroterra. Forse è poter gestire il proprio tempo la cosa di cui ora non potremmo fare a meno.

Cosa ci manca? Difficile dirlo…a Pol manca probabilmente la pizza più di tutto (la pasta la facciamo noi a mano in camper, problema risolto!), a Nix il gelato del Gelatè di Avigliana, la cittadina vicino a Torino dove vivevano prima! Avevamo paura che i rapporti con la famiglia e gli amici si raffreddassero, invece la lontananza ha reso più stretti gli affetti sinceri.
In generale per ora non ci manca nulla della “vita” precedente, ci stiamo godendo attimo per attimo il nuovo cammino.

5) Lo spot che vi ha regalato più emozioni? Quello che vi ha deluso di più rispetto alle aspettative?
Partiamo dicendo che siamo due surfisti molto diversi: Pol è alla ricerca del miglioramento costante, manovre più precise, onde più grandi; Nix è una “lazy surfer”, entra se c’è il sole, se non c’è troppo vento, se non è troppo affollato e se il mare non è troppo grosso e violento. Quindi i nostri metodi di valutazione sono quasi opposti. ^_^’
Per Pol lo spot migliore è stato sicuramente Cordoama in Algarve in Portogallo: la congiunzione astrale tra vento e mareggiata ha regalato onde incredibili, dal vivo mai viste o surfate robe del genere in passato. Barre perfette lunghe, grosse e glassy, che formavano tubi perfetti. Per Nix Praia das  Furnas in Galizia in Spagna è stato il posto magico: abbiamo surfato DA SOLI onde divertentissime in uno spot super accogliente e immerso nella natura.

Aggiungiamo però entrambi un piccolo spot dove abbiamo lavorato come wokawayer e il picco era sotto casa (davvero!): Burgau. Faceva una piccola destra, lunga e super facile ma solo con la bassa marea (segnatevelo!).
Delusioni, forse Ericeira, ma siamo arrivati durante la tappa del WSL, e il vento incasinava un po’ tutto. Più sfortuna che altro. Parlare della delusione di uno spot è sempre difficile, siamo consapevoli che a volte arrivi semplicemente nel momento sbagliato.
In compenso abbiamo visto Nazaré attiva per 3 giorni (WSL big wave tour e la session special STRIKE) ed è stato pura magia! Le onde di oltre 15 metri sembravano ruggire; vedere di persona i pro che le cavalcavano ci ha dato davvero l’idea dell’adrenalina che questi mostri marini sono in grado di generare.

https://www.instagram.com/p/BpcsdO1gKnZ/?utm_source=ig_share_sheet&igshid=6hwqlwwyw877

6) Avete incontrato altri surfisti che hanno fatto una scelta simile alla vostra? Qualcuno di cui avete voglia di parlare?
Sì, per fortuna non siamo gli unici! Spesso si trovano intere famiglie in viaggio per periodi più o meno lunghi. Ad esempio una coppia di ragazzi francesi, incontrata a Praia do Aivados in Alentejo, aveva da poco visto casa e terreno dove trasferirsi, ed erano in viaggio da 2 o 3 mesi. Una coppia svedese, in viaggio  da Luglio fino a Natale, portava la figlia di 5-6 anni, prima dell’inizio delle scuole, a conoscere un po’ il mondo, per mostrarle che la diversità è un valore aggiunto, anziché qualcosa da temere.
Alla fine ci sono parecchi casi come il nostro, ognuno con un motivo diverso ma tutti con la voglia di cercare un modo di vivere più in linea con i propri ritmi e non dettati dalla nostra civiltà.

7) Come riuscite a mantenervi economicamente?
Abbiamo cercato di pianificare le varie fasi, siamo riusciti a risparmiare un po’ in questi anni, un cospicuo aiuto è arrivato dalle liquidazioni e abbiamo affittato casa che ci dà una piccola entrata mensile.
Inoltre cerchiamo di spendere il meno possibile: limitiamo i pasti fuori allo stretto necessario, a casa per esempio, era un’abitudine essendo fagocitati dai tempi e ritmi dell’ufficio e limitiamo le soste a pagamento allo stretto necessario…ogni tanto una doccia calda fatta con calma fa davvero piacere!

Ci sono un sacco di spese nella quotidianità che finché non tagli non ti rendi conto di quanto poco ti servirebbe per vivere: bollette, TV, spese per andare e tornare dall’ufficio, le automobili; un altro esempio è l’abbigliamento, ora nel nostro armadio non c’è nulla che stia lì a prendere polvere e se sostituiamo un capo, è per l’usura, non compriamo più solo perché ci piace quella camicia o quel paio di scarpe.
Il risultato è che decidendo di partire abbiamo dovuto rivedere le priorità materiali, prevedendo una riduzione delle spese e quindi di quanto ci serve per vivere. Inoltre il percorso su Workaway e le piattaforme di scambio lavoro offrono la possibilità di tenere i nostri costi bassi dato che ci viene riconosciuto vitto e alloggio anche per lunghi periodi. Se poi dovesse presentarsi la necessità o l’occasione, possiamo sempre contare sul nostro background lavorativo o su lavori provvisori, come ad esempio la raccolta della frutta o stagionali in qualche località turistica.

8 ) Come vi organizzate con l’attrezzatura in spazi ristretti? Com’è composto il vostro quiver?
Abbiamo deciso di non partire con mille tavole, anche perché non avrebbe avuto molto senso. Siamo partiti con un funboard 7.0’ un mini Simmons 5.7’ fatto a mano da una coppia di amici (Umbo e Vale di Mantra surfboard) ed una Motorboat CI 5.10’.
Tuttavia le tavole sono il minore dei problemi, d’altronde stanno comodamente sul tetto del nostro Millenium Falcon (il nome del nostro camper). Alla fine le mute sono la cosa più complicata da gestire, il lavaggio in primis, dato che spesso fuori stagione le docce libere delle spiagge sono chiuse e che l’acqua del camper è meglio tenerla per mangiare! Per asciugarle, di solito restano fuori appese al portabici, anche se ce ne hanno rubata una proprio così. Da allora il micro-bagno del Millenium è diventato il luogo dove lasciarle in nostra assenza, con la speranza di non trovare i girini ad accoglierci per l’umidità che si crea.
Il nostro parco mute (abbiamo un mutino, una 3/4 e una 5/4 a testa) e i relativi accessori per surf e spiaggia, sono stipati in una borsa dell’Ikea sulla dinette posteriore, che ormai è diventata un prolungamento dei nostri armadi e della dispensa.

9) Se doveste dare un consiglio a chi volesse intraprendere un’avventura come la vostra, quale sarebbe?
Il consiglio che ci sentiamo di dare è quello di fare il primo passo fuori di casa  e pianificare i vari step, senza aver paura di sporcarsi le mani lavorando lungo il viaggio.
Non bisogna aspettarsi di entrare nel mondo colorato e perfetto degli gnomi e delle fate, ogni percorso ha i suoi ostacoli e le sue difficoltà… la cosa da tenere a mente è che il bello della vita è che è piena di ostacoli da superare e problemi da risolvere qualsiasi sia la direzione che si vuole intraprendere, tanto vale farlo per qualcosa che ci piace e sentiamo davvero nostro.

Grazie Bruno per averci dato la possibilità di raccontare l’esperienza che stiamo facendo e per chi volesse seguirci può farlo qui:

www.elsewhere-project.com

FB: facebook.com/elsewhereproject

IG: @elsewhere.project

Articolo a cura di Bruno Muskitiello

 

Sotto: la fine session di Nix a Praia das Furnas in Portogallo