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Il training camp del Team Alpecin granfondo

di - 16/04/2019

Il training camp “italiano” del Team Alpecin Granfondo è un appuntamento che si rinnova stagione dopo stagione e si basa sull’ambioso progetto di promozione e diffusione del ciclismo. Ecco il racconto del nostro René Enzo Piccinni.

“Vai in bici, tanto o poco, a lungo o meno…Ma pedala”.

Con questa frase, attribuita al più grande ciclista d’ogni tempo (Eddy Merckx) siamo stati accolti al Training Camp del “Team Alpecin Granfondo”, svoltosi dal 6 al 14 Aprile, in Alto Adige a Caldaro (Bz). Prendendo alla lettera la frase di benvenuto, abbiamo pedalato – nella dolcissima cornice del lago di Caldaro – insieme ai componenti del Team, guidati dall’ex pro Jorg Ludewing ( 3 Tour de France in carriera) e assistiti da una super squadra di meccanici. Ospitati nel cuore storico di Caldaro, tra le mura antiche del “Schlosshotel Aehrental”, protetti dai bassi filari dei vigneti di sauvignon e dalle prime timide fioriture, abbiamo respirato e vissuto, per qualche giorno, l’atmosfera e il clima “Alpecin”. A far da guida nientemeno che un ex campione del mondo di ciclismo, Maurizio Fondriest, che ci ha accompagnati sulle piste ciclabili della Val d’Adige e lungo i primi contrafforti che portano verso il Passo della Mendola (confine naturale tra Sudtirol e Trentino). Fondriest, già da qualche anno, è testimonial del marchio tedesco “Alpecin”, sponsor del Team professionistico Katusha. A partire dal 2014, il team Alpecin ha scelto il lago di Caldaro per il primo ritiro collettivo della stagione.  A Maurizio Fondriest vorremmo rivolgere un “grazie” per le chiacchierate sul ciclismo e per averci portato, nei dintorni di Termeno, alla scoperta delle salite (brevi e durissime) dove lui preparava e si allenava per il Giro delle Fiandre.

Team Granfondo Alpecin 2019

Il marchio Alpecin è promotore di un progetto ambizioso per la diffusione del ciclismo ad ogni livello ed in tutte le sue forme (strada, mtb, e-bike) ed ha fondato , in Germania, l’Academy Cycling Alpecin, una scuola di ciclismo dove si apprendono i primi rudimenti e si affinano le tecniche più sofisticate. Nel progetto rientra, anche, una iniziativa originale : creare e gestire un team Granfondo, con l’obiettivo di avvicinare persone normali al ciclismo come forma di benessere. L’invito, ad entrare nel Team è rivolto a tutti i ciclisti, che possono candidarsi facendo domanda sul sito alpecincycling.com . Per il 2019 le candidature , provenienti da tutto il mondo, sono state circa 5 mila . La selezione finale , conclusasi a Febbraio, ha portato alla scelta di 12 fortunati ciclisti (8 uomini e 4 donne) provenienti da Gran Bretagna, Germania, Stati Uniti, Olanda e Italia . Li abbiamo incontrati a Caldaro. Età media 32 anni , diverso grado di esperienza in bici, diverse motivazioni e un unico obbiettivo : arrivare a disputare L’Etapè du Tour , il 28 Luglio, con partenza da Albertville ed arrivo a Val Thorens, dopo 135 km.  Tra i dodici, un solo italiano Sauro Locatelli, 32 anni, milanese, di professione analista finanziario, che si dice molto soddisfatto di questa esperienza. I componenti del Team Gran fondo, sono stati sottoposti – nella sede Alpecin di Bielefeld, nella Renania settentrionale – ad una serie di test prestazionali ed avranno a disposizione una bici personale Canyon Ultimate CF SLX con componenti Sram e Tap e supporto on-line alla formazione individuale (con tabelle e carichi di lavoro). La squadra è organizzata proprio come quella dei pro con un team di supporto (nutrizionista, preparatore atletico, meccanici) , ecc.) che li segue nei collegiali e a distanza. Ci sono tabelle di allenamento da seguire, consigli alimentari e ci si incontra , come a Caldaro, per le verifiche. Tutti gli allenamenti sono condivisi anche su Strava.

L’Italiano Sauro Locatelli durante la valutazione biomeccanica e dei valori base per il training personalizzato.

Caldaro sulla strada del vino … e del ciclismo

La zona di Caldaro al Lago ( Kaltern am See) si sta caratterizzando, sempre più, come luogo privilegiato per il ciclismo, favorita in questo dal clima particolarmente mite e dalla possibilità di pedalare su percorsi variegati. Luogo ideale per l’allenamento : è possibile pedalare su percorsi pianeggianti e non troppo impegnativi (tra viti e frutteti) o arrampicare su salite impegnative. Non trascurabile la fitta rete di piste ciclabili, dal fondo stradale invidiabile e ben segnalate, dove si può pedalare in assoluta sicurezza. Lungo la poco trafficata “Strada del Vino dell’Alto Adige” si può scegliere tra numerosi itinerari ciclo-enogastronomici , con la possibilità di visitare cantine vinicole e castelli. degustare i vini autoctoni come il Lagrein e la Schiava , ma anche vini rossi e bianchi locali come il Pinot bianco, il Sauvignon e il Cabernet. Ma torniamo al ciclismo, perché in questo 2019 Caldaro sarà al centro di tante manifestazioni di carattere internazionale. Durante il “viaggio stampa” abbiamo affrontato anche una piccola parte della tappa finale del “Tour of the Alps”, in calendario il 26 Aprile con partenza da Caldaro e arrivo a Bolzano. L’11 maggio si svolgerà “International Kalterer See Triathlon “, con la partecipazione di atleti di valore mondiale impegnati in 10 km di corsa, 40,8 km in bicicletta e 1,5 km di nuoto.

Il 24 giugno Kaltern sarà ancora una volta tappa del Tour Transalp. Il giro, per ciclisti amatoriali, inizia a Innsbruck e in sette tappe si conclude a Riva del Garda.  Un totale di 798 chilometri e quasi 19 000 metri di dislivello! Il 10 luglio a Caldaro farà tappa il “Tour de Friends”. Un’avventura, per atleti dilettanti, con partenza in Algovia e – dopo 700 km attraverso il Tirolo, l’Alto Adige e il Trentino – arriva a Feltre. Ma la vera festa per i ciclisti ci sarà il 21 Settembre, in occasione della chiusura al traffico del passo della Mendola. Per un giorno intero sarà vietato ad auto e moto e i ciclisti potranno salire da Caldaro, lungo i 13 km che portano al passo, in sicurezza e nel silenzio di un paesaggio “sospeso” tra il lago e le montagne.

Un’immagine scattata durante la grou ride.

La presenza e il ricordo di un meccanico

Il training camp è stato, purtroppo, segnato da un evento doloroso : la tragica morte di Stefan Keul, 44 anni, originario di Coblenza, in Germania, meccanico della Canyon (le biciclette in dotazione al Team Alpecin). Keul è rimasto vittima di un incidente stradale (travolto da un auto) mentre era in compagnia di altri ciclisti del gruppo Alpecin. È accaduto, sulla strada statale delle Dolomiti che da Ora sale a passo San Lugano. Già da diversi anni, al di là dei rapporti professionali, ci sentiamo amici del Team Alpecin e vorremmo esprimere vicinanza a tutti i componenti della squadra ed in particolare ai meccanici e a Jorg Ludewing, che ha avuto parole commoventi nel ricordare l’amico Stefan. I meccanici occupano un posto particolare all’interno del Team. Con i meccanici nasce un rapporto di grande fiducia, sono loro a metter mano alla tua bici, ad assemblarla, controllarla, prendersene cura . Dei meccanici si diventa, presto, amici. Regolano il cambio, spruzzano olio, aggiustano l’altezza della sella, azzittiscono rumori fastidiosi e – po i – escono con te, ti osservano mentre pedali. Alla fine, se è il caso, ti suggeriscono qualche modifica o aggiustamento della posizione. Ti senti coccolato e al sicuro. Il meccanico è un vero “angelo custode”, l’assistente di fiducia che si prende cura della bicicletta e della tua sicurezza.

photo credits Stefan Rachow, testo di René Enzo Piccinni.

 

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.