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La Granfondo Laigueglia in sella ad una Lapierre

di - 24/02/2020

Quando vi scriviamo che ci piace vivere i test e le prove delle bici fino in fondo! Granfondo Laigueglia Lapierre, la prima vera granfondo stagionale, quella che chiamano “il campionato del mondo degli amatori”. Noi l’abbiamo fatta in sella ad una Pulsium 600 Disc e questo è il nostro racconto.

 

In azione lungo la salita di Caso.

Esserci è già motivo di orgoglio

Quando vi diciamo che la Granfondo Laigueglia è il primo vero appuntamento della stagione, non è una considerazione fatta a caso. Il livello qualitativo dei partecipanti è molto alto (lo è sempre stato nelle varie epoche) e ognuno arriva a questa granfondo con il suo obiettivo. Chi è qui per testarsi e provare la condizione fisica. Chi viene qui a pedalare per fare le prime uscite lunghe in gara, con un dislivello già importante, considerando la stagione. Ciclisti che vanno a Laigueglia per migliorarsi, dove la prima sfida è contro se stessi. Atleti che vanno per provare a vincere! Prendere parte alla Granfondo Laigueglia (ora con il suffisso Lapierre per via del main sponsor) è motivo di orgoglio, stimolo e piacere di tornare a pedalare in gruppo.

Alcune fasi prima della partenza. Anche in questo nulla è banale: Corso Badarò che sembra fatto apposta per ospitare un evento. Spazio per gli accompagnatori e curiosi che vogliono vedere i ciclisti, il mare da una parte e la montagna dall’altra.

 

Il test in gara

Per noi, quella di ieri, è stata una giornata davvero particolare. Siamo tornati in gruppo dopo un periodo di stop forzato, non solo a causa del periodo invernale e abbiamo voluto esserci con una bicicletta che sarà il soggetto di un test. Abbiamo pedalato e gareggiato con la Pulsium 600 Disc di Lapierre, anche per onorare lo sponsor dell’evento ligure, una bicicletta marcatamente endurance molto particolare e per nulla scontata. Una bicicletta che ha una sua identità in fatto di costruzione e design, un mezzo che nasce per terreni complicati (vedi pavé, strade bianche e fondi sconnessi in genere ma questo è qualcosa che vi spiegheremo in modo più approfondito nel test vero e proprio). Con questa partecipazione abbiamo voluto dimostrare ( a noi stessi in primis), che mettersi in gara con una bicicletta di questo stampo, divertendosi e sgasando il giusto è possibile e diventa pure gratificante.

 

Il racconto

Se la giornata inizia nel modo classico, con i mugugni prima di alzarsi dal letto, osservare il meteo e sentir picchiettare le pompette sui pavimenti dell’hotel, oltre ad una colazione che assume dei contorni fiabeschi, il proseguo della giornata diventa adrenalina pura. Chi ti conosce chiede incuriosito cosa faremo oggi, in quale veste siamo e il soggetto principale della nostra giornata. Qualcun’altro è incuriosito dalla bicicletta, diversa e non tirata all’osso, per allestimento e peso. Però, il bello della bici è che, nonostante tutto, ti mette sullo stesso livello di quello che hai al tuo fianco a prescindere, da come è vestito e dal ruolo che occupa nella vita di tutti i giorni. A prescindere che tu sia avvocato o muratore, in sella devi pedalare e fare fatica! E qui a Laigueglia ne fai parecchia.

 

Catena sempre in tiro

120 km circa e poco meno di 1800 mdsl, sono numeri “normali” per un granfondista degno di essere chiamato tale. Se metti la Granfondo Laigueglia a Maggio, diventa poco più di una mediofondo. Però, siamo a metà Febbraio, non ci sono altre manifestazioni in concomitanza e l’evento ha un prestigio di stampo internazionale. Fattori che messi insieme fanno di questa gara, una tra le più dure ed esigenti. Non ci sono salite lunghe ma la pianura, quella vera non c’é. Devi rilanciare e cambiare ritmo in continuazione. Devi sempre avere la gamba tesa e se non sei bravo a guidare in discesa, quei pochi attimi in cui non pedali possono diventare un calvario: perché ti tocca sempre inseguire.

 

La Pulsium Disc

In un mondo dove una sorta di estremizzazione meccanica diventa la base cu cui fondare la propria performance, gareggiare con una “bici comoda”, diventa quasi utopia. Noi questa sensazione l’abbiamo avuta, lungo tutta la costa degli ulivi, prima di buttarci nella discesa tecnica di Costa Bacelega e anche durante l’impegnativa salita di Caso (alcuni tratti oltre il 15% di pendenza). Qui spesso ci siamo trovati in testa al gruppo a tirare, a battagliare con concorrenti muniti di bici ultralight e di una fascia di mercato più elevata. Una delle differenze? Cucirsi il mezzo addosso e adeguarlo alle proprie esigenze, cercando di capirlo e sfruttarlo al meglio delle sue potenzialità. Un esempio: una bici di questo segmento non ha nella reattività la sua dote principe. Bene, ci siamo limitati ad assecondare questo aspetto limitando al minimo i cambi di ritmo, trasformandoli in variazione sul medio e lungo periodo. Quando scriviamo che una bicicletta è confortevole, non diciamo una cosa negativa! Tutt’altro, anzi, per buona parte degli amatori sarebbe meglio pedalare in totale comfort piuttosto che spaccarsi la schiena con telai ultra e super rigidi.

Quando c’è da pedalare si pedala e basta

Tutto facile guidare la bici, nel tecnico e a velocità elevata. Più lenta da rilanciare rispetto ad una bici leggera e/o aero ma, nel nostra caso, visto che le condizioni fisiche non ottimali, avere beneficiato di un comfort e stabilità di alto livello è stato un vantaggio non da poco. I grafici, dimostrano anche una certa linearità della performance atletica. Bisogna tenere in considerazione il percorso con parecchi picchi positivi e negativi, oltre all’aver viaggiato per buona parte della gara in un gruppo abbastanza omogeneo.

E poi alla fine, con uno scorcio di sole alle spalle e una temperatura primaverile, sorridi tanto quanto alla partenza.

a cura della redazione tecnica, foto di Sara Carena e Lapierre

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.