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La Granfondo Marco Pantani vissuta da noi

di - 05/09/2018

Si dice che il tempo è galantuomo, sistema molte cose, dà il giusto colore ai ricordi, sfuma le sofferenze e le ammanta di nostalgia. Probabilmente, nonostante si sia detto e scritto molto su Marco Pantani, qui in queste zone è semplicemente Marco, tutto questo non sarai mai abbastanza per ricordare questo immenso campione.

Numerose le iniziative, magari anche da parte di chi lo ha scaricato a fine carriera. Il bisogno di avere icone, ancor meglio se un po’ “maledette” nella loro vita privata onde potersi eticamente innalzare e giudicare, è un tarlo malsano che peggiora via via che siamo sempre più “social” e “online”. Così ricordare nel giusto modo un Campione sportivo con la “C” maiuscola non è sempre facile e il rischio è di cadere ai lati del sentiero della vita attraversato dal Pirata. In questa nona edizione cambiano alcune cose ma resta nell’aria l’affetto e l’infinito bene che lo sguardo di papà Paolo e mamma Tonina nella loro semplicità, che trasmettono a chi li avvicina. Non deve essere facile affrontare la prova che la vita gli ha messo davanti, facili e banali i giudizi di chi pensa con la lingua o con il raziocinio.

Una persona come Marco deve essere compresa a tutto tondo a partire dal suo cuore che tanto lo ha spinto nella storica doppietta Giro e Tour di cui ricorre il ventennale. L’ex compagno Vanotti coadiuvato dalla sua struttura Vanotti  Cycle Camp ridisegna i percorsi, modifica alcune cose del dopo gara e professionalizza nel complesso la Manifestazione. Resta nell’aria l’impostazione del Club Magico Pantani e a noi piace che in questa domenica sia sì importante il lato agonistico ma ancor più il patos che trasmette il popolo del Pirata che inforca numero e chip ma resta fedele nello spirito, sbuffando e ansimando sulle salite.

Un sacrificio quasi ancestrale che i pantaniani, riconoscibili dai simboli sparsi sui vari componenti della divisa, compiono sublimando il loro amore mai sopito per lo scalatore romagnolo. Chi ha infiammato cuore e anima non può scomparire nell’indifferenza e questo deve essere l’obiettivo, secondo noi raggiunto, di questo evento. Poi possiamo anche analizzare tecnicamente la tre giorni, aperta venerdì sera con una cena di beneficenza, proseguita in una splendida serata sabato sera al teatro Comunale; qui amici, avversari, ex compagni e componenti del suo staff hanno ricordato anche con gang divertenti la vita di Marco, senza soffermarsi solo sulle imprese sportive. Domenica oltre 600 partenti hanno sfidato le previsioni meteo discordanti e fosche. Come ha detto papà Paolo sulla linea del via, Marco ha ricambiato portando  il sole sui suoi tifosi e la giornata è filata via senza una goccia.

Un po’ complessa la fase di partenza con qualche spartitraffico non segnalato ma alla fine si è giunti sotto la Ciola a una media interessante senza grossi guai. Le strade romagnole, nonostante diversi pezzi asfaltati dalla Nove Colli, sono veramente “tecniche” (!?) e una nebbia scozzese illuminata da un debole sole ha accompagnato i ciclisti in questa prima parte. Buono il presidio agli incroci almeno fino al passaggio del Fine Gara. Poi in realtà abbiamo avuto delle zone d’ombra, in particolare un attraversamento dopo Sala era completamente scoperto. Il nuovo “lungo” è piaciuto, con il muro di S.Agata a sfilacciare i fondisti. Da brividi la discesa verso il Bivio Montegelli. I ristori ci sono sembrati correttamente posizionati e con il necessario. Manca invece un punto meccanico fisso prima del rientro a Cesenatico, magari in prossimità di Montevecchio. Su questa cima ci siano distratti ammirando i poster a colori delle vittorie di Marco su BiciSport. Sarebbe bello poterle inserire nel Pacco Gara, veramente già sontuoso con una bella maglia tecnica che in tanti hanno indossato. Il dopo gara ha segnato un deciso cambio di passo, con un bel pranzetto e un bike park blindato. Alla fine una bella giornata, su un percorso adatto al finale di stagione. Magari si potrà puntare ad altri numeri per la partecipazione ma in questa data si correva anche il mondiale amatori UCI e sappiamo che tanti hanno “tradito” il Pirata per questa rara occasione. L’ultima idea la buttiamo lì: a poche decine di chilometri si teneva la manifestazione fieristica di Rimini con tutto il mondo del ciclismo italiano e straniero. Perché non cercare una sinergia con qualche costruttore o espositore e proporre la GF Pantani come un “test drive”?

foto c.o.

gfmarcopantani.com

 

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.