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Lavoro ed energia quando sentiamo parlare di Joule

di - 31/01/2020

Sviluppare potenza per spostarsi in bici significa compiere un lavoro. Per farlo bisogna “trasformare e utilizzare energia in lavoro” che non a caso dal punto di vista fisico utilizzano la stessa unità di misura, ovvero i Joule.

Un grafico indoor training che abbiamo estrapolato dalla piattaforma Magnetidays, dove viene indicato anche il consumo di KJ.

Tempo, potenza ed energia

Un lavoro può essere quantificato come il prodotto della potenza, di cui abbiamo parlato qui, per il tempo necessario a svolgerlo. Ad esempio, per salire una rampa di scale rapidamente mi servirà una potenza doppia rispetto al caso in cui salga camminando nel doppio del tempo. In bici il discorso è simile. Appena più complicato perché la potenza necessaria a vincere la resistenza aerodinamica è proporzionale al cubo della velocità. Cioè: immaginiamo di pedalare a 270W per 1 ora (ovvero 3600 secondi), compirò un lavoro di 972 KJoule. Per compiere questo lavoro il nostro organismo deve consumare un’energia 4 volte maggiore. Questo perché l’efficienza del metabolismo aerobico è di quasi il 25%. Oltre il 75% di quanto bruciamo viene disperso in calore. È di quindi 3888 KJoule, pari a 928 Kcalorie, il fabbisogno energetico che ci è richiesto per spingere per 270W per 1 ora.

Un dettaglio non dettaglio

Abbiamo evidenziato questa frase: l’efficienza del metabolismo aerobico è di quasi il 25%. Oltre il 75% di quanto bruciamo viene disperso in calore. Queste parole non solo ci permettono di comprendere che per sviluppare potenza, energia e forza dobbiamo avere della benzina nel nostro corpo ma quanto può influire la temperatura e l’ambiente circostante ai fini della nostra performance. Un esempio classico: se fa troppo freddo o troppo caldo, il nostro motore brucerà di più e con maggiore velocità per rimanere nelle condizioni ottimali di lavoro. I devices che utilizziamo, i grafici che valutiamo, non sono del tutto precisi in merito perché non tengono conto di questo particolare.

La celebre sosta di Dumoulin al giro

Parliamo come mangiamo

928Kcalorie sono l’equivalente di 2 etti e mezzo di pasta in bianco. Durante un’attività fisica intensa non c’è verso di reintegrarli. Non solo perché due etti e mezzo di pasta ogni ora sono porzioni pantagrueliche e poco pratiche da tenere nelle tasche. Il nostro organismo non è in grado di assimilare più di 1g di carboidrati ogni ora, per kg di peso corporeo. Per una persona di 65kg sono 65g di carboidrati equivalenti ad appena a 260 Kcalorie. In pratica: sotto sforzo, assumere 40g/ora per 120/180 minuti consecutivi, può dare il via a spiacevoli problemi di tipo intestinale (Dumolin docet!). Da qui l’importanza di un corretto carico glicemico nelle giornate precedenti un impegno molto intenso, di utilizzare il mix di integratori energetici giusti per noi durante l’attività e di reintegrare adeguatamente dopo lo sforzo. Ecco che l’allenamento non è solo quello in bici ma anche quello a tavola. E’ necessario abituare il fisico, il proprio organismo e metabolismo a lavorare e assecondare le esigenze energetiche.

Ogni fascia di lavoro ha un range di consumo calorico specifico

Consideriamo la curva sotto riportata che rappresenta la relazione tra la potenza massima esprimibile in funzione del tempo. Punto per punto il prodotto tra potenza massima e durata sostenibile a tale potenza ci dà conto dell’energia necessaria per svolgere un certo lavoro.

L’area tratteggiata corrisponde al lavoro da svolgere per sostenere per un certo tempo una data potenza

Prendiamo alcuni punti di questa curva, corrispondenti a diverse zone di lavoro (fondo lento, fondo veloce, medio, etcc..), misurati durante alcune uscite della scorsa stagione:

Z1: 150W per 10 ore equivale a 5400KJ. Circa 500 kcal/ora, appena ~9 Kcalorie/minuto

Z2: 175W per 8 ore equivale a ~600Kcal/ora, per un consumo ~10 Kcal/minuto

Z3: 230W per 3 ore ad un consumo di ~13 Kcal/minuto

Z4: 270W per 1 ora sono ~15 Kcal/minuto

Z5: 300W per 15 minuti implicano un consumo superiore alle 16 Kcal/minuto

Z6: 350W per 5 minuti sono 100 Kcal, ovvero 20Kcal/minuto.

Z7: 750W per 30” vuol dire 21Kcal, che sarebbero pari ad un consumo di 42Kcal/minuto

È interessante notare che anche l’attività condotta a ritmo più blando, un lungo di oltre 10 ore su e giù per le Alpi, ha richiesto per ogni ora di attività il doppio della quantità di energia che il nostro corpo è in grado di integrare. Un’uscita di questo tipo la si affronta con la testa e con lo stomaco, più che con le gambe ( e più che perdere peso si dimagrisce, che sono due aspetti che vanno a braccetto ma differenti tra loro). Alimentarsi regolarmente oltre che contare su delle riserve di acidi grassi (lipidi) è fondamentale. Se non ci si alimenta adeguatamente, si sperimentano diete fai-da-te da fachiri, la bici non si muove e soprattutto non è sano.

Uno sprint di 30” richiede una quantità di energia 5 volte superiore

Diverso il caso degli sprint: non solo questa quantità di energia non si può reintegrare ma il suo consumo è talmente rapido che deve trovarsi già nel muscolo per essere utilizzata.  E questo avviene attraverso il metabolismo anaerobico alattacido che raggiunge il massimo dopo 10”-12” e altrettanto rapidamente si esaurisce (questo spiega in parte anche la difficoltà nell’allenare gli sprint e i cambi di ritmo perentori). L’energia viene liberata sfruttando le reazioni chimiche di disgregazione di una molecola, l’ATP (adenosina trifosfato), presente a livello muscolare nella misura di 2.5g per chilo di muscolo. Man mano che l’ATP viene consumata deve essere rimpiazzata da nuove molecole di ATP. Queste sono ottenute a partire dal glucosio, a sua volta proveniente dalle riserve di glicogeno o dall’integrazione alimentare, e in seconda battuta dagli acidi grassi. I grassi hanno infatti un meccanismo di attivazione più lento e, nonostante abbiano più calorie, la loro una resa energetica è inferiore. In particolare se il consumo di grassi avviene in penuria di carboidrati, per lo sforzo prolungato o perché si segue una dieta chetogenica. Non dimentichiamo mai che, per produrre energia, serve energia.

Quando abbiamo poca riserva?

Se lo sforzo prosegue e le riserve energetiche sopra citate sono esaurite, il muscolo è costretto a “mangiare sé stesso”. In che modo: attinge alle proteine per sintetizzare nuova ATP e si attiva un processo di catabolismo muscolare. In ogni caso, a prescindere da quale sia il mix di substrati energetici utilizzato, la sintesi di nuova ATP può essere più o meno efficace a seconda che questa avvenga o meno in presenza di ossigeno. Se c’è ossigeno, metabolismo aerobico, da una singola molecola di glucosio è possibile ottenere 38 molecole di ATP. Senza ossigeno, in metabolismo anaerobico lattacido, ne otteniamo solo 3. Oltre 10 volte di meno. E questo proprio mentre il consumo di energia è più elevato. Ecco perché quando passiamo dalla soglia aerobica a quell’anaerobica (e oltre) l’affaticamento è repentino. Stiamo consumando rapidamente e “male” le scorte energetiche mentre nelle nostre cellule si accumula il lattato, residuo di queste reazioni chimiche anaerobiche. Lattato che coi giusti tempi di recupero sarà poi riassorbito dall’organismo. Ma appunto è questione di tempi.

Proviamo a semplificare

  • Metabolismo anaerobico alattacido si attiva all’istante, produce un picco dopo 10” e si esaurisce in meno di 20”. Paragoniamolo al motorino di avviamento della nostra auto.
  • Metabolismo anaerobico lattacido, si attiva quando il metabolismo alattacido è prossimo ad esaurirsi, arriva al picco dopo 1’ e può sostenere sforzi fino a 2 minuti. Per continuare il paragone con il mondo delle automobili è un po’ come il KERS nella Formula1. Ci da quel plus di potenza, ma poi va ricaricato.
  • Metabolismo aerobico si attiva dopo 50 secondi di attività e la sua durata è virtualmente illimitata.

Quindi è certamente importante alimentarsi in maniera corretta ma la benzina non brucia se ai muscoli non arriva ossigeno nella quantità adeguata. E da qui l’importanza di un parametro come l’ematocrito con tutto quello che ne consegue. Di riflesso la massima quantità di ossigeno che un atleta può utilizzare, il cosiddetto VO2max, non a caso spesso viene indicato come la “cilindrata” di un atleta. In termini di potenza il VO2max è grossomodo coincidente all’impegno massimale che si può esprimere sui 5-7 minuti. Un range in cui il metabolismo aerobico è a pieno regime ed anzi un 25% dell’energia viene fornito attraverso il metabolismo anaerobico lattacido. Nota la potenza aerobica massima su tale intervallo (MAP) si può calcolare con una leggera sovrastima il VO2max. Infatti, calcolando le Kcalorie corrispondenti a tale potenza e noto che per ogni litro di ossigeno usato il nostro organismo brucia 5 kcalorie si può arrivare a stimare la Vo2max come segue:

VO2max = (11.4 x MAP) / peso corporeo

La formuletta è questa ed è circa la stessa che utilizzano molti ciclo-computer che offrono questa stima. Come detto, sovrastimandola perché si trascura il contributo energetico anaerobico.

La prestazione è un concerto di dettagli legati tra loro

Della serie, ” il corpo è una macchina perfetta”, in un certo senso è vero e non è possibile contraddire questo adagio. E’ anche vero che il nostro fisico che ricerca una prestazione, una tipologia di sforzo (aerobico ed anaerobico sono delle estremizzazioni) deve far collimare in modo perfetto tutte le potenzialità e funzioni. Nell’esempio sopra riportato corrisponde ad un VO2max di 62 ml*kg*minuto (risultato di 350W*11.4/65kg). Per fare un raffronto impietoso, alcuni vincitori di Tour de France con peso nell’ordine dei 70kg  scarsi risultano accreditati di un VO2max di 88 ml*kg*minuto, che corrisponde alla capacità di esprimere oltre 520W per 5 minuti. Chi nasce per essere un campione in uno sport di resistenza ha un motore metabolico adatto a sostenere un’elevata espressione di potenza aerobica e questo motore, va detto chiaramente, è appannaggio di pochissimi. Questo ci fa capire, in modo semplice, che capire come sfruttare i Joule che abbiamo a disposizione, potrebbe farci stare bene e performare meglio, limitando il rischio di sovrastimarci o sottostimarci.

a cura della redazione tecnica, Davide Sanzogni, foto Bettiniphoto e Twila Muzzi per Proaction, grafico MD,