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L’occasione

di - 29/07/2014

Testo, foto e video di: Marco Melloni – Canon / GoPro

La prima volta che vidi il Gruppo del Sella fu dalla zona del Rosengarten, stava schiarendo e dalle nubi all’orizzonte emerse quell’incredibile bastione. Qualche giorno dopo andai a vederlo da vicino e da allora ogni pretesto è stato buono per tornarci, facendoci freeride o trekking. Carlo lo conobbi a Verbier pochi anni dopo, in occasione di un Press Trip. Non ci sentiamo spesso ma siamo sempre rimasti in contatto e quando possibile ci vediamo.

In Italia godiamo della fortuna di avere un territorio unico, dal mare alle montagne abbiamo perle che chiunque nel mondo non può far altro che invidiarci. Le Dolomiti sono una di queste e ogni volta che ci si mette piede non si può che rimanerne stregati.
Estate o inverno che sia mi piace spendere qualche giorno da quelle parti: freeride e scialpinismo in inverno, trekking d’estate, ma ancora non avevo posato le mani su quelle rocce magiche.
L’occasione si è materializzata qualche giorno fa: avrei raggiunto la famiglia per qualche giorno a Selva di Val Gardena. Perché non provare ad incontrarsi con Carlo e fare qualcosa che ancora non avevamo fatto assieme?
I giorni disponibili sono pochi e la stagione estiva potrebbe essere migliore ma la voglia di vedersi c’è e senza contrattempi riusciamo a combinare. Ci diamo appuntamento per il venerdì, ora di pranzo, Passo Sella.

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Carlo vive a San Martino di Castrozza, altro luogo unico che dopo avermi fatto conoscere mi è entrato nel cuore. Per un milanese è ad un tiro di schioppo, in realtà dovrà farsi un paio di passi e qualche chilometro per arrivare al Sella.
La mattina stessa anticipiamo l’appuntamento di qualche ora. Ricontrollo ancora di avere tutto in macchina poi prendo la strada del Passo. Finestrini abbassati, musica dance a palla, dove andremo ad arrampicare? Sasso Lungo, Sella, non saprei esprimere un desiderio, come se un tifoso di calcio dovesse scegliere se giocare una partita a San Siro o all’Olimpico. L’adrenalina scorre a fiumi. Entrambi ci presentiamo in anticipo di mezz’ora, pensavo di avere qualche minuto per riflettere e guardarmi attorno, invece siamo lì, pronti, con la gioia di rivederci e la voglia di condividere qualcosa che ci piace.
Carlo fa un check del mio materiale, passando in rassegna ciò che è utile o meno. Il mio zaino è ben più grosso del suo e l’attrezzatura più scintillante, si vede subito chi dei due è del mestiere e chi un wannabe. “Molla il midlayer, tini il guscio, lascia i rinvii, prendi il secchiello, ma che diavolo hai in quello zaino?”
Partiamo, destinazione Prima torre del Sella, Via Trenker.

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L’avvicinamento è breve, parliamo un po’. Potrebbe essere un periodo più felice per entrambi, la giornata ci distrarrà dai rispettivi pensieri.
L’adrenalina se n’è andata, mi sento tranquillo. Carlo mi mostra la via, mi piace, il posto è splendido, la giornata anche. Una cordata è già in parete, su una via accanto. Infiliamo le scarpette, la reflex a tracolla, ci leghiamo. Si parte.
L’attacco è facile, appoggiato, prese molto facili, ottimo per scaldarmi. Di due tiri Carlo ne fa uno, la corda finisce, prepara la sosta, io sgancio il secchiello.
“Salgo!”

L’occasione from Board.tv on Vimeo.

Arrivo in sosta col fiatone e dico ad alta voce il primo consiglio che mi diede per telefono, quando gli dissi che mi ero iscritto ad un corso di arrampicata al RockSpot qualche mese fa: “respira”.
Ok ora diventa un po’ più delicato, la partenza del tiro è leggermente più esposta, poi ci si sposta in fessura, è un tiro di 5°. a? b? c?, non lo so, non chiedo, certo a un 6° non ci arrivo ancora ma questo in qualche modo lo dovrò fare. Guardo i movimento di Carlo, me ne voglio ricordare per quando sarà il mio turno, è un climber di grande esperienza ma si muove con cautela, non è certo un grado difficile per lui e conosce la via ma sarei capace di trattenere come si deve una sua caduta? Meglio non rischiare.

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Risalgo la fessura. Abbiamo affiancato la cordata che ci precedeva: sono a circa 20 m da noi sulla sinistra, sento Carlo parlare in sosta con il capocordata, sono tedeschi, parlano in inglese. Raccolgo frammenti di conversazione, guardo alle spalle il vuoto: il Sasso Lungo forse un Km dietro di me, i tornanti del Passo un centinaio di metri sotto.
Avevo espresso un desiderio, mi sto godendo il regalo.
La sosta ora non offre tantissimo spazio, è un po’ come stare sul davanzale di un grattacielo.
“Ok ora sei legato, puoi rilassarti”… “va bene ti accorcio la corda così stai più comodo. Ora mi assicuri tu e io vado”. “No non devi usare la mano per tenerti tu, devi tenere me ok?”. “Ok, ok, scusa mi rilasso, vai tranquillo”.
La via ora lascia la fessura, siamo in sosta su una cengia abbastanza ampia. Carlo guarda in alto: “cacchio la parete è tutta bagnata… siamo un po’ nei guai… come facciamo a proseguire?”. Guardo anche io, mi sembra di vedere una quindicina di metri strapiombanti, con una fessura, in effetti bagnata, le gocce d’acqua ci rimbalzano addosso. Non rispondo, mi domando se dovrei spaventarmi, dovrei? “Ti sto prendendo per il culo dai, per fare quella fessura bisogna avere le idee ben chiare”. “Fanculo Carlo non ero sicuro che scherzassi”.

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Traversiamo qualche metro a destra, risaliamo i metri dell’ultimo tiro, poi usciamo in vetta. L’ombra degli ultimi metri lascia lo spazio al sole, siamo in quattro sulla cima. Con Carlo ci stringiamo la mano, poi dopo aver cambiato le scarpe percorriamo in conserva gli ultimi metri fino alla cima vera e propria dove firmiamo il libro di vetta. “Cosa scriviamo mi chiede?” “Per Marco la prima via SERIA” rispondo. Aggiungerà dei punti esclamativi a sottolineare la serietà, ahaha.
Scatto qualche foto dalla cima, lui fuma una sigaretta, ipotizziamo di salire anche la seconda torre ma c’è un po’ di gente, la faremo un’altra volta. Poi in conserva scendiamo da qualcosa che dovrebbe essere un sentiero.
Alla base della parete ci sediamo su un prato a chiacchierare. E’ stata una bellissima giornata, un’esperienza nuova per me, sicuramente non per lui se non per l’avermi avuto come partner. Spero non si sia annoiato.
Carlo non fa la guida, o meglio, non come la si intende comunemente. E’ istruttore di Alpinismo, Sci e Telemark per il corpo di Polizia, quindi è piuttosto abituato alla didattica.

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Parliamo di arrampicata, alpinismo, del suo mondo. Mi piace il suo modo di pensare. Vive fra queste montagne da sempre, adora tutte queste attività all’aria aperta e le pratica giornalmente alternandole a seconda della stagione, ma non è un fanatico.
Le sue capacità lo hanno fatto risaltare agli agli occhi di alcuni brand e così è un’atleta sponsorizzato Arc’Teryx, Scarpa ed Elan, ma non è solo grazie a queste capacità che si è conquistato un nome nelle Dolomiti. E’ piuttosto il carisma a farne una persona speciale, un modo di porsi che comunica un interesse e una passione genuini per un certo ambiente e non per l’exploit sportivo di per se stesso. Un modo per comunicare agli altri i valori autentici delle attività in montagna e le numerose strade per poterla vivere. “Alcuni”, mi ha detto “pensano che ci debba essere per forza qualcosa di incredibile dietro alla motivazione di arrampicare o spingere il proprio limite”, “forse per qualcuno è anche così, per me è molto più semplice, è una grande passione e la amo a qualsiasi livello, ma la vita offre anche tante altre occasioni per chi ha la curiosità di guardarsi attorno, non mi sono mai fossilizzato sul salire una cima o scendere una linea di per sé”.
Una linea di pensiero che lo ha spinto ad organizzare nella sua San Martino il “King of Dolomites”, evento fotografico di sci, telemark e snowboard, con lo scopo di valorizzare il territorio di San Martino e le attività invernali.

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La nostra chiacchierata si conclude tornando alle auto, dissertiamo sulle definizioni di Atleta e Ambassador e sulla percezione che di queste figure si ha nell’immaginario.
Ecco penso che Carlo incarni con disinvoltura entrambe le figure.
Io credo che nel momento in cui l’exploit atletico tende a superarsi in continuazione, può succedere che la performance offuschi il vero spirito di determinate attività e porti a considerare punti di riferimento e fonti di ispirazione solo determinate figure dello sport. Non credo che un titolo sia più lusinghiero dell’altro ma certamente apprezzo molto chi a un certo punto sa sfruttare le proprie doti atletiche ed etiche per trasmettere agli altri, che magari ne sono in una certa misura sprovvisti, la propria passione e il proprio spirito.