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Flop atletica, ricominciamo dai tecnici

di - 26/08/2016

Nell’immediato dopo-Olimpiadi, con il disastro (l’ennesimo…) dell’atletica italiana uscita senza medaglie, si sono scatenati i processi contro la Fidal, il suo presidente Alfio Giomi, il suo DT Massimo Magnani (che ha preannunciato le sue dimissioni), insomma contro tutta la struttura. Ben pochi però coloro che hanno cercato di andare a fondo della situazione, di capire i veri problemi che da troppi anni bloccano l’affermazione del talenti nostrani, sempre a buon livello in ambito giovanile ma che poi svaniscono come neve al sole senza compiere il definitivo salto di qualità. In questo articolo pubblicato sul Corriere della Sera Giorgio Rondelli, che a Rio affiancava il telecronista Franco Bragagna nel racconto delle grandi imprese atletiche, chiarisce alcuni aspetti fondamentali a proposito del lavoro dei tecnici, un buon punto di partenza per i programmi di tutti coloro che si stanno candidando alla presidenza della Fidal. (G.G.).

Giorgio Rondelli in allenamento con i suoi ragazzi (foto archivio) Giorgio Rondelli in allenamento con i suoi ragazzi (foto archivio)

Da troppo tempo l’atletica azzurra è in palese difficoltà ad alto livello. Tante le cause ma, in primis, mi permetto di sottolineare il fondamentale ruolo dei tecnici ai quali, sul piano operativo, si chiedono impegno e dedizione totale, conoscenze approfondite, esperienza internazionale, tempo per seguire i propri atleti nei raduni, ma che poi vengono ricompensati come fossero volontari che, nel tempo libero, vanno ad allenare una squadretta di calcio di terza categoria.

Vogliamo dare delle cifre? Si va dai 250 ai 500 euro al mese per i più privilegiati per salire sino ai 1.000 euro in qualche isolatissimo caso. Poi ci sono le borse di studio della Fidal che possono arrivare a 8.000 euro lordi all’anno, sempre per pochi intimi. Calcolatrice alla mano si arriva a fatica a 10.000 euro all’anno. Glenn Mills e Alberto Salazar, i tecnici di due mostri come Usain Bolt e Mo Farah, certamente milionari in euro, operano con strutture all’avanguardia, sia per l’allenamento che per il supporto medico e fisioterapico. Anch’io, oltre trent’anni fa, grazie alla Pro Patria e al presidente di allora Beppe Mastropasqua, ebbi la fortuna di poter lavorare con due campioni come Alberto Cova e Francesco Panetta in una eguale situazione di privilegio, con il supporto di due ottimi professionisti come il dottor Rodolfo Tavana e il fisioterapista Mario Ruggiu che poi ci vennero “scippati” dal Milan. Tutto questo oggi non avviene. Tecnici di prestigio come SandroDamilano, Renato Canova e Gabriele Rosa da anni operano all’estero. I club civili, che devono fare i conti con bilanci modesti, pagano i propri tecnici di conseguenza. La federazione, in proporzione, fa altrettanto. Si continua a vivere nel semi-volontariato con molti allenatori che finiscono per avere un ruolo sempre più secondario persino nella programmazione agonistica, sballottati fra il potere di alcuni manager e i diktat di qualche allenatore federale.

Per la rinascita urge una rivoluzione copernicana. Intanto un d.t. che non faccia anche l’allenatore, quindi la nomina di tecnici federali con contratti importanti,ma anche a termine e rinnovabili in base al rendimento dei propri settori. Infine allenatori sociali con stipendi minimi garantiti da un contratto di lavoro. I miracoli nell’atletica non si fanno.

Giorgio Rondelli – Corriere della Sera