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Granfondo Giro d’Italia

di - 23/05/2016

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Giro d’Italia Granfondo non è solo una manifestazione amatoriale singola ma un concept che riceve sempre maggiori consensi, tanto in terra italiana quanto all’estero. La struttura, il format dell’intero movimento granfondistico in Italia è qualcosa che l’universo della bicicletta ci invidia, da sempre emulata e copiata all’estero, che nelle ultime stagioni ha avuto una crescita esponenziale anche grazie ad un colosso come RCS Sport.

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Oltre alla facile interpretazione sportiva, le granfondo e la bicicletta vengono sempre più legati ai territori, alla promozione turistica, alla gastronomia, agli itinerari, perché prorpio il mezzo a pedali è diventato un veicolo di promozione traino delle nuove interpretazioni “ecologiche”. La “tappa” di Cividale del Friuli è stato tutto questo con l’aggiunta

delle emozioni che i cicloamatori hanno provato ripercorrendo le strade solcate due giorni prima dai professionisti, lungo la 13^ tappa della corsa rosa.

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Il legame, forte con il Giro d’Italia è stato un vantaggio sotto il profilo promozionale ma ha creato anche molte aspettative, principalmente dei partecipanti, attese che hanno trovato piacevoli conferme fin dal Sabato. Gli atleti amatori hanno potuto beneficiare di un comprensorio, quello di Cividale del Friuli e della Valle del Natisone completamente tappezzati di rosa, coinvolgente ed emozionante, di strade rimesse a nuovo e di un’organizzazione esemplare, dall’inizio alla fine uno staff che è stato capace di curare gli aspetti principali e i dettagli, senza dimenticare l’ospitalità friulana.

il Ponte del Diavolo in versione pink

Il punto nevralgico è stato il palazzetto dello sport del borgo friulano, leggermente decentrato rispetto al cuore della città, soluzione che ha permesso a tutti di sfruttare ampi parcheggi e facilmente raggiungibile dai diversi punti cardinali. Il centro cittadino invece, ha ospitato la partenza della gara la domenica mattina, con il suo lungo viale sul Ponte del Diavolo, simbolo di Cividale, che ha regalato un colpo d’occhio degno di una cartolina, grazie anche alla tantissima gente che ha fatto da cornice, incitando, fotografando, applaudendo e rendendosi partecipe delle fatiche degli amatori.

 

Il legame, forte con il Giro d’Italia è stato un vantaggio sotto il profilo promozionale ma ha creato anche molte aspettative, principalmente dei partecipanti, attese che hanno trovato piacevoli conferme fin dal Sabato. Gli atleti amatori hanno potuto beneficiare di un comprensorio, quello di Cividale del Friuli e della Valle del Natisone completamente tappezzati di rosa, coinvolgente ed emozionante, di strade rimesse a nuovo e di un’organizzazione esemplare, dall’inizio alla fine uno staff che è stato capace di curare gli aspetti principali e i dettagli, senza dimenticare l’ospitalità friulana. Il punto nevralgico è stato il palazzetto dello sport del borgo friulano, leggermente decentrato rispetto al cuore della città, soluzione che ha permesso a tutti di sfruttare ampi parcheggi e facilmente raggiungibile dai diversi punti cardinali. Il centro cittadino invece, ha ospitato la partenza della gara la domenica mattina, con il suo lungo viale sul Ponte del Diavolo, simbolo di Cividale, che ha regalato un colpo d’occhio degno di una cartolina, grazie anche alla tantissima gente che ha fatto da cornice, incitando, fotografando, applaudendo e rendendosi partecipe delle fatiche degli amatori.

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Circa 1500 iscritti (da considerare la concomitanza con la Nove Colli di Cesenatico) che avevano a disposizione due tracciati: lungo da 141 kilometri per 3100+ mdsl, il medio da poco più di 82 km per 1700+ mdsl. Dalle 8,30 in avanti le strade friulane hanno regalato ai partecipanti, poca pianura e un percorso altamente tecnico, con erte medio lunghe con molti tratti dalle pendenze in doppia cifra, senza dimenticare le discese che per difficoltà d’interpretazione, sono state in grado di fare più selezione delle salite. Strade completamente chiuse, con tanti mezzi dell’organizzazione a supportare il lavoro dei volontari posizionati nei punti strategici e sensibili.

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Un tracciato ben segnalato, sottolineato ed evidenziato nei segmenti più pericolosi e con ricchi ristori nei pressi delle salite più importanti. Proprio nell’affrontare le discese, una sorta di tranquillità veniva trasmessa dal personale che segnalava tratti critici, materassi e gommoni di stampo sciistico posizionati nelle curve, attorno a pali, sui muri, dai nastri segnalatori. Un dettaglio, che vogliamo segnalare, una sorta di valore aggiunto e della cura del dettaglio: le ultime due discese presentavano due canaline di scolo dell’acqua, trasversali alla strada, segnalate da cartelli ma anche da nastri messi a terra. Difficile trovare dei difetti a questa manifestazione, tanto degna degli amanti delle salite, quanto di chi ha voluto gustarsi panorami mozzafiato, beneficiando di una tradizione enogastronomica (senza scordarsi la birra) seconda a nessuno (magari nel post-gara).

Leggera ma la strada sale da subito

Oltre all’aspetto sportivo, a nostro parere, questo evento ha portato un messaggio importante e profondo; il Friuli Venezia Giulia è sempre stata considerata “terra di confine”, tanto stimata quanto vista come “poco accessibile, lontana”. Tutto ciclismo, a partire dalla carovana roas, fino ad arrivare agli amatori hanno dato modo di accorciare, quasi di azzerare queste distanze. Il Friuli è una terra di cui t’innamori, per gente vera che ha valori sacri fondati sul lavoro, sulla fatica, che pretende e merita rispetto, capace di contraccambiare con ospitalità, sincerità, schiettezza, grinta e forza.

Parlavamo di panorami, per l'appunto!