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La granfondo Laigueglia vista da noi

di - 27/02/2017

Quanti di noi ciclisti, siamo portati a dare giudizi su quella che potrebbe essere la nostra prestazione in una gara, guardando e valutando l’altimetria della competizione sulla carta! Quasi tutti.

E poi? Poi, ti accorgi che la pianura è poca, si spinge sempre, la gamba è sempre in tiro e il tempo per rifiatare è poco.

Laigueglia è una località marittima, costa Ligure, mare clima mite, bel borgo, eppure la sua granfondo è da sempre una delle più sentite, ambite e dure. La Granfondo Internazionale Laigueglia Alé è come un campionato del mondo di fine inverno, ti segna le gambe per qualche giorno e non di rado di prosciuga di energie: i crampi sono una normalità anche per i più allenati.

In questo post non vogliamo raccontare la granfondo, fare una cronaca che avete avuto modo di leggere sui social e sui siti che hanno pubblicato nell’immediato risultati e resoconti ma vogliamo fare delle considerazioni da fruitori della biciclette, appassionati e da granfondisti.

La Granfondo Laigueglia parte sempre un anno prima, perchè quando tagli il traguardo speri di essere  nel numero di arrivati che ti consentirà l’anno prossimo di avanzare di griglia, speri di avere un tempo basso ma comunque, allenato oppure no, ti accorgi che sei stanco come una bestia!

” Ma come”! Una frase si fa largo nel tuo cervello: “faccio granfondo da 200 km, 4000 mdsl, mi piazzo pure di categoria e oggi con poco più di 100 km sono disintegrato”. E’ così, Laigueglia è selezione all’ennesima potenza.

Il sabato che precede la gara ti accorgi che tutto quello che ti circonda è energia, tutti scalpitano per la prima vera gara “importante” della stagione granfondistica, quella a cui tutti tengono in modo particolare e temono allo stesso modo. Un luogo comune di questa manifestazione, a nostro parere, identifica molto bene il valore: “se arrivi nei 100 assoluti a Laigueglia, sei andato come una moto”. Lo dicono in molti, per lo meno quelli che masticano di granfondo. 

Quando ritiri il pacco gara nella giornata che precede la partenza, i volti sono tirati, i ciclisti guardano le liste dei partenti e commentano chi c’è e chi non è presente, guardano chi è magro e già tirato nel fisico a dispetto di chi paga ancora qualche kg di peso in più rispetto alla forma ottimale. Tutti però, vogliosi di tornare il albergo a mettere le gambe all’aria per riposare al meglio.

Alle sera, strade quasi deserte se non per qualcuno che fa due passi post cena.

La Domenica inizia presto: bisogna fare colazione almeno tre ore prima, chi può anticipa ulteriormente, perché a Laigueglia parti a cannone e, se sei davanti deve mantenere la posizione (non hai tempo di avere la digestione lunga) e devi essere pronto a sgasare appena la strada si impenna. Se parti nelle retrovie devi smanettare, sgomitare e farti largo, andare subito in acido per andare il più avanti possibile: anche in questo caso non c’è tempo per pensare a digerire e non devi avere il fiatone da gonfiore.

Come detto prima: Laigueglia sembra un campionato del mondo per amatori, ognuno è agghindato, si mettono in mostra le divise nuove, gli accessori e le nuove bici. Si commenta la preparazione invernale e si mettono le mani avanti per un’eventuale debacle. Comunque sia, il ritmo gara manca a tutti i presenti! Perché anche il primo, quando taglia il traguardo è stanco e ammaccato sotto agli occhi.

Alle 9,30 si parte, finalmente e uno scarico di adrenalina ti informicola braccia e gambe: quest’anno fino ad Alassio, tratto controllato dietro macchina che, non sai mai se è una fortuna e vorresti si continuasse così, oppure una disgrazia perché vedi al tuo fianco qualcuno, che nel tuo inconscio avresti preferito avere dietro! molto più indietro.

Si sgasa, FULL GASSSSSSSSS, da 23 all’ora passi in 4 nanosecondi a 57 e non senti neppure il cuore perché l’hai perso qualche centinaio di metri a dietro, volato via attraverso le orecchie.

Una delle cose più brutte? vedere qualcuno dei potenziali vincitori che non hanno neppure il fiatone e tu, che sei già appeso come uno spaventapasseri.

Passi Capo Santa Croce, fatto ovviamente oltre i 40 kmh e il gruppo è allungatissimo, si rifiata, no, anzi, scarrellata di cambio e si passano abbondantemente i 60 kmh.

Si entra in galleria e la gente urla, tenere la posizione in questo momento è tanto facile, quanto impossibile.

A Ceriale si svolta verso l’entroterra, qui la pianura è utopia ma è anche vero che si tira un sospiro di sollievo e si allenta la pressione delle braccia sul manubrio.

Si sale e si scende, si sale ancora e si scende ancora e sarà così fino al cartello dei meno 9 all’arrivo!

Sei sempre in affanno, la gamba è sempre in tiro anche quando ciucci la ruota in modo spudorato! In questo momento ti senti tanto forte e potete, quanto inutile e scarso, una sorta di “pummarola pro” (per usare un termine sulla bocca di tutti) che Lunedì deve andare a lavorare (motivazione sempre valida ed attuale, una “scusa” quantomai vera).

Sali a Paravenna, l’erta dopo Garlenda, la penultima asperità della giornata (bella dura) ed è proprio li che inizi a tirare le somme:

“pensavo di esser più in forma, devo lavorare sui cambi di ritmo”.

” bene dai, pensavo peggio”.

“ci stà, devo lavorare sul fuori soglia, però i riferimenti del medio sono buoni”.

“mamma mia che tuonata che stò prendendo”.

“adesso giro e vado giù diretto ad Alassio”.

E poi? si perché di “e poi” c’é ne sono ancora parecchi ma quel profumo di salsiccia quando passi da Testico, prima dell’ultima discesa ti stimola le cellule celebrali, la salivazione e non solo.

Ognuno nel suo mondo, nella sua dimensione, con le sue motivazioni false, presunte o vere, tocca con mano quanto è dura Laigueglia, dove (a nostro parere), la gara la fa prima di tutto l’abilità di “limare” per i primi kilometri, la furbizia e poi la reale forza che hai nelle gambe, oltre alla capacità di metabolizzare la tensione.

A Laigueglia si vede anche chi è bravo a condurre la bici.

Arriva la salita di Colla Micheri, gioia e dolore, dove il crampo all’interno coscia e la normalità. Ecco: qui invece valuti se hai spinto troppo o troppo poco, se hai ancora tanta strada per arrivare ad una condizione atletica accettabile, oppure se puoi già ritenerti soddisfatto.

Dopo l’arrivo? La solita ammucchiata delle morose poco abituate a dover fare i conti con le emozioni dei propri beniamini, che si gettano al collo, rischiando di far crollare miseramente un castello di carta

e

mogli, già navigate di queste situazioni, che non vedono l’ora di mollare passeggino, figlio/i, cane, a quella carcassa di carne ed ossa, che non fa altro che pensare alla doccia calda; perchè,

che tu sia campione o paracarro, tutto sommato, il lunedì di lavoro è qualcosa che ti porta serenità.

Foto: Sara carena