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La Granfondo Milano 2017 vista da noi

di - 18/09/2017

 

Domenica 17 Settembre, ieri, si è svolta la prima edizione della Granfondo di Milano promossa dal mensile motociclistico dueruote. L’attesa creata intorno a questo evento era molta e ovviamente, tra i quasi 2000 partenti c’eravamo anche noi. All’arrivo presso il centro commerciale Sarca di Bresso, scelto come sede logistica dell’evento, il cielo ancora lampeggiava dopo le piogge copiose della notte precedente. Il parcheggio coperto e i luminosi caldi spazi del centro commerciale ci tengono come in una bolla mentre ci prepariamo per la partenza. Scrutiamo gli altri partecipanti, alcuni indossano maglie che sovente troviamo in griglia, ma nella maggioranza dei casi no, segno che in effetti questa prima edizione ha colto nel segno, andando ad interessare un gran numero di appassionati normalmente estranei al mondo delle granfondo.

Per accedere alle griglie è necessario percorre un paio di km in bici, avvolti da brume decisamente autunnali, facendo qualche slalom tra pozzanghere, binari e autobus come naturale in un contesto di una grande metropoli quale è Milano, seppure nella sua estrema periferia.

Le griglie sono ampie e ci consentono di muoverci e percepire l’umore del gruppo. Si sente una bella energia mentre l’argomento più gettonato , come in tutte le gare bagnate, riguarda le coperture e la pressione di gonfiaggio delle stesse.

Viene annunciato che la partenza subirà un lieve anticipo per scongiurare una possibile intersezione con una competizione di allievi. Ennesima dimostrazione di quanto sia complicato far combaciare tutti gli eventi presenti in territori densamente antropizzati come la Brianza. Al via poco prima delle 8, il gruppo si lancia oltre i tappeti come un cavallo ancora da domare.

Alcune strettoie, anche create da auto provenienti dal senso opposto di marcia e un numero elevato di rotonde si susseguono imponendo rilanci a ripetizione che sferzano le gambe ancora fredde fino a frazionare il plotone. Bisogna stare coperti, ma al tempo stesso vigili, per via delle numerose pozzanghere e degli onnipresenti tombini.

Lasciato infine l’hinterland milanese ci addentriamo nella Brianza. Qui le strade mutano e divengono quel dedalo di viuzze tanto caro ai ciclisti della zona. Si entra nei boschi, lungo strade strette, caratterizzate da strappi anche molto impegnativi come quello che porta a Colle Brianza, seguite da discese tecniche, rese ancora più insidiose dalla pioggia autunnale che nonostante il cielo sia ormai terso è ben lungi dall’essere asciugata.

Puntiamo verso Lecco e si intravedono sia la vetta del Grignone imbiancata dalla neve che i laghi che si trovano a sud del Lario. Il paesaggio è bello, punteggiato da segni dell’operosità umana: chiese, fabbriche e ville. E questa operosità si sta ora risvegliando mentre praticamente tutti i corridori, ad eccezione forse dei primi dieci, sono stati superati dal fine gara e si trovano in regime di traffico libero. Molti degli incroci ora non risultano nemmeno presidiati, vuoi per problemi dell’ultimo minuto avuti con alcuni gruppi di volontari, vuoi per la materiale impossibilità di blindare un territorio come quello brianzolo per tempi maggiori al quarto d’ora. Anche le numerose motostaffette, spalmate su un numero così grande di concorrenti e in tratti di strada dove incroci e semafori si susseguono senza sosta, non consentono di coprire tutti i gruppi, nemmeno se numerosi. Non pochi saranno i concorrenti che, privi di supporto agli incroci, usciranno dal percorso di gara.

Per noi a questo punto la granfondo è finita e si tratta solo di concludere il percorso in sicurezza. Ma per molti partecipanti, venuti qui per interpretarla legittimamente come una gara, scopo ultimo delle lunghe sessioni di allenamento, la parola fine la dirà solo la linea d’arrivo, ed è così che assistiamo ad una lunga sequenza di semafori bruciati con i gruppi lanciati in mezzo al traffico e fatti oggetto delle giuste, in questo caso, rimostranze degli automobilisti.

Il traguardo, che giunge con qualche chilometro di ritardo rispetto a quanto annunciato dai cartelli posizionati lungo il percorso, accoglie tutti infine: alcuni esultano per aver completato una prova le cui difficoltà non risiedevano solo nella lungezza e nell’altimetria ( 130km e 1700m positivi rispettivamante), molti tirano semplicemente un sospiro di sollievo.

È difficile fare un bilancio netto di quest’evento: quasi 2000 partenti alla prima edizione sono il risultato di una forte volontà organizzativa (a ulteriore conferma di quanto sia costantemente attivo il bacino lombardo sotto questi punti di vista, organizzativo e di utenza). Sicuramene i granfondisti esperti e, con questo termine vogliamo indicare non soltanto i primi 100 o 200 classificati di ogni percorso, ma tutti quelli che con grandi sacrifici si allenano duramente e si presentano in griglia per esprimersi ciclisticamente al meglio delle loro possibilità, non sono rimasti soddisfatti della sicurezza e per la mancanza di una reale possibilità di essere “in gara”, all’opposto molti ciclisti locali abituati a convivere ogni weekend con questo traffico e meno avvezzi al mondo delle granfondo hanno colto positivamente alcuni aspetti dell’iniziativa, vivendola come una sorta di cicloraduno. Giusto sottolineare la difficoltà nell’organizzare una manifestazione ciclistica di rilievo nella provincia di Milano, sotto molti punti vista.

L’intenzione degli organizzatori è quella di riproporre la manifestazione tra un anno, con le medesime modalità ma introducendo modifiche ai percorsi per incrementarne la sicurezza. Appuntamento fissato al 2018!

Per la cronaca:

Il primo partecipante a tagliare il traguardo del percorso medio in 2 ore e 31 minuti è stato Marco Trevisan (Highroad Team), mentre per il lungo a salire sul podio è stato Federico Pozzetto (Cannondale Gobbi FSA) in 3 ore e 27 minuti. Tra le donne vittoria nel medio per Sabrina De Marchi (Team De Rosa Santini) e l’eterna Olga Cappiello nel lungo (Team De Rosa Santini).

Phote credits Massimiliano Serra e comitato organizzatore. Racconto a cura di Davide Sanzogni e della redazione 4Granfondo

gfmilano.com

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.