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La prima vela al mondo laminata in Prepreg: TPT Concept Series

di - 10/02/2017

Paragonato alle vele già esistenti in 3DL o in membrana, il TPT non presenta problemi con i raggi UV e ha una minore deformazione dei materiali (circa il 50%), riuscendo comunque a ridurre il peso del 10-15% rispetto a una vela di uguale misura. Progetto che arriva direttamente dalla North Sails Americas Cup Yachting il TPT è già utilizzato in Formula Uno, aerei ultraleggeri, industria spaziale e sui Droni. La North Sails è convinta che il TPT rivoluzionerà le vele da Windsurf. L’obiettivo è quello di creare un materiale preimpregnato laminato senza l’utilizzo di Monofilm simile alla costruzione di una tavola o di un albero!

Il team North Sails ha trascorso in settembre una settimana al Lago di Garda presso il Pier Windsurf per lavorare sui prototipi Slalom e Freerace 2018, CLICCA QUI. Oltre allo stesso proprietario di North Windsurfing insieme al marketing manager e ingegneri, Raoul Joa, Uli Bitterolf, Alexander Hasch e al velaio Kai Hopf, arrivato al Garda direttamente da Maui, erano presenti anche alcuni team rider come Pierre Mortefon, Marco Lang e Vincent Langer. Una settimana di test intensivi in cui il Garda non ha tradito la sua fama permettendo al team North estenuanti session in acqua sia con il Peler che con l’Ora, sempre al Pier Windsurf.

Abbiamo trascorso diverso tempo insieme al team North tra una session in acqua e un aperitivo al Wind’s Bar di Torbole dove lo staff North Sails Windsurfing grazie alla collaborazione del loro reparto North Sails Yachting ci ha presentato in anteprima mondiale il nuovo TPT Concept Series. La prima vela al mondo da Windsurf laminata in prepreg.
I futuri sviluppi del TPT Concept Series solo il tempo ce li farà sapere, intanto abbiamo fatto 4 chiacchiere con Raoul Joa, l’ingegnere a capo di questo progetto innovativo.

 

Ciao Raul, puoi farci un po’ di chiarezza sul nuovo progetto a cui sta lavorando North?
Certo. Sostanzialmente, il progetto ha avuto inizio ancora ai tempi della North 3DL, la divisione specifica per le vele da yacht, nata circa 15-20 anni fa. Già ai tempi, stavano lavorando sulla realizzazione di vele tridimensionali (3D) prestampate (moLded), solo per yacth. C’erano notevoli vantaggi ma anche problemi, primo tra tutti i costi di produzione. La divisione yacthing ha continuato, mentre la principale ha deciso di fermarla, fino a 3 anni fa. Nel frattempo, la divisione yachting ha scoperto altre problematiche legate al 3DL, che li ha quindi spinti a sperimentare ed elaborare nuovi materiali e tecniche, tra cui il 3DI, un progetto multi-milionario, con processi di ricerca e sviluppo che hanno superato i 150Milioni di U$D. È ormai da 5/6 anni, però, che questa tecnologia viene utilizzata anche per le imbarcazioni dell’Americas Cup ed ora questa tecnologia ci è magicamente capitata tra le mani. Io ero estremamente motivato a sperimentarci e quasi immediatamente altri marchi tra cui Avanti Sails, Severne e Challenger hanno iniziato a fare quelle che io chiamo “brutte copie di vele 3DL”. All’apparenza, infatti, sembrano vele tridimensionali ma in realtà sono solo bidimensionali. Ogni marchio chiama questa tecnologia in maniera differente ( per esempio Severne: HyperSpyder), ma tutto il materiale viene dalla stessa azienda cinese. È sostanzialmente identico, all’occhio nudo, al 3DL ma in realtà è bidimensionale. Abbiamo quindi iniziato ad aver sempre più richieste di realizzare qualcosa di simile, specialmente sapendo che un nostro dipartimento ci stesse lavorando su da ormai 20 anni. Noi, però, sapevamo benissimo che fosse tutta una semplice messa in scena, ed abbiamo quindi deciso di portare dell’innovazione e tecnologia vera sul mercato. È stato quindi deciso di entrare nuovamente in contatto con lo yachting e riadattare la nuova costruzione 3DI.

La limitazione principale, sia delle vele 3DL che tradizionali, è che la membrana portante è il monofilm. La base portante, infatti, è sempre in monofilm, su cui poi vengono disposti eventuali pannelli, rinforzi e design nelle maniere più disparate a seconda del marchio. C’è anche differenza ad esempio tra le vele interamente in XPly e quelle in monofilm. Il primo, infatti, è molto più uniforme e meno soggetto a deformazione. Per la tecnologia con membrana laminata, invece, vengono laminati i filamenti di poliestere, kevlar, o carbonio all’interno del monofilm, permettendo di realizzare zone specifiche con una concentrazione più o meno intensa di rinforzi. Se poi i filamenti vengono orientati lungo le linee di maggior carico, è anche possibile ridurre lo spessore del monofilm, risparmiando così peso. Ci sono però due grossi problemi con il monofilm. Il primo è la bassa elasticità che è inversamente proporzionale allo spessore, quindi più spesso è, meno elastico sarà. Riducendo quindi lo spessore del film, si può avere un rig più elastico ma, per compensarne la fragilità, bisogna intervenire aggiungendo tessuti e filamenti nelle zone di carico. Se quindi riduci lo spessore del monofilm, sei obbligato a compensarlo con l’aggiunta di altro materiale, vanificando la riduzione di peso. Il 3DI, invece, può essere estremamente sottile, quindi elastico ma anche leggero, senza aggiunta di altro materiale per compensare.

È per questa ragione, infatti che riteniamo che chiunque ci abbia provato finora, sia Avanti Sails che MauiSails, ecc, non siano mai effettivamente arrivati ad aver risultati comparabili.

La seconda limitazione del monofilm è la scarsissima tolleranza ai raggi UV ed alla luce solare ed al sale, che cuociono letteralmente il materiale. Appena inizia ad irrigidirsi, infatti, si può anche buttare la vela. Più spesso il monofilm, più la vela è stabile e prevedibile, più sottile, invece, più è reattiva e radicale… ma si rompe anche più facilmente. Non è direttamente proporzionale, ma in generale si usa il film da 5mm o da 7mm nelle zone di particolare carico. Le vele da competizione, arrivano a spessori di 1.5mm!! Per far un paragone, il film da 5mm sopporta 200 ore di esposizione al sole mentre il 2.5 non sopporta 100 ore bensì 70! 1.5mm ne sopporta 40… Questa limitazione è stata decisiva nello spronare il dipartimento yachting a trovare un’alternativa, dato che una singola vela per l’Americas Cup costa almeno 200K euro. Le vele avevano un “lifespan” limitato ad un certo numero di virate ed esposizione al sole, dopodichè, venivano gettate e rimpiazzate, a causa dell’esposizione ai raggi UV. Spesso, infatti, fanno anche tappa in zone tropicali quindi avrebbero dovuto cambiare svariate vele. Questo, ovviamente, non era ammissibile.

Ed è così quindi che la divisione yachting ha iniziato a lavorare sulla nuova tecnologia 3DI, volendo realizzare il primo laminato a bassa deformabilità con alta resistenza ai raggi solari, senza monofilm. Il processo che viene utilizzato è, sostanzialmente, quello di laminazione, proprio come si fa per le tavole. È infatti un materiale PrePreg preimpregnato, che viene poi laminato.

 

Ho sentito bene: PrePreg!
Si inizia disponendo le fibre parallelamente, mettendole poi su una particolare “carta” che viene poi sfilata. Si mette poi uno strato di resina ed il tutto viene, ad altissime pressioni, infilato sotto una pressa idraulica. Così facendo, la pressione permette alle fibre di impregnarsi con la quantità perfetta di resina necessaria. Ogni fibra, infatti, necessita della resina in modo da potersi incollare alla vicina, ed anche agli strati superiori o inferiori della laminazione. Sostanzialmente, quindi, la resina funge da collante e, tramite pressa, si riesce ad impregnarle quanto serve affinchè non siano troppo nè rigide nè troppo elastiche. Il PrePreg, quindi, permette la laminazione di più strati di fibre impregnati di resina, pressati alla perfezione per avere la combinazione richiesta tra fibra e resina. Il tutto, poi, viene messo in frigorifero e per 6 settimane non sarà utilizzabile. Vengono infatti poi combinati i vari strati di fibre orientate, incrociandole sotto un’altra pressa, in modo da aumentarne la resistenza. Generalmente, si opta per 3 angoli, 0°, 90° ed a volte anche 45°, nelle zone di maggiore stress.

È lo stesso identico processo con cui produciamo anche i nostri alberi, boma e tavole.

Anche questo spettacolare materiale PrePreg, però, ha un problema. Sono infatti disponibili solamente alcune grammature precise, ed anche la più leggera risulta comunque troppo pesante e troppo poco elastica per poterci fare una vela. È assolutamente fantastico quando si vuole la massima rigidità, ad esempio per le tavole, boma o alberi. Per le vele, però, risulta ancora troppo rigido e non abbastanza simile ad un tessuto, che può deformarsi e cambiare orientamento facilmente. È così che, dopo anni di ricerca, la North ha trovato un’azienda svizzera dall’enorme potenziale, che ha poi immediatamente acquistato. Quest’azienda, infatti, utilizzava un processo singolare di trattamento delle “Fiber cords”, cioè i filamenti di fibre. Essi, infatti, sono sostanzialmente composti da svariate centinaia di microfilamenti che però non sono acquistabili singolarmente. Dopo aver quindi acquistato i macrofilamenti, cioè le Fiber Cords, quest’azienda estraeva i singoli microfilamenti, molto più sottili di un capello umano, per poi ridisporli in un nuovo PrePreg a seconda delle proprie necessità. Così facendo, si ottiene una membrana che è dalle 50 alle 100 volte più sottile rispetto al normale PrePreg e che, essendo così sottile, è estremamente flessibile e si comporta come una membrana. Si riesce quindi a combinare la bassissima deformabilità della membrana con la morbidezza tipica di un tessuto. È inoltre possibile fare PrePreg con carbonio, kevlar o dyneema o qualsiasi altra fibra, rendendo quindi effettivamente il monofilm inutile ed obsoleto! Come anticipato in precedenza, il processo di lavorazione è praticamente identico a quello di realizzazione del sandwich per una tavola. Si stendono quindi questi enormi rulli su dei tavoli giganteschi dove poi, tramite macchina CNC, si tagliano ed assemblano i vari pannelli per ottenere il risultato desiderato. Dopo aver rinforzato la bugna e le zone di carico, viene messo il tutto sottovuoto, comprimendo assieme i vari strati senza lasciare bolle d’aria, in maniera completamente stagna. C’è poi una sorta di gigantesco phon computerizzato che fa catalizzare la resina. Dopo due ore viene messa in frigorifero, dove ci resta per altre due ore, dopodichè resta a “riposo” a temperatura ambiente per due ulteriori ore. A quel punto, la resina ha completato la sua reazione e la vela è “pronta”. Si aggiunge quindi la tasca d’albero e la protezione alla base del piede d’albero e l’occhiello per la bugna. Fine!

 

Spettacolare! Hai già avuto la possibilità di provare la vela in acqua? Che sensazione ti da tra le mani?

Per ora abbiamo solamente realizzato un primissimo prototipo sostanzialmente “piatto”, giusto per testare il materiale. Attualmente, lo shape del profilo di una vela, anche coi vecchi materiali, è ciò che fa la differenza. Stiamo quindi iniziando a lavorare sullo shaping delle vele, specialmente per il race. Abbiamo però iniziato realizzando la nostra Hero Wave con questa nuova tecnologia, giusto per fare una prova. Volevamo infatti dimostrare al mondo intero, dato che è da un paio d’anni che rivendichiamo gli alberi, i boma e le prolunghe più leggeri in assoluto ed ora… anche la vela più leggera in assoluto! È stata quindi realizzata per questa ragione, per rafforzare ulteriormente la nostra immagine di leader in termini di leggerezza dell’intero rig.

A questo punto, quindi, possiamo concentrarci sul realizzare una vela da racing iper performante.

Specialmente per il wave, infatti, la leggerezza è auspicabile ma c’è comunque bisogno di materiale resistente e che abbia un ottimo feedback e reattività tra le mani del rider.

 

Come si fa a riparare una vela del genere? È facile come una tradizionale?

Dipende. Se dovessi farci un buco vero e proprio, la si può laminare, come una tavola o mettergli una pezza di vetroresina. La sezione centrale della finestra, poi, è sostanzialmente un buco nel PrePreg dentro cui viene integrato il monofilm. Questa è l’unica parte in cui abbiamo fatto ricorso al monofilm. Stiamo cercando delle possibili alternative ma per ora la tecnologia attuale non ci permette di “integrare” il tutto in fase di stampo sottovuoto. Si può quindi sempre far ricorso ad eventuali toppe in monofilm o penseremo anche ad eventuali sistemi di laminazione ad hoc, creando delle pezze che vengono resinate sulla vela. Le vele, quindi, si possono facilmente riparare da sè, con l’aiuto di un piccolo phon per far catalizzare la resina. L’unico problema sarebbe quindi aver a disposizione il phon per portare la resina ai 90° di temperatura richiesti.

 

Le vele 2017 sono già uscite ormai. Questa tecnologia, quindi, verrà introdotta con il range del prossimo anno?
Pensiamo di sì, anche se probabilmente sarà una versione iper-limitata. Non abbiamo ancora un’idea precisa dei costi e degli eventuali prezzi di commercio. Non posso dirlo con precisione ma penso si parta almeno dai 1500 euro a vela. Minimo. È più che altro uno “statement” per mostrare al mondo quanto siamo tecnologicamente avanzati.

Le Severne, ad esempio, con tecnologia HyperSpyder, costa quasi 900 euro in negozio in Italia. Solamente? In Germania mi sembra sia sui 1300 per una vela wave…
Noi però usiamo una tecnologia assolutamente innovativa e di cui solamente North Sails Yachting dispone i brevetti. Potremmo quindi usarla solo noi, essendo effettivamente riuniti sotto al marchio North Sails.
Un po’ di tempo fa, poi, mi sono confrontato con il nostro supplier di XPly, chiedendogli si fosse vero che dei nostri rivali utilizzassero anche Kevlar e Carbonio oltre al poliestere. Noi utilizziamo infatti solo il poliestere, perchè è il meno costoso. Lui ci ha confermato che per le vele da yacht si usa sempre carbon kevlar ma che però il rig, alla fine, dovrebbe esser venduto al doppio del prezzo che attualmente ha. Noi del windsurf abbiamo a che fare con dimensioni veramente ridotte, ma loro hanno vele di svariate centinaia di metri quadri, con carichi e sforzi davvero immani. Per il windsurf, quindi, va benissimo anche il poliestere nell’Xply perchè comunque non si sentirebbe la differenza, a parte il prezzo. Paghereste di più, e non avreste nessun reale vantaggio.
La tecnologia 3DI, invece, è tutta un’altra storia. Non c’è più poliestere, nè monofilm nè tantomeno problemi di UV.

Tu fai windsurf o vai in barca?
Windsurf da ormai 38 anni!

Raul, ci hai dato delle informazioni molto tecniche, in poche parole puoi riassumerci cosa è il TPT Concept?
Riassumendo, quindi, il 3DI ha un’elasticità molto ridotta che, inizialmente, permette alla vela di muoversi ed adattarsi ma poi, si blocca completamente al raggiungimento del profilo ideale. È quindi elastica all’inizio ma non si deforma oltre una certa soglia. È poi molto più leggero di qualsiasi altro rig e non c’è più il problema dei raggi solari, non essendoci più il monofilm.
Non sappiamo ancora, essendo le nostre vele così piccole in metratura rispetto a quelle da yacht, se potremmo anche usufruire degli stampi. Ci stiamo lavorando su, con l’idea di crearne di specifici. Nella peggiore delle ipotesi utilizzeremo una soluzione 2D, finto 3D come Severne ed Avanti Sails. La differenza sostanziale tra 2 e 3D è che le seconde hanno le stecche “fuse” nel pannello ed il profilo, quindi, è esattamente simmetrico su entrambe le mure. Tra le stecche, però, il materiale è comunque piatto, quindi bidimensionale. Questo mix, in realtà, si chiama “Segmented shaping”, con sezione alternate tra materiali 3D e 2D. Attualmente, tutte le vele sono bidimensionali, con materiali completamente piatti. Con il 3DI, vorremmo riuscire a rendere tridimensionale anche l’area tra le stecche. Attualmente, non siamo ancora in grado di capire se sia possibile o meno ma sicuramente ci stiamo lavorando su.

Chi è stato il primo rider a testare le vele?
Klaas Voget è stato il primo in assoluto, ancora a Klitmoller. Le abbiamo poi fatte provare anche ad uno dei nostri Opinion Leader, che è andato a Mauritius, per 6 settimane come tutti gli anni. È appena tornato e ci ha restituito la vela, dopo averla utilizzata tutti i giorni e ci ha detto che è assolutamente surreale. La gente impazziva a vederla in spiaggia. Ha anche detto che risulta ancora più leggera, potente e manovrabile di una vela tradizionale. Per ora, quindi, sembra un ottimo inizio!

INTERVISTA DI 4Windsurf
FOTO John Carter/ courtesy North Sails
FONTE 4Windsurf n° 175

Ciao a tutti, sono Fabio Calò (ITA-720), ho iniziato a fare windsurf all’età di 13 anni e da quel momento è diventata la mia più grande passione, poi la mia vita e il mio lavoro. Campione Italiano Wave nel 2013 e 2015. Vivo a Torbole sul Garda e respiro l’aria del windsurf 365 giorni all’anno.