Punta Abreojos
La strada per il Paradiso attraversa l’Inferno
Baja California rappresenta una delle mete windsurfistiche più estreme conosciute dalla massa. Il viaggio, soprattutto se fatto in macchina, può essere insidioso, con pericoli dietro ogni angolo, ma la ricompensa è tale da far passare in secondo piano tutto il resto. Kai e Kevin questa volta ci fanno però conoscere un altro spot di questa zona, Punta Abrejos.
Temevo che saremmo tutti morti ma Keith si è fatto una risata e ha spinto a tavoletta sull’acceleratore. Mi aveva appena fatto sapere che i freni non funzionavano più, proprio mentre ci trovavamo su una stretta strada piena zeppa di tornanti sull’orlo di un burrone, e nella mia mente, ad ogni curva, avevo visioni del nostro furgone volare nel vuoto nel bellissimo paesaggio di Baja, fino ad esplodere all’impatto… Tutto questo per andare ad esplorare la zona di Abreojos, tutto per uno swell meridionale in arrivo, e non dimentichiamo poi la ricerca del miglior taco al mondo. Il distruttore di lip caraibico, Camille Juban, è incastrato nel retro, mentre stringe il rollbar con entrambi le mani e continua incessantemente a mormorare parole francesi che non lasciano presagire nulla di buono. Man mano che le curve diventano sempre più strette, cerchiamo un piccolo slargo in cui fermarci e riprendere un po’ il fiato. Non c’è però nulla oltre quella piccola striscia d’asfalto, a parte un burrone a strapiombo verso l’alto da una parte, e dall’altra invece un minaccioso vuoto incolmabile di morte certa. Improvvisamente Keith adocchia un piccolo spiazzo polveroso e blocca le gomme, tirando il freno a mano, e facendoci partire in un testacoda mentre noi ci aggrappiamo con tutte le nostre forze e speriamo di riuscire ad arrivare a destinazione. Nuvole di polvere esplodono tutte intorno a noi come una bomba a grappolo piena di sassolini, legnetti e altri schifezze che ci ripiovono attorno ingolfandoci in una tempesta di terrore grottesco. Il telaio della Land Rover vibra vistosamente, i cd vengono proiettati nel parabrezza, mentre il caffè si rovescia e sembra che Keith stia facendo a botte col volante, cercando di mantenere quella minima parvenza di controllo che aveva.
In qualche modo, miracolosamente, la sgommata si ferma a meno di 2 metri dal bordo del precipizio, lasciandoci con lo sguardo fisso sull’abisso. Ci guardiamo l’un l’altro, sudati dal panico, e ci parte una risata isterica, mentre ci rendiamo conto di essere ancora vivi, anche se stiamo tremando vistosamente. “Por*a, Tr***” ho detto, “ci siamo andati veramente vicini. Come facciamo ad andarcene da qui?”. “Chi se ne frega,” risponde Keith, “almeno siamo ancora vivi.”
Non male come primo giorno in Messico.
C’è voluto il resto della giornata per riuscire ad organizzare un carro attrezzi che ci riportasse indietro al confine, attraversandolo, per arrivare in California e riuscire a noleggiare un’altra macchina. Quando siamo finalmente riusciti a tornare a La Fonda, era ora di farsi una surfatina serale e di gustarci una birra fredda… ce la siamo guadagnata. Abbiamo surfato un po’ in un piccolo ma divertente beachbreak, per poi cambiarci e andare alla ricerca di qualcosa da mangiare, arrivando proprio di fronte ad un grosso e scintillante palazzo, con un grande bancone visibile subito dietro alla vetrata dell’ingresso e una visuale sulla baia. Ecco, abbiamo trovato dove prenderci qualcosa da bere. La porta d’ingresso poi si è aperta all’improvviso e l’unica cosa che ho visto io erano dei denti, un’enorme dentatura perfetta d’incisivi perlacei che scintillavano sotto a due enormi baffi alla Yosemite Sam. Un tozzo ometto vestito di nero con capelli alla Saturday Night Fever e una camicia da cowboy ranchero stirata coi bordi rigidi è venuto verso la nostra macchina. “Buenas noches,” hanno detto i denti. “Buenas noches,” ho risposto, “tres cervezas, por favor”. Improvvisamente la sua espressione è cambiata e ci ha guardato con sguardo fisso e perentorio: “Aqui es un centro alcoholico”, ci ha detto. Io inizialmente pensavo mi stesse prendendo in giro, allora ho risposto “Perfecto”. Inconsapevole di quello che mi avesse detto, ho quindi ribadito il mio ordine di 3 birre. Fortunatamente ero stato 2 anni nella Repubblica Dominicana a parlare spagnolo quindi ero assolutamente certo delle mie capacità di comunicare in quell’idioma a me straniero in maniera così immediata e produttiva! “No senor,” ha risposto bruscamente, “es un centro alcoholico”. Hmmm. Che problema c’è? È un centro alcolico, come fanno a non avere 3 birre? “Esta bien” gli ho risposto tranquillamente, “tres cervezas por favor”. “No senor”, ha ripetuto, “no es un bar. Es un rehab”. (Non è un bar, e un centro alcolisti anonimi)… e finalmente l’illuminazione. Il palazzo immacolato, gli interni curati, il gentleman accogliente all’ingresso, che probabilmente ora non aspettava che vedere i nostri fanalini di coda allontanarsi dal suo centro.
Meno male che siamo riusciti a capire subito l’inghippo, almeno ci siamo evitati di fare brutte figure… Tutto sommato stava andando bene come primo giorno, prima siamo quasi volati in un burrone con la macchina, e ora avevamo appena cercato di ordinare con insistenza 3 birre da un centro di alcolisti anonimi.
Avevamo raggruppato un po’ dei migliori ripper sulla faccia della terra per spaccare uno swell a sud del confine, ma finora sembrava che il nostro destino serbasse solo sofferenze. Kevin Pritchard, Levi Siver, Bernd Roediger e Marcillo “Brownzinho” Browne erano già sul posto a polverizzare lip puliti di un albero, e noi invece non ne azzeccavamo una e francamente stavamo anche diventando irritabili. Il piano originario era di trovarci tutti insieme a San Diego, noleggiare un camper e scendere direttamente tutti insieme ma l’Air France ha voluto movimentare un po’ la situazione, perdendo non una, non due, ma tutte le sacche di Camille. Di conseguenza, noi tre, Keith, Camille ed io, abbiamo dovuto tirare due giorni aspettando che la linea aerea facesse finalmente il suo lavoro, consegnandoci le sacche. Quando poi riusciamo finalmente a passare il confine, ecco che la nostra fiammeggiante Land Rover cerca di farci fare un tour panoramico ravvicinato dei burroni di Valhalla. Perfino l’inossidabile ottimista e sempre calmo Keith Teboul stava cominciando a perdere la pazienza. L’indomani, la sveglia alle 4 di mattina è assolutamente brutale ma Teboul è come posseduto e continua ad urlarci di darci una mossa e di mettersi in marcia, grazie al suo fervore alimentato dalla miglior caffeina in circolazione, senza parlare poi della consapevolezza che stiamo perdendo condizioni epiche! Partiamo a tutta velocità lungo la Baja Highway 1 in uno stato d’eccitazione mista a sonno, quando diventa evidente che 110 miglia all’ora sia un filo troppo veloce, allora rallentiamo a 100 miglia all’ora e voliamo verso sud, elettrizzati dalla possibilità di un’epica session pomeridiana. La strada si srotola davanti a noi come un nastro scuro, che divide in due il paesaggio brutale ma altrettanto maestoso, con colline scoscese e brulle punteggiate dalle sentinelle Saguaro che scrutano e controllano il deserto silenzioso. Davanti a noi notiamo una sorta di nebbia scura e improvvisamente sciami d’insetti cominciano a spiaccicarsi sul parabrezza, con i tergicristalli che spalmano le interiora viscose in una melma verdastra che ci oscura la visuale. Abbiamo deciso di non fermarci per niente, se non per la benzina, e per due vecchi e puzzolenti autostoppisti… Continuiamo così a passare sotto la pioggia d’insetti sfortunati, per poi sentire la nostra piccola macchina a noleggio giapponese tremare sotto l’acqua sollevata da un camion a 18 gomme che ci passa a pochi millimetri nella corsia opposta. L’effetto della caffeina ormai è solo un lontano ricordo, i nervi sono a pezzi e a fior di pelle, la visibilità è praticamente nulla e, la velocità a cui andiamo fa emettere gemiti soffocati di terrore ai due vecchi turisti tedeschi, che si sono stretti in posizione fetale. Rifiutandoci categoricamente di rallentare, nonostante le loro richieste spinte dall’autoconservazione, decidiamo di abbandonarli senza tanti convenevoli ad un piccolo deposito di gomme. Scendono scossi e stizziti e il nostro apprezzabile altruismo viene completamente ignorato, anche se è durato al massimo per 5 minuti. Probabilmente nessuno gli ha mai detto che la strada per il Paradiso passa attraverso l’Inferno!
Alle 3:30 del pomeriggio arriviamo finalmente a Punta Abreojos, proprio mentre il vento sta per aumentare! Le onde sono sui 2 metri abbondanti e c’è un sacco di movimento in spiaggia, mentre tutti i ragazzi armano per entrare a surfare al massimo delle loro capacità. Kevin Pritchard fa vedere a tutti il suo materiale da Campione del Mondo, sguinzagliando le sue curve potenti e aggressive, in netto contrasto con la sua personalità tranquilla ed accomodante. Levi Siver si contorce in aerial inverosimili, girando Airtaka ad altezze imbarazzanti, fluido ed armonioso ma con quell’aggressività hawaiiana forgiata ad Ho’okipa. Keith Teboul sfida le leggi della fisica disintegrando il lip con i suoi attacchi oltre il verticale, volando sopra a intere sezioni e provando a tutti che oltre ad essere uno dei migliori shaper, sia anche uno dei migliori waverider al mondo.
Il Campione del Mondo Wave 2013 Marcilio Browne, davanti a Levi Siver, il vincitore della JP Aloha Classic 2013
Brawzinho genera un’accelerazione spaventosa volando down the line, per poi decollare in Airtaka assolutamente perfette, senza nemmeno un capello fuori posto. Camille Juban è in forma smagliante, e il relativamente sconosciuto giovane dalla Guadalupa chiude Goyter ad una mano come se niente fosse, con lo stile da surf da onda che lo contraddistingue. Bernd Roediger, il prodigio 15enne di Maui è già nell’Olimpo dei waverider, chiudendo giganteschi aerial e Goyter, che ne dimostrano la fama meritata. L’expression session improvvisata continua fino al tramonto, mentre il sole rosso comincia a svanire dietro la linea dell’orizzonte, mentre le mute dei serpenti della sabbia rotolano sulla spiaggia sospinte dal vento, e le silhouette dei rider continuano a danzare sui lip delle onde che si srotolano lungo la baia.
Bernd Roediger, il presente e futuro dei talenti made in Hookipa
La sera porta un drastico cambiamento delle temperature, quando il calore soffocante del deserto lascia spazio al freddo pungente e la crew affamata va in cerca di una fonte di sostentamento. Punta Abreojos è un piccolo e pulito paesino di pescatori, situato su un point remoto dell’Oceano Pacifico, a sud di Guerrero Negro, un vero e proprio magnete per le onde, esposto praticamente a qualsiasi swell. I local mostrano un profondo orgoglio, curando molto la loro piccola cittadina, con edifici dipinti da poco con colori sgargianti tra cui rosa, giallo e blu, con le piccole vie sabbiose prive di rifiuti e plastica e tutta la gente ti sorride e saluta quando passi in macchina. Ci fermiamo quindi al ristorante di Juanita, che è l’unico posto in cui ci si possa sedere per mangiare e ordiniamo così tanto pesce che i garzoni vanno di corsa dai pescatori a prenderne ancora, e alla cervezeria per altre birre. Levi, Bernd e Norm stanno conversando e la scena è degna di Comedy Central, con commenti a sproposito e sconnessi, tutti ispirati da Danny Mcbride. Browzinho ci dice che lui non beva birra, solamente whiskey e solo dopo che il sole è calato. Ordina cibo per un piccolo esercito e spazzola ogni piatto fino all’ultimo boccone. Mentre sono seduto e ascolto i discorsi, resto veramente colpito dall’umiltà che accomuna questi ragazzi. Sono alcuni tra i migliori al mondo ma non esitano a fare complimenti ai comuni mortali e a incoraggiarli a spingere ancora di più, un aspetto davvero ammirevole e anche rincuorante.
La potenza di Kevin Pritchard…
Quando mai è capitato che Kobe ti abbia fatto un complimento per un tiro da 3?
Entro dal retro di un piccolo ristorante di Taco, per fare un aperitivo mentre aspettiamo le nostre portate principali e vengo letteralmente incendiato dalla loro salsa piccante. Questo è il vero Messico. Nessun conservante nè colorante o additivo, solo sapori veri, genuini e… sconvolgenti.
Kevin Pritchard controlla l’Aerial
L’ardua missione finalmente sta dando i suoi frutti, ottimi amici, ottimo cibo, ottime condizioni… ed è solamente l’inizio. Abbiamo pagato i nostri debiti all’inizio del viaggio, e ora possiamo godere delle ricompense, sperando solo che non vi siano altri disastri dietro l’angolo. In ogni caso, a volte vale veramente la pena di attraversare l’Inferno per starsene un po’ in Paradiso.
TESTO DI Kai Katchadourian FOTO DI Kevin Pritchard