Sono ripide queste Prealpi. La vicinanza da Milano le posiziona sempre come prima scelta per un’uscita in giornata ma, pensando a quanto sono impegnative da un punto di vista fisico, a volte si preferisce andare altrove. Sì, perché vicino non fa rima con facile e il gruppo delle Grigne non è affatto un luogo per scampagnate. È in Grigna che ho iniziato ad avventurarmi da solo quando ero ragazzo ed è lì che sono tornato più di una volta per misurarmi.
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Grigna, ricordi dal passato
Ho frequentato la sponda orientale del Lago di Como negli anni dell’adolescenza, Varenna, quell’incantato paesino che oggi ha gli ingressi contingentati a causa dell’overtourism. Con un amico passavamo la maggior parte delle nostre giornate in spiaggia, al Lido comunale, ma tante altre volte pianificavamo qualche avventura, prendendo la direzione opposta al lago, la montagna. Sopra di noi si ergeva imponente la Grigna Settentrionale che per la verità da Varenna non si vede nemmeno, ma sapevamo bene dove si trovava, alla sua base ci avevano portati i genitori qualche volta.

Iniziammo a frequentarla e negli anni scoprimmo buona parte dei sentieri che conducono in vetta. Ai tempi delle superiori un compagno di classe mi ci portò anche ad arrampicare, Grigna Meridionale, Torrione del Cinquantenario.
Smisi di frequentare Varenna per Lierna, cambiai amicizie, ma la Grigna tornava sempre sotto i miei scarponi e iniziai a conoscere altri versanti, creste, vallate, vie ferrate, i rifugi Brioschi sulla vetta Settentrionale, il Rosalba sotto la meridionale, il Bivacco Ferrario, che sembra una capsula Apollo per l’allunaggio. Poi cambiai proprio lago e il lavoro mi portò su altre montagne, in altre regioni. Ma quando guardo una mappa delle Grigne, ricomincia a battermi il cuore e con la testa sono già fra quelle guglie di calcare.

Il ritorno
Con Stefano non avevamo ancora condiviso una giornata di escursionismo ma l’occasione è arrivata ai primi di luglio. “Danno un’alta pressione pazzesca, con temperature miti, se ci facessimo una bella gita?”. “Se può venire anche Roger ci sto!”. È un po’ che non porto il mio cane in montagna e su queste vette non è proprio mai stato, sono felice di presentargliele, so che le amerà.
Ci troviamo ai Pian dei Resinelli alle 8.30 di un giovedì, come chi non ha un cacchio da fare, e mentre ci pigliamo un caffè e una fetta di torta al Forno locale, penso a tutte le ville che negli Anni ’50 e ’60 i Milanesi si sono costruiti qui. ll boom economico, un qualcosa che oggi appartiene alla Polonia. Queste ville oggi sono per la maggior parte in vendita.

Siamo ancora nel bosco quando Roger fa la sua prima cazzata. C’è una placca di roccia attrezzata con fittoni a collegare due tratti di sentiero e lui, euforico, dopo aver visto Stefano superarla agilmente, decide di seguirlo con un balzo. Le unghie di un cane non fanno molto grip sul calcare semi verticale e lo slancio finisce in un ruzzolare sconnesso che fermo prima che caschi ulteriormente nel letto di un torrente in secca 10 metri più sotto.
Approfittiamo per fare una piccola pausa in questo anfratto di bosco, le fronde degli alberi ombreggiano una pozza d’acqua formatasi nella roccia ed è talmente “perfetto “ da sembrare l’ambientazione di un parco avventura.
Il sentiero prosegue nel bosco e ai segnavia optiamo per il “Sentiero dei Morti – EE” in luogo del più invitante “Sentiero delle Foppe – E”. Quando si dice: l’ambizione!

Ora la vegetazione lascia spazio ai prati in quota che qui hanno la caratteristica di essere tanto verdi quando pendenti. È un ambiente alpino davvero unico che ogni volta mi stupisce: un tappeto erboso ondulato, punteggiato di guglie di calcare e terrazzini e sullo sfondo il Lago di Como.
Lo sguardo spazia su questo ambiente e l’unico suono è quello di una cordata che, nascosta alla vista, si dà indicazioni per scalare qualche “fungo di roccia”.

Roger è entusiasta e ogni volta che ci fermiamo ci riprende con un abbaio per farci proseguire. Su ogni terrazzino di roccia e strapiombo si ferma sul ciglio guardando nel vuoto, ma quando addirittura vorrebbe lanciarsi giù per un dirupo, lui che non è proprio un cuor di leone, ci accorgiamo che ha avvistato un gruppo di camosci sul versante opposto. Chi saranno mai quei grandi cani con le corna in testa?
Il rifugio Rosalba
Dove le guglie di calcare si fanno più alte e imponenti intravediamo il Rif. Rosalba, 1.730 m, il nostro obiettivo.
Una meritata birra, una pasta e una polenta sono il modo migliore per rifocillarci dopo una bella scarpinata, e l’affamato Roger, seduto sulla panca, ci ricorda che anche lui in fondo avrebbe un po’ fame.
Da questa terrazza naturale è impossibile non mettersi a scattare foto e fare riprese video.

Fra noi e il lago si frappongono la dorsale dello Zucco Pertusio, le Colonne e la Costa di Pescée e lo Zucco di Portorella, verso nord l’imponente Cresta del Giardino e alle sue spalle la cima della Grigna Settentrionale con il Rif. Brioschi – 2.403 m. Verso est la Grigna Meridionale, con la Cresta Segantini, la Cresta Cermenati, la Mongolfiera, e una quantità di sentieri attrezzati e vie di arrampicata su cui alpinisti storici come Bonatti e Cassin hanno mosso i primi passi.

Quando la luce del sole inizia a farsi meno intensa e i colori più caldi iniziamo la nostra discesa lungo il sentiero. Sarebbe bello fermarsi a dormire almeno una notte, fare la traversata delle due Grigne, che non ho mai fatto, oppure scalare qualche fungo di roccia, avere qualche nuovo obiettivo locale mi rallegra il cuore.

Prima di rituffarci nel bosco, a una svolta del sentiero, ci fermiamo tutti di scatto, un imponente camoscio ci guarda immobile poco avanti sulla traccia. I raggi del sole filtrano fra le torri di calcare e lo illuminano come un occhio di bue inquadra l’attore su un palco. Non c’è tempo per prendere il telefono e fargli una foto, ma forse è meglio che resti impresso solo nella nostra memoria. Il saluto della Grigna, un arrivederci, lo spero.
