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Borlenghi inaugura la 100 Km dei Due Mari

di - 01/12/2015

Alla 1^ edizione della 100km Running dei Due Mari con partenza da Curinga, giro di boa al Golfo di Squillace ed arrivo sempre a Curinga, Federico Borlenghi, felice, di corsa, scortato dai Carabinieri e dall’autoambulanza, giunge al traguardo in solitaria, con il vantaggio di circa 1 ora sul secondo con il tempo di 8:25:09, a seguire Angelo Iademarco, Podistica Avis Campobasso, con il crono di 9:17:26; terzo arriva il lettone Janis Actins con il tempo di 9:22:10.

Una gara organizzata dall’ultramaratoneta Giovanbattista Malacari, Presidente del Comitato organizzatore.

Per quanto riguarda la gara femminile, la vincitrice è Sonia Sonsogno della Podistica Capo D’Orlando con il tempo di 11:45:47, a seguire Elena Cifali dell’Atletica Sicilia, con il tempo di 12:07:20, terza Iole Parrilla, della Runner Barberino con il crono di 12:37:38, quarta Madalina Spridon, della società romana Villa De Sanctis, con il crono di 13:58:10.

Qualche tempo fa feci alcune domande a Federico, interessandomi al mondo delle gare considerate estreme soprattutto per i profani o i neofiti della corsa.

Lo scorso Settembre Federico Borlenghi ha vinto anche la Raidlight 6 Ore di Teodorico, gara organizzata a Ravenna da Enrico Vedilei coordinatore della Nazinoale Ultratrail

Federico Borlenghi durante la lunghissima gara di Curinga (foto FB) Federico Borlenghi durante la lunghissima gara di Curinga (foto FB)

Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Ultramaratoneta è un termine per definire chi corre più di 42 km. Per me l’ultramaratona è passione e gioia di correre.”

Per chi ama correre come Federico, non esiste estremo ma puro godimento nel correre le lunghe distanze, importante è prepararsi da tutti i punti di vista, muscolare, alimentare, abbigliamento, mentalmente.

Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta? “Diciamo che mi sono avvicinato quasi subito all’ultra, questo mondo l’ho scoperto grazie ad un amico che mi raccontava di queste fantastiche gare”.

Si scopre attraverso amici, l’esistenza di gare di lunga durate ed a volte si accorciano i tempo e ci si arriva senza rispettare la gradualità, ci si fionda in queste lunghe e dure avventure.

Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “La gioia di correre di conoscere persone nuove e di sfidare sempre me stesso.”

E’ un mondo che affascina, si conosce gente che condivide questa pazza passione e ci si rincontra nelle gare più diverse e più ardue. Diventano ciliegie, una tira l’altra e sempre più lunghe o difficili.

Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “Forse solo una volta ma ero agli inizi, avevo problemi ad un ginocchio dopo i 60 km e mi toccava rallentare bruscamente nella seconda metà di gara, poi ho risolto il problema e da lì non mi sono più fermato.”

Per ogni problema c’è almeno una soluzione, e questo succede anche in questo sport, quando non va bisogna decidere di cambiare qualcosa o comunque correre ai ripari e si scopre che una soluzione c’è basta documentarsi, informarsi, provare a cambiare.

Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare? “Sì, quando si osa si porta il tuo fisico al limite ed è lì che inizia la sfida con te stesso.”

Quello che affascina è anche la sfida, il provare ad alzare sempre l’asticella della difficoltà e ti accorgi che se vuoi ce la fai ad osare un po’ per volta.

Quali i meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare estreme? “Non saprei dire, mi piace correre, ho trovato nell’ultramaratona un modo per staccarmi dalla vita frenetica di tutti i giorni e quello mi rilassa, mi fa star bene. Interpreto tutte le gare come dei lunghi viaggi”.

L’ultracorsa diventa un mondo parallelo alla quotidianità della vita frenetica, un’occasione per meditare correndo, per sperimentare benessere e gioia, un luogo sicuro, un lungo viaggio.

Quale è stata la tua gara più estrema o più difficile? “Penso che la gara più difficile sia la 24h sia fisicamente che psicologicamente.”

La corsa prolungata mette alla prova sia il fisico che la mente, per quanto riguarda il fisico bisogna essere allenati e sapere come il proprio fisico può affrontare una determinata gara, per quanto riguarda la mente bisogna utilizzare delle strategie che ti portano ad avanzare con i metri ed i chilometri nel tempo senza che la fatica ti colga impreparato e sapendo come dialogare con la crisi che è sempre in agguato, lì pronta per metterti alla prova.

Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua partecipazione a gare estreme? “Inizialmente non erano molto contenti adesso come possono mi seguono e mi fanno assistenza.”

In genere, la famiglia da una parte lamenta la continua assenza per gli allenamenti o gare, dall’altra parte è preoccupata per la salute ma poi si scopre che l’ultracorsa diventa un rimedio quasi terapeutico e quindi asseconda, partecipa e sostiene quando può.

Ti va di raccontare un aneddoto? “Ti posso raccontare di come la nostra testa sia importante in questo tipo di gare e di come basti poco per superare una crisi. Stavo partecipando alla mia prima 24h, dopo una buona metà gara insorgono i primi problemi, stanchezza fatica ecc. io ero andato con l’obbiettivo di fare almeno 220km. Ad un certo punto non volevo più quasi correre, il mio assistente/allenatore mi ferma un attimo e trova le parole giuste, riattiva in me la voglia di correre l’ultima ora di gara dovrei averla corsa più forte addirittura della prima… questo per dire che su questo tipo di gare o ti fermi per veri problemi fisici altrimenti tutto il resto è superabile, chi ci riesce può arrivare a grandi cose.”

Come dicevo la crisi è sempre un agguato ed allora bisogna tirare fuori le risorse personali mentali per cercare di dribblare la crisi e convincere se stessi di poter andare avanti, questo lo si apprende con l’esperienza e se ne traggono lezioni importanti per affrontare le crisi della vita.

Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta? “Penso di essere più sicuro di me, ho vinto qualche paura che prima avevo.”

Infatti superare le crisi e portare a termine grandi imprese aiuta ad accrescere l’autoefficacia ed a sentirsi più sicuri nel mondo parallelo quotidiano della vita frenetica.

Hai un sogno nel cassetto? “Sì, riuscire di fare più di 240km nella 24h, correre la Badwater e la Marathon des Sables.”

Federico ha un cassetto capiente che può contenere tanti sogni, forse un po’ ingordo o forse questa ultradisciplina sportiva gli dà tanta sicurezza con un’autoefficacia alle stelle, ma tanto di rispetto e tanta vicinanza per le sue ardue imprese. DAJE Federico!!!

Matteo Simone – Podistidoc