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Dentro i ghiacciai: il cambiamento climatico visto dall’interno

di - 26/06/2023

Non è un segreto che i ghiacciai siano tra le principali vittime del cambiamento climatico: inverni sempre meno nevosi ed estati sempre più lunghe e torride infliggono loro duri colpi anno dopo anno. Nel migliore dei casi si tratta di un lento arretrare; nel peggiore invece si verificano crolli catastrofici, come la tragedia della Marmolada nel luglio 2022. 

Ma i ghiacciai fondono solo sulla superficie o ci sono altri fattori che contribuiscono alla loro perdita di massa? Gli speleologi ed esploratori dell’Associazione La Venta sono andati a esaminare da vicino i ghiacciai svizzeri Aletsch e Gorner, per cercare di scoprirlo. E noi ci siamo fatti raccontare cosa hanno trovato. 

 

Ciao Alessio, come nasce il progetto e quali sono gli obiettivi della spedizione?

La spedizione si colloca all’interno del progetto “Northern Side of the Alps”, avviato nel 2021 dal team Inside the Glaciers, cioè da me (Alessio Romeo) e Francesco Sauro, entrambi membri di La Venta. Il progetto aveva come scopo quello di documentare la situazione dei ghiacciai della zona a Nord delle Alpi, soprattutto nel Vallese (Svizzera) così da creare una polaroid di alcuni dei più importanti. Fra questi il ghiacciaio Gorner, che conosco dal 1998 e su cui ho fatto una trentina di spedizioni (tra cui quelle dedicate alla mia tesi di laurea in Geologia), è risultato sicuramente quello più interessante.

Osservate speciali del progetto sono le cavità al contatto: parliamo di grotte che si formano tra il ghiaccio e il substrato roccioso. Quelle che stiamo monitorando sono scavate da acque che accumulano calore dall’ambiente esterno e riescono a insinuarsi al di sotto del ghiaccio, contribuendo alla sua perdita di massa.

Foto: Alessio Romeo Esplorazioni Geografiche

Già nel 2020 individuammo nell’area più a monte del Gorner una cavità al contatto che abbiamo deciso di monitorare fra il 2021 e il 2022 tramite scansioni laser manuali e con l’utilizzo di droni dotati di laser scanner. Queste misurazioni hanno il fine di valutare le variazioni nell’estensione delle cavità anno dopo anno. In questo modo otteniamo dati volumetrici dei vuoti tra ghiaccio e roccia, così da fornire una stima quantitativa della perdita di massa del ghiacciaio.

Poiché queste cavità sono originate dal passaggio di torrenti e dalla circolazione di aria, per le analisi utilizziamo dei sensori di temperatura sia dell’acqua sia dell’aria e misurazioni di portata dei torrenti.

I dati raccolti negli ultimi anni non fanno ben sperare, ma abbiamo la fortuna di svolgere queste ricerche in luoghi spettacolari. Antri di ghiaccio dalle pareti blu, mulini glaciali ed enormi gallerie con le volte ricoperte di scallops, ovvero conchette create dall’acqua durante il suo lavoro di erosione del ghiaccio.

Foto: Alessio Romeo Esplorazioni Geografiche

In che condizioni si trovano le grotte?

Appena raggiunta la grotta del Marjelensee, la prima che visitiamo, ci rendiamo conto che l’impresa sarà più complessa del previsto. Un torrente scorre impetuoso all’interno della cavità, il portale d’ingresso è crollato e la volta si è abbassata considerevolmente. C’è poi la nube di umidità dentro la grotta, che si appiccica alle gallerie e contribuisce al processo di fusione.

Il ghiacciaio Gorner non sembra essere in condizioni migliori; soprattutto nella zona coperta da morena, dove l’ultima massa relitta del ghiacciaio se ne sta sospesa a 100 metri di altezza sulla valle. Nella galleria principale della Contact Cave 3, che stiamo studiando, la volta è crollata schiacciando anche un termometro che usavamo per il monitoraggio. Riusciamo a superare la frana di lame di ghiaccio, e ci inoltriamo nel dedalo di gallerie laterali che si sviluppano per oltre 950 m, molto più di quanto ci aspettassimo. Mentre siamo dentro, la temperatura esterna sale e grossi massi iniziano a cadere sull’ingresso, rotolando dentro. Usciamo più in fretta possibile per non fare la fine del topo. Queste sono tutte conseguenze delle temperature anomale e delle precipitazioni piovose degli ultimi mesi, anche oltre i 2.400 metri di quota.

Foto: Alessio Romeo Esplorazioni Geografiche

L’ultima grotta che visitiamo è Contact Cave Gornersee: davanti all’ingresso c’è un laghetto formato dalla fusione degli iceberg che si trovano davanti alla grotta. Proprio in questa zona fino al 2010 si formava un enorme lago che accumulava migliaia di metri cubi di acqua, destinati a sparire a valle in soli tre giorni verso la metà di luglio. Non si hanno più notizie di questo fenomeno da più di dieci anni, ma niente vieta che si possa ripresentare.

Foto: Alessio Romeo Esplorazioni Geografiche

In che modo pensate che le grotte di contatto contribuiscano alla fusione dei ghiacciai?

Negli ultimi anni, anche i ghiacciai a Nord hanno perso lingue laterali che contribuivano a mantenere la massa della lingua principale di valle: da questi ghiacciai sospesi scendono torrenti che si riscaldano e accumulano l’energia del calore solare. Quando questi incontrano il ghiaccio, hanno temperature tali da fonderlo, trasferendo l’energia accumulata e creando le grotte.

Negli anni queste cavità si ingrandiscono, perdono molta massa dall’interno e infine collassano. Questi processi non possono essere visti da chi analizza i bilanci di massa dei ghiacciai solo attraverso immagini satellitari, almeno finché le grotte non collassano del tutto, causando un aumento della quantità d’acqua che scende a valle dal ghiacciaio.

Non si tratta di un fenomeno isolato: solo nel Gorner, da cui è partito il nostro progetto, si hanno almeno sei o sette grotte importanti per quantità di acqua ed estensione.

Foto: Alessio Romeo Esplorazioni Geografiche

Quali sono le prospettive future per il progetto?

In futuro la situazione non può che peggiorare: ogni anno si registra un aumento della temperatura media estiva e soprattutto un allungamento della durata della stagione calda. Non parliamo più di tre o quattro mesi, ma di sette o otto mesi l’anno: fino a ottobre continua a piovere invece che nevicare e già ad aprile abbiamo temperature più alte della media stagionale degli ultimi dieci anni. Quando siamo partiti per la spedizione questo ottobre, le temperature erano le più alte mai registrate dal 1864.

In queste ricerche siamo testimoni del cambiamento climatico laddove i suoi effetti si fanno sentire più rapidamente: i ghiacciai sono infatti i primi a subire le conseguenze del continuo e inarrestabile aumento delle temperature sul pianeta.

Noi proseguiremo a effettuare questi monitoraggi, cercando di quantificare il volume di ghiaccio che si perde a causa delle contact cave.

 

Cercheremo poi altre ispirazioni per fare della scienza e contribuire alla conoscenza dei ghiacciai: la ricerca si vorrebbe spostare in Paesi come la Groenlandia o l’Islanda, dove è necessario prendere in considerazione anche altri fattori ambientali.

Ogni volta che andiamo a monitorare questi ghiacciai ci sentiamo come se ci recassimo a trovare dei vecchi nonni: sappiamo che se ne stanno andando lentamente, li vediamo allontanarsi senza poter fare niente per tenerli con noi.

 

La Venta – Esplorazioni Geografiche

 

Livornese di nascita ma montanara d’adozione, studia Geologia e sogna di fare la scrittrice. Adora raccontare storie e qualsiasi tipo di avventura, inoltre non sa stare ferma: è facile trovarla su qualche treno diretto verso le Alpi con uno zaino fuori misura da cui penzolano scarpette o piccozze (a seconda della stagione).