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Duerocche Scarpa Ultra Trail: The Experience

di - 21/08/2022

ultra

Alessandro Pegoraro ha vissuto in diretta la Duerocche Scarpa Ultra Trail. A noi di 4running ha lasciato alcune pagine del suo diario di gara. Scopriamo il resoconto completo e un’ottima lezione che può servire a tutti.

 

Ore 6:50, 25 aprile 2022

Tutto è pronto sotto lo start della Duerocche Scarpa Ultra Trail. Mi aspettano 51 km e 2.600 metri di dislivello. Sono piuttosto tranquillo perché in questo periodo sono riuscito ad allenarmi con costanza e so di avere un discreto chilometraggio sulle gambe che mi consentirà di arrivare in fondo.

Passano i minuti e l’emozione pre-gara sale. In testa ho un piano. Il giorno prima è piovuto e il rischio di trovarsi su sentieri fangosi è alto, per cui nei primi chilometri cercherò di tenere un ritmo relativamente veloce, così da non trovarmi “impantanato” già nelle salite iniziali. 

 

 

9, 8 ,7… 3, 2, 1, via, si parte per la Duerocche Scarpa Ultra Trail 

Lo speaker ci incita come non mai, siamo quasi 300 partecipanti e, mentre comincia il conto alla rovescia, penso ai 51 chilometri che mi separano dal traguardo. Fin dall’inizio vedo un primo gruppetto di testa prendere le distanze e io sono subito dietro. Controllo il mio stato, il battito cardiaco è ok, il ritmo sembra buono ma non esagerato, quindi tutto procede bene. 

Dopo circa 2,5 km su asfalto si imbocca il sentiero Militare del Curt che in pochi chilometri ci porterà da 200 a 460 metri sul livello del mare. Il fondo, come previsto, è scivoloso, e il mio ritmo in salita cala, so che ci sono ancora parecchi chilometri davanti. Mantengo la posizione, credo di essere attorno alla 40esima, le gambe girano bene, per cui tengo il passo. Tra boschi e vegetazione rigogliosa si passa il monte Sulder, il monte Forcella e dal monte Collalto inizia la discesa verso Maser. 

Qui c’è il primo checkpoint appena fuori le mura di Villa Barbaro. Questa Villa Palladiana è patrimonio dell’UNESCO. Venne costruita tra il 1554 e il 1560 da Andrea Palladio per l’umanista Daniele Barbaro. Vi assicuro che è davvero bella. 

Mi fermo solo per ricaricarmi d’acqua e proseguo veloce perché ho tutto con me. Ho già calcolato cosa mi servirà da mangiare lungo il percorso. Qualcosa però “nell’ingranaggio” comincia a incepparsi. 

 

Come sono arrivato a correre la Duerocche Scarpa Ultra Trail

Ma facciamo un passo indietro di qualche giorno. È lunedì mattina, suona il telefono, è Daniele Milano: “Ciao Ale, senti, ci sarebbe l’opportunità di andare a correre la Duerocche Scarpa Ultra Trail, mi piacerebbe che scrivessi la tua esperienza, cosa ne pensi?”. L’idea mi piace e accetto. Sabato intendevo fare “un lungo” e a questo punto decido di cogliere l’occasione. La competizione non è troppo lontana da casa mia e mi fa veramente piacere poter partecipare a una gara così storica: non sono molte quelle con 50 anni alle spalle.

Passano i giorni e, tra una seduta di massaggi e qualche corsetta di scarico, mi assale un dubbio. Cosa scriverò? Che esperienza vivrò? Non vorrei limitarmi alle solite frasi fatte come “bellissimo posto, e tutto fantastico”. Mi piacerebbe poter vivere una vera esperienza, una di quelle con la E maiuscola, una di quelle da raccontare. Basta, spengo i pensieri, carico il furgone e parto in direzione Cornuda. So che andrà esattamente come deve andare. 

 

 

Ritorniamo alla Duerocche Scarpa Ultra Trail…

Ritorniamo a domenica mattina, supero Villa Barbaro di qualche chilometro e, passo dopo passo, capisco che tutto sta prendendo una piega diversa. Non si tratta del fisico, lui è ok, ma è la mia testa a non darmi buone sensazioni. Nell’arco di pochi chilometri “decide” che non ne ha più voglia. Non ne vuole sapere di tenere duro. Vuole fermarsi. A un certo punto si spegne del tutto e con lei tutta l’energia. Lì per lì non ne comprendo il motivo, ma percepisco forte questa sensazione. Guardo l’orologio, siamo al 12° chilometro, e ne mancano 40 con 2.000 metri di dislivello. In un secondo mi dico che così è impossibile, senza la testa non ce la posso fare, è ancora lunga, troppo lunga, c’è ancora troppo dislivello e più proseguo più la mia energia si esaurisce.

 

 

Mi fermo? Proseguo? 

“Cosa scrivo sull’articolo? Ma com’è possibile, i chilometri sulle gambe li ho! Oh no, anche questo mi sta superando!”. Cammino e i miei pensieri mi controllano. Non mi è mai successa una cosa simile, e in questo turbinio di paranoie cerco di darmi delle risposte sensate sul cosa fare. Nel frattempo sento solo le gambe come due macigni. Riguardo l’orologio e sono al 19° chilometro, decido così di arrivare al giro di boa del 25°, ad Asolo. Quest’anno si potrà ritornare dentro la rocca che sovrasta uno dei borghi più belli d’Italia, vale la pena approfittarne. Mi trascino, provando a correre, ma la testa è sempre da un’altra parte. Cerco qualsiasi strategia pur di calmarla e di ri-centrarmi sul qui e ora. Mi appello anche alle mie tecniche di meditazione, contando i passi e i respiri, ma nulla, non funziona!

 

 

23° chilometro, la Rocca di Asolo

Vedo la Rocca e mi sembra di aver visto la cima di un 8000. È durissima, ma passare tra le mura medievali e le statue Palladiane mi ridà un po’ di energia. Faccio un piccolo rabbocco di acqua, giusto per affrontare i 262 scalini che mi portano sulla sommità della rocca. Lì la vista, anche se il cielo non è limpidissimo, è semplicemente pazzesca e unica. Mi sento fortunato e inizio a comprendere questa giornata. 

 

 

Proseguo il Duerocche Scarpa Ultra Trail?

Ora non rimane che scegliere se ritirarsi o continuare. Ci sono altri 26 chilometri all’arrivo e 1.200 metri di dislivello, e per la mia testa un’eternità di tempo. Durante una normale settimana di allenamento mi capita di fare tranquillamente questa distanza, oggi però mi sembra un’impresa davvero titanica e non intendo mollare. Vado contro la mia mente e proseguo in una lotta continua tra il volermi fermare e proseguire. 

32° chilometro, Forcella Mostaccin: il perché di tutto ciò sta prendendo sempre più forma. Continuo e sento che piano piano ce la posso fare, anche se la mia mente vorrebbe essere in furgone con un’aranciata fresca. Sorrido e mi dico che, se arrivo in fondo, la “Fanta” me la merito. 

 

Le colline trevigiane e poi?

Passano i chilometri e si è costantemente immersi nelle Colline Trevigiane, passando tra le trincee della prima guerra mondiale e sprazzi di bosco che sembra una giungla. 

47° chilometro. Sono un po’ incredulo nell’essere arrivato fin qui, ma ho ancora un ultimo sforzo: la salita che mi porterà al Santuario della Madonna della Rocca di Cornuda, ultimi metri di dislivello e poi è quasi finita. La vista dalla Rocca è davvero strepitosa, l’ambiente che la circonda è ben curato e l’ultimo ristoro invita a una pausa di contemplazione. 

 

 

Quattro chilometri e poi è fatta!

Vorrei sedermi qui e gustarmi il panorama, ma ci sono ancora quattro chilometri che mi separano dall’arrivo. Recupero qualche spicchio di arancia e inizio la discesa verso Cornuda. Qui, in questo ultimo tratto di strada asfaltata, ho modo di rilassarmi, il terreno su cui corro non mi richiede attenzione, e finalmente do un senso e una forma a tutta questa avventura. 

Prima di partire non immaginavo come e cosa raccontare di questa competizione, invece ora so che ho molto da dire, un’esperienza che, come spesso mi accade, è riuscita a raccontarmi qualcosa oltre al cronometro della gara.

 

 

Un viaggio di 52 chilometri

Ho da scrivere di un faticoso viaggio di 52 chilometri e 2.660 metri di dislivello, percorso per gran parte contro la mia mente. Posso raccontare dei luoghi bellissimi, ricchi di storia e tradizione, goduti grazie alla Duerocche, una delle manifestazioni di trail running italiane più longeve, organizzata in maniera egregia da uomini e donne della Duerocche ASD che ho visto prodigarsi a qualsiasi ora del giorno per rendere tutto impeccabile. 

 

Esperienza indelebile

Ne esco con un’esperienza indelebile, non legata al tempo inteso come velocità, ma a quello passato tra le mie difficoltà: un tempo che sembrava inutile e infinito, ma che alla fine mi ha ripagato con un po’ di consapevolezza in più. È la mente a decidere tutto, è il motore principale che ci consente di compiere ogni nostra piccola o grande azione, che sia svegliarsi la mattina o correre per 50 chilometri. Un motore che dobbiamo tenere allenato e, perché no, ogni tanto bluffare. Ci ringrazierà.

 

 

Un bravo a chi ha tenuto duro!

Un plauso va a chi ha voluto lottare contro il tempo: nella categoria maschile troviamo uno spettacolare Simone Vigolo che si aggiudica il primo posto in 5:00:43; subito dietro, a 1:28 di distacco, Mattia Gemin e, a chiudere, Alberto Ferretto che in 5:02:28 si aggiudica la terza piazza. Per la graduatoria femminile, la velocissima Paola Gelpi chiude questa 50ª Duerocche Ultra Trail in 5:49:38 distaccando di 9:26 Elena Gallina. Elisabetta Gallo si porta a casa la medaglia di bronzo in 6:12:32. Complimenti a tutti!

Scopri la Duerocche Ultra Trail qui

Corro quanto basta, pedalo a giorni alterni, parlo troppo. Nelle pause mangio. Instancabile sostenitrice di quanto lo sport ti salvi. Sempre. Le mie giornate iniziano sempre così: un caffè al volo e il suono del GPS che segna l'inizio di un allenamento. Che corra, pedali o alzi della ghisa poco importa: l'importante è ritagliarmi un momento per me che mi faccia affrontare la giornata nel modo migliore.