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Ed ora… ecco gli Oscar 2016

di - 31/12/2016

Si chiude il 2016 ed è tempo di consuntivi per valutare l’andamento della stagione. Si sarebbe portati a pensare che l’anno olimpico sia dominato dall’esito della gara di Rio de Janeiro ed è così, ma solo in parte perché la lunga stagione del triathlon ha detto anche molto altro. Abbiamo dovuto limitare la nostra scelta a soli 3 nomi per ognuno dei due sessi, ma sono stati tanti coloro che si sono messi in evidenza, come Mario Mola, lo spagnolo grande deluso di Rio ma vincitore di ben 4 prove del Grand Prix oppure come Henry Schoeman, il sudafricano esaltatosi a Rio e poi vincitore della finale del Grand Prix a Cozumel. Sintomo di un movimento che produce continuamente grandi talenti e che allarga continuamente i suoi confini facendo del triathlon uno sport veramente universale, proprio come richiesto per la sua appartenenza olimpica.

Proprio questa universalità rende sempre più difficile emergere, soprattutto per scuole come quella italiana che hanno una tradizione ancora molto giovane. Anche per questo l’impresa di Daniel Fontana, vincitore dell’Ironman di Taiwan gli vale la terza piazza, sintomo di una crescita complessiva nella quale accomuniamo tutti gli italiani che sia sulla distanza olimpica che nelle prove lunghe si sono distinti all’estero, e sono stati tanti.

Seconda piazza per un campione che non smette mai di stupire: il tedesco Jan Frodeno dopo essere stato il numero 1 nel triathlon olimpico conquistando l’oro a Pechino ha trovato una nuova vita nell’Ironman e quest’anno ha concentrato tutte le sue forze nella prova di Kailua, quellqa che assegnava il titolo mondiale confermandosi sul trono iridato.

Il campione 2016 non può che essere Alistair Brownlee, non solo per il modo con il quale ha vinto l’oro olimpico a quattro anni di distanza da quello casalingo di Londra, ma anche per la sua capacità di sacrificarsi, come ha fatto a Cozumel per aiutare il suo gemello ad arrivare al traguardo, facendo crescere ancora di più la sua aura di campione esempio per i giovani.

Alistair Brownlee, riconferma olimpica per il britannico (foto organizzatori)

Veniamo alle donne: qui la gara olimpica ha avuto un peso preponderante, con la svizzera Nicola Spirig-Hug che ha difeso con i denti il suo oro olimpico inchinandosi solo a chi nella sua arte di fare la differenza nella frazione di corsa aveva qualcosa in più. A lei il terzo posto nella nostra ideale classifica a un soffio da Flora Duffy, che certamente è andata peggio nella gara olimpica ma nel complesso è stata la più continua, l’unica apparsa in grado, prima di tutto dal punto di vista strategico, di dare filo da torcere all’oro olimpico Jorgensen. Inoltre le sue imprese hanno portato in auge le Bermude, che sul piano sportivo prima erano ritenute solamente patria di velociste nell’atletica e nulla più.

La numero 1 non può non essere Gwen Jorgensen, che sta riscrivendo tutti i canoni legati a questa disciplina. A molti non piace, perché la sua superiorità nella prova finale svilisce il valore delle altre due, ma d’altronde l’americana ha il solo compito di vincere e se lo fa privilegiando il suo asso nella manica, nessuno può darle contro, semmai si può provare a metterla in crisi con tattiche diverse nelle altre due frazioni. Intanto però il titolo olimpico è suo e nessuno potrà mai toglierglielo…