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Kipchoge, quando vincere non basta

di - 27/09/2017

Torniamo a mente fredda a parlare della Berlin Marathon, la “sfida delle sfide” che ha lasciato tutti delusi per il primato mondiale tanto annunciato che alla fine non è caduto e per la sfida fra Kipchoge, Kipsang e Bekele che non si è vista. Se su questo secondo punto si può essere d’accordo, visto che i due sono saltati intorno al 30° km, per quanto riguarda il record va detto che i pronostici erano stati troppo improntati all’ottimismo, pensando continuamente a quanto Kipchoge ha fatto nel test di Monza voluto dalla Nike per abbattere il muro delle 2 ore. La prestazione del kenyano se da un lato conferma come quella dell’Autodromo di Monza in primavera fosse un’esibizione fine a se stessa, con troppe variabili tese a facilitare il suo compito, dall’altra conferma l’immenso valore del campione olimpico, arrivato in Germania con una pressione enorme addosso che ha saputo gestire allo stesso modo di come ha gestito da Padrone la corsa, tenendo a bada il sorprendente etiope Guye Adola, autore del più bel debutto nella storia dei 42,195 km. Il tempo finale di Kipchoge, 2h03’32” è pur sempre la miglior prestazione mondiale dell’anno e lo conferma come l’indiscusso numero 1 della distanza, ma Adola con il 2h03’46” si pone all’attenzione degli addetti ai lavori come l’ultimo nome nuovo della specialità. Da ricordare come lo stesso etiope, bronzo mondiale sulla mezza nel 2014, a marzo si sia aggiudicato la RomaOstia in 59’18”.

Se i tempi di Kipchoge e Adola sono di grandissimo valore, il fatto che solo in 6 siano riusciti a scendere sotto le 2h10’ significa che pochi hanno saputo approfittare della scorrevolezza del percorso tedesco. Diverso il discorso fra le donne, con il bis a due anni di distanza della kenyana Gladys Cherono in 2h20’23” con l’etiope Ruti Aga a 18” e la connazionale Valary Aiyabei a 30”. In 7 sono scese sotto le due ore e mezza e fra queste anche Catherine Bertone, che ha dato alla Fidal (che l’ha colpevolmente messa da parte dopo la bella prova di Rio 2016) la più bella delle risposte ottenendo il 6° posto in 2h287’34” che oltre a essere il suo personale e il miglior tempo italiano dell’anno è anche il record mondiale per la categoria W45. Insomma, un primato a Berlino è pur sempre caduto…

La vincitrice Gladys Cherono (foto organizzatori)

Nella domenica di Berlino era in programma anche la PZU Warsaw Marathon, gara Iaaf Bronze Label che ha offerto la vittoria del polacco Blazej Brzezinski in 2h11’26”, in un clima invernale con pioggia in alcuni momento battente. Non accade spesso che la pattuglia africana presente in tutti gli eventi internazionali di livello debba inchinarsi, questa volta il padrone di casa ha colto l’occasione entrando nella Top 10 europea dell’anno a scapito del nostro Stefano la Rosa. Brzezinski è stato autore di uno splendido finale staccando a un paio di km dalla conclusione il kenyano Justus Kiprotich, finito a 25”. Da notare che Brzezinski è allenato da Ryszard Marczak, vincitore della New York Marathon nel 1982. Fra le donne prima l’etiope Beji Bekelu in un modesto 2h35’09”.

Brzezinski all’arrivo in una Varsavia bagnata (foto organizzatori)