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L’importanza del recupero

di - 24/03/2023

recupero

Se dovessero chiedervi qual è la parte più importante del processo di allenamento, cosa rispondereste? Quanti di voi direbbero: “Il recupero”? Invece è proprio così: nel tempo che intercorre tra una seduta e l’altra, o tra diversi microcicli di allenamento, il corpo mette in atto una serie di processi adattivi che gli permettono di migliorare la propria capacità di prestazione. Questo processo è chiamato supercompensazione. Scopriamola insieme al prof. Davide Nappo.

 

Supercompensazione

In pratica, quando ci alleniamo, induciamo uno stimolo che turba l’omeostasi del nostro corpo, potremmo dire che suoniamo una sveglia che altera l’equilibrio dei nostri sistemi. Se la sveglia suona abbastanza forte e in modo riconoscibile, cioè lo stimolo allenante è corretto e specifico per quel dato individuo in quel momento, alla fine dell’allenamento il corpo cercherà di adattarsi, di modificarsi. Come? Mettendo in atto una serie di funzioni che gli permetteranno di essere più pronto se e quando la sveglia suonerà di nuovo. Questo può voler dire migliorare alcune funzioni energetiche, aumentare la massa muscolare, perfezionare il modo in cui respiriamo, irrobustire le strutture tendinee e articolari, ecc… Ovviamente questo processo adattivo ha un costo in termini di energie, funzioni vitali, e richiede al corpo un lavoro per nulla scontato.

 

L’importanza del riposo…

Per questo motivo la supercompensazione necessita di un determinato tempo durante il quale il corpo è “occupato” e non è nelle condizioni fisiologiche ottimali. I giusti tempi di recupero sono quindi la parte fondamentale del processo di allenamento. Se la sveglia dello stimolo allenante suona troppo spesso, il corpo non ha tempo di adattarsi, diventa semplicemente una macchina che consuma se stessa, e l’atleta sta di fatto perdendo tempo, oltre ad aumentare il proprio rischio di infortuni e di sovrallenamento.

 

… e della costanza

Anche se la sveglia al contrario suona troppo saltuariamente, il processo adattivo non avviene in modo corretto. Il corpo inizia ad adattarsi, ma non è consistente nel farlo e quindi, nei tempi morti tra una seduta e l’altra, rientra di fatto nel suo equilibrio iniziale senza miglioramenti significativi.

 

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Programmiamo al meglio

E quindi come andrebbero gestite frequenza e intensità dell’allenamento? Innanzitutto una programmazione dell’allenamento corretta e misurata sulle nostre capacità e caratteristiche dovrebbe consentirci di allenarci in una finestra di stress sempre gestibile, anche in rapporto alle nostre attività quotidiane. “Tirarci il collo” fino al limite ogni singola uscita non serve a nulla. Nella maggior parte degli allenamenti dovremmo ricercare costantemente buone sensazioni e percepire piccoli, ma costanti, miglioramenti. Arrivare sfiniti alla fine della sessione di training può essere utile per testare le nostre reali capacità, ma non dovrebbe accadere più di una volta ogni 14-20 giorni. Se infatti esauriamo le risorse fisiologiche del corpo, non ne restano per i processi adattivi della supercompensazione e i tempi di recupero si allungano tantissimo.

Pure in gara sarebbe utile imparare a gestirsi. A volte, anche se abbiamo indossato il pettorale, possiamo provare ad ascoltare le sensazioni e la prestazione senza arrivare al limite. Impareremo comunque qualcosa e magari potremo scoprire di esserci goduti di più il percorso o la sfida con gli avversari.

 

Rispettiamo i nostri limiti

Ma è possibile migliorare e spingerci al limite costantemente all’infinito? Ovviamente no. Innanzitutto bisogna ammettere che esistono limiti genetici e fisiologici in ognuno di noi, anche in rapporto al proprio stile di vita. Se però parliamo di allenamento, anche nel caso in cui la programmazione sia perfetta e calibrata, è fondamentale prevedere periodi di carico e periodi di scarico. Il corpo ha sì grandi capacità di adattamento ma, dovendo impiegare molte risorse in questo processo, ha bisogno anche di alcuni periodi di tregua per ricostruire le proprie riserve energetiche, ormonali e perfino psicologiche.

 

Periodo di scarico

Un fondamentale periodo di scarico, quindi, consiste nel ridurre in modo significativo il volume di allenamento per alcuni giorni, mantenendo invece la qualità e l’intensità quasi invariata rispetto alle settimane precedenti. Nell’endurance sarebbe buona norma prevedere una settimana di scarico ogni tre settimane di carico, per dare ai vari sistemi fisiologici del corpo il tempo di supercompensare correttamente.

 

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Riposo totale

Inoltre, un’altra regola aurea da non trascurare mai è quella di prevedere 10-14 giorni di riposo totale ogni 5-6 mesi di allenamento. Non bisogna essere preoccupati del poco che si può perdere in questa finestra di tempo. La possibilità di rigenerare le capacità adattive del corpo ci ricompenserà ampiamente con miglioramenti maggiori nei mesi seguenti.

 

Ascoltiamo le nostre sensazioni

Come capire quindi se stiamo recuperando correttamente, se l’allenamento sta andando nella giusta direzione? Innanzitutto dobbiamo imparare ad ascoltare le nostre sensazioni e i messaggi del corpo per monitorare il livello di stress. Un periodo di stanchezza può capitare a tutti per vari motivi, ma se iniziamo a sentirci svogliati e scarichi di energie durante l’allenamento, dobbiamo iniziare a porci qualche domanda.

 

Capire se ho bisogno di recupero: misuriamo lo stress del cuore

Oggi esistono in commercio molti orologi da allenamento che monitorano l’HRV, cioè la variabilità cardiaca, ma esistono anche diverse app gratuite che ci danno questo valore. L’HRV ci dice quanto il nostro sistema nervoso autonomo è stressato, cioè quanto sono impegnate le nostre funzioni di recupero. Monitorare questo parametro settimanalmente può essere utile a capire se stiamo facendo bene o stiamo esagerando, non solo nell’allenamento, ma anche nella nostra vita di tutti i giorni.

 

Non sottovalutiamo i dolori muscolari

Sempre in tema di sovraccarico e sovrallenamento, anche la persistenza di dolori muscolari per diversi giorni consecutivi è un segnale da non sottovalutare. Probabilmente stiamo esagerando. Allo stesso modo, accorgersi di cambiamenti ingiustificati nelle nostre abitudini alimentari o del sonno può essere un campanello d’allarme da non trascurare.

 

Monitoriamo i nostri progressi

E poi ovviamente ci sono il cronometro, i test e i risultati che ci eravamo prefissati a dirci se stiamo facendo bene. Se ci alleniamo in modo consistente ma, nonostante i nostri sforzi, non vediamo miglioramenti e, allo stesso tempo, non abbiamo belle sensazioni durante la corsa, dobbiamo iniziare a ipotizzare di cambiare qualcosa nella nostra routine di allenamento.

 

L’allenamento invisibile…

Potremmo avere bisogno di ridurre l’intensità o il volume settimanale, oppure anche di lavorare su alcuni fattori che potremmo chiamare “l’allenamento invisibile”. Si tratta di tutte quelle piccole accortezze che influiscono sul recupero e possono condizionarlo in positivo: alimentazione, riposo, stress, massaggi e cura muscolare, idratazione ed eventualmente anche integrazione.

 

Facciamo tesoro dei periodi positivi

Se invece tutto sta procedendo per il meglio, ci sentiamo bene e stiamo centrando i nostri obiettivi, non dobbiamo assolutamente pensare che sia una cosa scontata, anzi dobbiamo cercare di fare tesoro del momento, capire cosa ci sta portando nella direzione giusta e continuare senza strafare.

 

Diario di allenamento: come inserire il reupero

Per questo motivo tenere un diario di allenamento è un ottimo modo di essere critici e consapevoli rispetto al processo di training, del modo in cui viviamo la corsa e di allenarci con soddisfazione.

Buoni allenamenti a tutti!

A cura del prof. Davide Nappo (efficientrunning.it | info@efficientrunning.it)

Corro quanto basta, pedalo a giorni alterni, parlo troppo. Nelle pause mangio. Instancabile sostenitrice di quanto lo sport ti salvi. Sempre. Le mie giornate iniziano sempre così: un caffè al volo e il suono del GPS che segna l'inizio di un allenamento. Che corra, pedali o alzi della ghisa poco importa: l'importante è ritagliarmi un momento per me che mi faccia affrontare la giornata nel modo migliore.