Home

Scalando il vulcano Parinacota. Con le mie sole forze

di - 12/05/2025

parinacota bolivia Elena Casolaro
Ascolta l'articolo

Dal magazine 4Outdoor #2 del 2025, l’articolo di Elena Casolaro sulla salita al vulcano Parinacota, in Bolivia.

Alcune cose – di solito le più belle – non si possono programmare. Si scoprono, si decide di buttarsi, e poi non c’è da far altro che stare a vedere cosa succede. Il cielo sopra Sajama sembrava prendere fuoco mentre lo pensavo, con il vulcano come unico cono bianco in mezzo a un mare di rosso.

Scalare il Parinacota, fra Cile e Bolivia

Il Parinacota segna il confine tra il Cile e la Bolivia ed è esattamente quello che ti viene in mente se ti immagini un vulcano, con due versanti dalla pendenza talmente uguale che sembrano fatti col righello. Ma facciamo un passo indietro: l’idea di includere il Parco Nazionale Sajama nel nostro viaggio in autostop in Sudamerica è uscita fuori direttamente da una schermata di Google Earth, in uno dei rari bar con Wi-Fi del Sud della Bolivia. Non ci era voluto molto a ritrovarsi a mostrare il pollice su delle strade squisitamente secondarie, per coprire (con calma e facendo tutte le tappe necessarie) i quattrocento chilometri che ci separavano dal Parco. Negli ultimi trenta il Parinacota appariva già in tutta la sua prominenza, e anche se non avevamo ancora deciso se tentare la cima o fare un trekking più in basso, quella visione parlava già per noi. 

parinacota

Benigna

Arrivate in paese, abbiamo appoggiato gli zaini sulla panchina della piazza, davanti alla chiesa di epoca coloniale, ancora con il tetto di paglia e gli intonaci bianchi un po’ scrostati. Seduta davanti all’alimentari c’era la signora Benigna che filava lana di alpaca a mano: in uno spagnolo incerto mescolato con qualche parola in aymara ci ha invitato a entrare nel suo negozio/ostello/ristorante e abbiamo iniziato a tastare il terreno, dato che con i boliviani non si può mai andare dritti al punto. Ci ha detto che lei sul Parinacota era stata due volte, l’ultima 15 anni fa, e che per arrivare al campo base ci vuole una giornata di cammino.

Il dato combaciava con i 25 chilometri che avevamo visto sulla carta, ma noi ingenuamente pensavamo di chiedere a qualcuno di portarci al campo alto in fuoristrada per poche decine di euro. Ci siamo subito scontrate con dei prezzi molto più alti di quanto ci aspettassimo, e con un villaggio che inizia a ricevere delle attenzioni turistiche, malgrado sia incastrato in un angolino di Bolivia piuttosto remoto. Può capitare di vedere edifici di adobes (mattoni di fango) e con il tetto di paglia sfondato, funerali indigeni con un lama offerto in sacrificio ma anche ostelli dotati di internet, ristorante e noleggio di mountain bike.

Dopo un pomeriggio a bussare a tutte le case con una macchina parcheggiata fuori, abbiamo deciso che avremmo fatto le cose all’antica. Che quei 25 chilometri ce li saremmo fatti a piedi, e che ci saremmo guadagnate ogni metro di dislivello, zaino in spalla. Dai quattromila metri del pueblo di Sajama ai 6.319 della cima del vulcano. 

Vigilia

Piantiamo la tenda vicino al fiume, in uno spiazzo che di giorno è pieno di lama al pascolo, i quali di notte vengono ritirati dai proprietari. La mattina dopo la signora della lana ci serve un’ottima colazione, prepariamo gli zaini e iniziamo a camminare, mettendoci l’anima in pace: non sarà una passeggiata e ci faranno probabilmente male i piedi, ma c’è qualcosa che mi fa sentire un’eroina dell’anticapitalismo nel provare a salire questa montagna come l’aveva fatto la signora Benigna 15 anni fa.

La piana che separa il paese dalle pendici del vulcano è un’enorme distesa di sabbia nera in cui i piedi affondano, moltiplicando la fatica di ogni passo. Il Parinacota si avvicina lentamente, e ogni volta che alzo gli occhi è un po’ più grande, più bianco, più bello. Finalmente iniziamo a salire, il terreno è sempre nero di ceneri vulcaniche, la quota si sente e lo zaino pure, ogni pochi minuti ci fermiamo a tirare il fiato. Adesso il cono non si vede più tutto intero: siamo sotto la vetta bianca, stagliata contro il cielo azzurro. 

Poco prima della quota neve ecco il bivacco, meta di questa interminabile giornata di cammino. Il sole se ne è già andato dietro il vulcano e il vento è gelato. Montiamo la tenda e ci infiliamo dentro in fretta e furia a scaldare l’acqua. È la prima volta che dormo sopra i 5.000 e appena mi sdraio sento il mal di testa arrivare, puntualissimo. Chiudo gli occhi e mi metto le cuffie nelle orecchie, dentro il sacco a pelo, in una piccola pausa pre-cena in cui condenso tutti i chilometri e i respiri di oggi. Mangiamo polenta stringendoci per sfruttare al massimo il poco calore della tenda, e mi addormento ancora prima di rendermene conto. 

parinacota

Salita

All’alba iniziamo la salita alla vetta. La neve è perfetta, la durezza giusta per dare fiducia ai ramponi, che mettiamo quasi subito, ma senza sfondare. La traccia si inerpica su per un canaletto, le uniche impronte sono di ciaspolatori, ma già vecchie e ricoperte di un po’ di neve fresca. A mano a mano che saliamo inizia ad aprirsi la vista sul versante cileno del Parinacota, un’immensa distesa verde e ocra con qualche cima all’orizzonte, e dalla parte opposta sul Sajama, la vetta più alta della Bolivia.

Il ghiacciaio brilla sotto il sole di una giornata senza una nuvola, bianchissimo delle nevicate di questi giorni. È una montagna che svetta sulla pianura come solo un vulcano potrebbe fare, senza nessun rilievo a preannunciarlo. A mano a mano che saliamo si alza anche un vento feroce, ogni volta che devo esporgli la faccia sembra che me la strappi via: freddissimo, sferza così tanto che quasi non riesco a reggermi in piedi.

Appena guadagniamo la cima del canale il vento aumenta di dieci volte la sua forza, e anche respirare diventa abbastanza difficile. Esco dalla traccia per cercare riparo dietro un minuscolo rilievo, ma oltre a non proteggere dal vento mi spara in faccia una marea di sassolini. Riposarsi un attimo non è un’opzione, guardo la carta e risultano mancare ancora 500 metri di dislivello. È un colpo bassissimo per la mia motivazione, qualcosa mi fa pensare che oggi non sia una giornata da cima. Ci giriamo e torniamo giù, più o meno di comune accordo, con un po’ di amaro in bocca ma anche una certa soddisfazione.

bolivia Elena Casolaro parinacota

Dal basso

Scendendo, la temperatura sale, si risveglia la fame e tutto sembra sorriderci di più. Torniamo a vedere il Parinacota dal basso, tutto intero nel sole del mezzogiorno, non pare possibile essere state su quella cresta. Camminiamo fino a che possiamo in mezzo ai lama e agli alpaca, e ci accampiamo a un paio d’ore dal paese, vicino a un fiume la cui acqua ha un colore tale che ringrazio di aver comprato un filtro per questo viaggio. Verso le sette viene fuori un altro tramonto di quelli a cui questo posto ci ha abituato, il cielo tutto una porpora e un meritato riposo a una quota dove si respira fino in fondo.

Il giorno dopo calchiamo l’ingresso del pueblo e andiamo a mangiare da un’altra signora, che ci dà pollo fritto con riso e insalata. Entra il marito e inizia a chiederci dove eravamo, con che agenzia avevamo organizzato e qual era la nostra guida: è chiaro che vedendo due ragazze da sole non ritiene possibile che queste abbiano camminato fino al campo base e che abbiano fatto in tre giorni una cosa che si può fare in uno.

Ma il tempo non ci manca, le gambe nemmeno e anche se mi sarebbe piaciuto vedere il cratere sommitale, se tornassi indietro ci salirei ancora così, sul Parinacota. La soddisfazione di arrivare dove si arriva con le proprie forze non si può comprare con niente, e il panorama a 5.800 aveva un sapore tutto suo, con la neve croccante e il vento che non mi lasciava neanche tirare fuori le mani per fare una foto.  

bolivia Elena Casolaro

Il viaggio di Elena Casolaro in Sud America continua. Se vuoi seguirlo, puoi iscriverti a Strade. Una newsletter che parla di chilometri, di luoghi e di persone, ma soprattutto di storie.

Livornese di nascita ma montanara d’adozione, studia Geologia e sogna di fare la scrittrice. Adora raccontare storie e qualsiasi tipo di avventura, inoltre non sa stare ferma: è facile trovarla su qualche treno diretto verso le Alpi con uno zaino fuori misura da cui penzolano scarpette o piccozze (a seconda della stagione).