Sci, Surf e responsabilità ambientale: intervista a Lena Stoffel,. Pubblicata su 4outdoor magazine #4 2020.
Thanks to: Patagonia
Foto: Matteo Pavana
Lena Stoffel e la sua grande passione
Ciao Lena raccontaci come è nata la tua passione per lo sci.
A quanto ricordo, ho sempre sciato. I miei genitori sono maestri di sci e hanno sempre amato questo sport. Mi hanno messa sugli sci per la prima volta quando avevo due anni, in giardino. In seguito hanno anche gestito e allenato la squadra di sci locale.
Crescendo ho iniziato a praticare sci alpino e da adolescente ho fatto parte della nazionale juniores. Prima di diplomarmi però ho deciso che né lo sci, né tantomeno la mia vita potevano ruotare solo intorno allo sci alpino e ai cancelletti, così ho deciso di smettere.
Sono andata in Portogallo per sei mesi, per imparare a surfare, e lì mi sono innamorata dell’oceano. Venire a studiare a Innsbruck è stata una scelta naturale: è proprio in mezzo alle montagne e potevo andare a sciare anche quando avevo lezione all’università. Grazie al mio ragazzo mi sono avvicinata sempre di più al freestyle e al freeride, e, vivendo a Innsbruck, è stato molto facile appassionarmi a queste discipline e conoscere persone che condividessero il mio stesso entusiasmo.
Quando hai cominciato a pensare che questo sport poteva diventare una carriera, e che ruolo hanno avuto le gare in questo?
Dopo aver smesso con lo sci alpino, non avrei mai pensato di dedicarmi al freestyle in maniera professionale. Quando poi sono venuta a Innsbruck per frequentare l’università, a forza di studiare e sciare, mi sono avvicinata allo sport, ai trick e anche al freeride, finché non mi è venuto naturale cominciare a competere in qualche gara di freeride e freestyle qua e là.
All’epoca non c’erano molte ragazze che eseguivano trick ed era divertente, così ho continuato a sciare, soprattutto con i ragazzi, e sono entrata sempre di più nel mondo delle gare. Visto che il surf è l’altra mia grande passione, ho ottenuto un contratto di sponsorizzazione con Roxy. C’era una squadra di ragazze davvero fantastica, sia negli sport invernali che nel surf. È stata un’esperienza che mi ha ispirata e mi ha spinta ad andare avanti.
Nel 2008 ho conseguito la laurea triennale in Educazione fisica e riabilitazione sportiva. Quello è stato anche il periodo in cui è decollata la mia carriera agonistica nello slopestyle: ho partecipato agli X Games di Tignes 2010, girato con troupe cinematografiche europee e partecipato ai primi campionati mondiali di Salt Lake City nella disciplina dello slopestyle. È stato un bel momento, anche se piuttosto intenso, perché le gare sono sempre una grande sfida a causa dei tracciati, delle condizioni meteo, eccetera.
Quando hai lasciato le gare, l’allenamento e la partecipazione agli eventi, qual è diventato l’obiettivo principale per te e i tuoi viaggi?
Nel 2011 mi sono fatta male a un ginocchio mentre mi allenavo per una gara. Ho dato il massimo per recuperare e qualificarmi per le Olimpiadi di Sochi, ma nel 2013, proprio l’anno prima delle Olimpiadi, mi sono fatta male ancora. Mi sono resa conto che non avrei potuto gareggiare al meglio delle mie possibilità, ma ormai ragionavo anche in modo diverso e volevo concentrarmi su altri progressi.
Ho deciso di lasciare le gare e iniziare a vivere di più lo sci e la montagna in generale. Ho terminato la formazione come maestra di sci riconosciuta e poi ho iniziato a dedicarmi a progetti filmografici. Volevo solo godermi la neve fresca e le montagne, senza la pressione agonistica. Per me sciare è molto naturale, e lo è anche il freeride. Il mio obiettivo principale è diventato divertirmi con la neve giusta e le persone giuste.
Nei miei viaggi degli ultimi due anni ho sempre cercato di rimanere nello stesso posto per più tempo, in modo da immergermi davvero nell’atmosfera e nello stile di vita locale, per imparare e sperimentare come vengono fatte le cose in altre regioni e paesi.
In molti luoghi in cui sono stata ho fatto amicizia soprattutto con persone del posto, quindi ho avuto il privilegio di farmi accompagnare e di imparare da loro in molte delle mie avventure.
Lena Stoffel e ambientalismo
Siamo abituati a viaggiare e girare il mondo per rincorrere la neve, una risorsa limitata la cui esistenza è minacciata dal cambiamento climatico. Cosa ne pensi adesso di questo atteggiamento e del suo impatto ambientale?
Se guardo agli ultimi due anni o giù di lì, direi che avrei potuto ridurre parte dell’impatto dei miei viaggi e anche imparare a viaggiare in modo diverso.
A me piace viaggiare, mi piace sciare su montagne diverse e scoprire nuove culture. Mi sono sempre sentita privilegiata nel poter mostrare questi luoghi in tutta la loro magia e bellezza attraverso i miei occhi e la mia attività di sciatrice. Voglio ispirare gli altri a viaggiare in modo responsabile, sostenere l’economia locale e lasciare i posti così come li hanno trovati.
I viaggi, soprattutto in Giappone ma anche in Norvegia, hanno formato me e il mio rapporto con la natura, ma posso sempre ritrovare la stessa bellezza anche a casa. D’altra parte, sono pienamente consapevole della contraddizione. La neve è una risorsa limitata ed è sicuramente a rischio, e percorrere lunghe distanze solo per trovarla, soprattutto in aereo, non fa che aggravare il problema. Sto cercando quindi di ridurre al minimo il mio impatto personale e di mostrare attraverso il mio lavoro quanto è bella e quanto è importante proteggerla.
Vivi la stagione invernale in ogni parte del mondo: sotto quali aspetti ti sembra evidente la crisi climatica?
Mi sembra evidente nelle condizioni meteo anomale che stiamo sperimentando. In ogni località in cui sono stata nell’ultimo paio d’anni, parlando con le persone del posto, sembra che si alternino inverni estremamente secchi e inverni molto nevosi. Anche se personalmente sono sempre alla ricerca di neve e onde, mi rendo conto che le condizioni atmosferiche a cui siamo abituati stanno cambiando o addirittura scomparendo. Lo vedo soprattutto alle porte di casa mia, a Innsbruck, dove il ghiacciaio dello Stubai continua a ritirarsi.
Lena Storyteller
Hai sempre adottato un approccio davvero proattivo nei film, nelle foto, nelle produzioni artistiche e in altri contenuti. Cosa ti ha ispirata in questo?
Ho sempre voluto essere creativa. Viaggiando per i miei progetti, per lo sci e il surf, ho capito che la fotografia, la regia e lo storytelling sono gli ambiti in cui vorrei esprimere la mia creatività.
Il contatto con la natura che ho vissuto durante le mie avventure è piuttosto intenso e vorrei provare a comunicarlo al mondo, attraverso i miei occhi e le mie parole. Persino le sfide, sia fisiche che mentali che ho dovuto affrontare durante queste mie avventure, hanno reso le mie esperienze all’aperto ancora più intense. Sono questi momenti a ispirarmi, ed è divertente cercare di esplorarli in maniera autentica e, spero, stimolante.
Un film che mi ispira sempre è ‘Dark Side of the Lens’ di Mickey Smith.
Credo che le immagini, i filmati e le parole possano essere davvero potenti e che siano un mezzo importante per ispirare gli altri. È molto divertente cercare di creare qualcosa che sia bello, autentico per me e, sotto un certo punto di vista, diverso.
Dato che hai la capacità di raccontare le storie dietro i tuoi viaggi, senti la responsabilità di parlare dell’impatto del cambiamento climatico quando lo vivi sulla tua pelle?
Sì, certamente, e penso che questo sia un altro ruolo chiave che gli atleti svolgono oggi. Credo che gli atleti siano esempi molto significativi, sia per i piccoli che per i grandi, e in realtà per chiunque ami gli sport all’aperto. Sfruttare la voce che abbiamo per creare un impatto positivo è molto importante. Non sono mai stata un tipo da politica e sono più le esperienze vissute con gli amici, e l’amore per i miei sport e la natura a spingermi a informarmi sul cambiamento climatico, sulla mia responsabilità e sul mio modo di trattare l’argomento.
Sull’inclusione
Da atleta donna di sport invernali, ritieni che le cose stiano cambiando in meglio in fatto di inclusione?
Credo che siamo sulla buona strada. Ci sono sempre più donne che si cimentano sia con il freestyle che con lo slopestyle, e un numero sempre maggiore di ragazze giovani che scala le classifiche in queste discipline. Lo stesso avviene nel freeride e nello sci alpinismo, probabilmente anche grazie alla crescente copertura mediatica di settore dedicata alle donne.
Come filmmaker, poi, vedo che le donne sono maggiormente rappresentate anche nel campo dei film sulla neve. Lo scorso anno ho presentato il mio film al Kendal Mountain Festival e ho visto tanti film straordinari girati da donne. Dream Job ha vinto un premio e questi incredibili progetti si sono davvero distinti. Il pubblico era molto coinvolto e questo mi ha fatto pensare che, per i film incentrati su problematiche ambientali o con messaggi forti, avere una donna dietro la camera da presa significa avere uno sguardo completamente diverso, un altro modo per affrontare questi problemi e interessare il pubblico.
Praticare gli sport invernali in maniera consapevole è una questione su cui rifletto molto. Mi piace viaggiare, girare film e sciare, ma condividere le mie avventure può contribuire a volte a innescare conseguenze negative, come il turismo eccessivo e l’arrivo di nuovi visitatori che non si comportano in modo responsabile. Ad esempio, nelle isole Lofoten, le persone del posto dicono che ormai l’estate è invivibile, con turisti che affollano le spiagge ed escono fuori dai tracciati. L’ultima volta che ci sono stata, c’erano molti tour organizzati per lo sci che si erano portati guide personali dalla Germania, invece di lavorare con quelle locali. Questo è un problema che mi trovo spesso ad affrontare.
Cosa ti ha convinta a passare a Patagonia quest’anno, dopo una lunga carriera con Roxy?
Collaboravo con Roxy dal 2008 e mi è piaciuto molto il percorso con le ragazze, che sono state fonte di grande ispirazione. Il brand si impegna davvero per incoraggiare le donne e personalmente sono stata sempre sostenuta dai miei compagni di squadra, sia negli sport invernali che nel surf. Roxy mi ha aiutata a seguire la mia strada, a credere nel mio talento nel raccontare storie e a realizzare la mia carriera di sciatrice, con tante avventure straordinarie.
Sentivo però che era ora di passare a qualcosa di diverso, di più maturo e più incentrato sui problemi più urgenti del nostro tempo. Ovviamente Patagonia e i suoi atleti, sia sulle montagne che in acqua, mi hanno sempre ispirata. La storia dell’azienda e dei suoi fondatori, il modo in cui viene gestita tutta l’attività e la coscienza politica all’interno del brand sono molto stimolanti per me.
Mi piace il modo in cui Patagonia racconta le sue storie, soprattutto nei film. È un aspetto a cui mi piacerebbe contribuire. Non vedo l’ora di fare la mia parte per salvare il pianeta.
Cosa ti motiva nello sci (e non solo), e cosa vedi nel tuo futuro?
Mi diverto troppo a stare sulla neve, in montagna, con gli amici. La serenità e il divertimento che provo sciando sono incredibili: trovarmi in cima a una montagna, con l’aria fredda e una bella pista di neve fresca davanti a me… questo mi motiva.
Amo anche la natura meditativa dell’hiking, sia sulle piste alpine che nei boschi. A volte può essere faticoso, ma ha un lato meditativo ed è anche di grande soddisfazione, quando raggiungi una cima.
Cosa vedo nel mio futuro? Voglio conoscere meglio i posti da cui provengo, le montagne e le linee intorno a Innsbruck. Vorrei anche dedicare più tempo alle escursioni alpine ad alta quota. Speriamo che l’inverno sia buono. Potrei anche sciare nel giardino di casa, se ci fosse abbastanza neve. Come vedete, sogno in grande!