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Roma e le “Vacanze romane” di ArcheoRunning

di - 08/02/2023

roma

Roma è una città ricca di sfumature e di mille sorprese. Osservandola attentamente, ci si rende conto di come ogni scorcio ricordi un film in bianco e nero, un quadro dipinto a olio, una canzone o la sua storia millenaria. Per questo motivo, ho deciso di dare vita a un nuovo running tour che potesse riportare alla memoria una pellicola che ho profondamente amato e che ha fatto conoscere Roma in tutto il mondo, rendendola la meta desiderata da moltissimi turisti: “Vacanze Romane”. Ho così ideato The Roman Holiday running tour, aggiungendo ancor più dinamicità, curiosità e stupore a un film che ne era già ricco.

 

Via Margutta, partiamo da qui 

La partenza è da Via Margutta, piccola via del centro di Roma, nel rione Campo Marzio, zona nota come il quartiere degli stranieri. Alle pendici del monte Pincio, luogo di gallerie d’arte e di ristoranti alla moda, che anticamente ospitava botteghe artigiane e stalle. Nel film girato da William Wyler, qui abitava il giornalista Joe che ospitò la principessa Anna, inconsapevole di chi realmente fosse (se ne renderà conto successivamente), ed è proprio qui che nacque la storia d’amore tra i due.

 

Via Margutta, la Roma che affascina il cinema

Parallela di via del Babuino, la strada unisce piazza del Popolo a piazza di Spagna e famosa dopo il film, diventando residenza di personaggi famosi, tra cui il regista Federico Fellini che la descriveva così:  “Scale, scalette, corridoi che si aprivano fra gli orti, poi altre scale e scalette, un paesaggio verticale sommerso nel verde, fin sotto il viale di Trinità dei Monti”. 

Vissero qui anche la moglie, l’attrice Giulietta Masina, Anna Magnani, il pittore Giorgio de Chirico, Pablo Picasso e molti altri. In origine, però, via Margutta era una semplice stradina sul retro dei palazzi gentilizi di via del Babuino, ne ospitava i magazzini e le scuderie, oltre alle case degli artigiani che vi svolgevano le loro attività. In seguito, l’edera e i rampicanti hanno ricoperto le facciate degli antichi palazzi, e i negozi del Centro Storico hanno lasciato spazio alle gallerie d’arte e di antiquariato, alle botteghe d’artigianato e ai laboratori di restauro. 

Iniziò a essere conosciuta come la via degli artisti nel Medioevo, quando un artigiano ignoto vi aprì la sua prima bottega in cui realizzava ritratti, fontane e ringhiere, dando il via a una fiorente industria che attirò artisti da ogni parte d’Italia e d’Europa, in particolare inglesi, fiamminghi e tedeschi. Lentamente le baracche, le stalle e gli orti vennero sostituiti dalle loro abitazioni, da giardini graziosi e da nuove botteghe.

 

L’antica Via Dei Nari

Fino al 1600 si chiamava via dei Nari, dall’omonimo casato di una famiglia che, in questa zona, possedeva case e terreni. La sua denominazione attuale, però, ha origini incerte. Secondo alcune fonti deriverebbe da “Margutte”, soprannome vagamente dispregiativo di un barbiere corpulento, particolarmente brutto e non molto intelligente, che qui aveva la bottega. O anche, forse, dal suo cognome che era Margut, come risulterebbe dai registri anagrafici della Roma del XV, secolo che riportano un casato con questo nome.

Potrebbe anche derivare dalla contrazione volgare di “Marisgutia”, ovvero “Goccia di Mare”, un eufemismo per designare il ruscello maleodorante che scendeva dalla villa dei Pincii, la percorreva, e alla fine sfociava nel Tevere. Nell’Ottocento, però, il giovane monsignore Francesco Saverio de Merode (1820-1874) acquistò l’area installando fogne e sistemando il piano regolatore del vicolo che da allora diventò una vera e propria strada. 

 

Prima tappa – Piazza di Spagna 

Qui Audrey Hepburn, alias la principessa Anna, gustò un gelato sulla scalinata di Trinità dei Monti. Simbolo tra i più conosciuti di Roma, sulla scalinata della Trinità dei Monti Anna e Joe si incontrarono. Mentre mangiava il gelato sui gradini, lui, dopo averla pedinata tutta la mattina, l’avvicinò fingendo un incontro casuale. La principessa “confessa” di essere scappata dal collegio e Gregory Peck le consigliò di prolungare la vacanza, così da poter realizzare lo scoop che aveva promesso al suo editore. 

 

Uno dei simboli di Roma 

Questa Piazza è una tra i simboli più famosi di Roma, amata oggi come in passato dai più grandi artisti del tempo. Uno tra i più importanti poeti inglesi, John Keats, decise di trasferirsi in un appartamento al civico 26, dove si spense il 23 febbraio del 1821 in quel palazzo alla destra della scalinata di Trinità dei Monti dove oggi trova sede la Keats-Shelley Memorial House. Ma non fu il solo, molti altri tra poeti e artisti decisero di trasferirsi nei dintorni di questa piazza che assunse questa conformazione tra il 1723 e il 1725, inaugurata per l’anno giubilare da Papa Benedetto XIII, composta da 135 gradini che collegavano l’ambasciata di Spagna (ecco il motivo per cui si chiama “Piazza di Spagna”) con la Chiesa di Trinità dei Monti.

Venne ideata da Francesco De Sanctis, che la progettò in maniera tale che, avvicinandosi, gli effetti scenici aumentassero man mano. Tipico della grande architettura barocca era infatti la creazione di lunghe, profonde prospettive culminanti con quinte o sfondi a carattere monumentale.

 

La Fontana della Barcaccia

Ma la scalinata non è l’unica “meraviglia” in questa piazza. C’è anche la Fontana della Barcaccia realizzata nel 1629 da Pietro Bernini, padre di Gian Lorenzo. Opera dove quest’ultimo iniziò a mostrare le sue qualità di scultore, probabilmente concludendola alla morte del padre. Funzionò da spartiacque poiché per la prima volta una fontana veniva concepita interamente come un’opera scultorea, allontanandosi dai canoni di Giacomo della Porta della classica vasca dalle forme geometriche.

Secondo una versione popolare molto accreditata, la sua particolare forma potrebbe essere stata ispirata dalla presenza sulla piazza di una barca in secca, portata fin lì dalla piena del Tevere del 1598 (nel cui ricordo il Papa potrebbe aver commissionato l’opera), ma si è anche avanzata l’ipotesi che la piazza fosse anticamente utilizzata come sede di piccole naumachie. In entrambi i casi il nome “barcaccia” richiama una vecchia imbarcazione prossima all’affondamento. Più verosimilmente, era chiamata “barcaccia” quel tipo di imbarcazione che, nell’antica Roma, veniva usata per il trasporto fluviale di botti di vino, e che, molto simile all’opera berniniana, aveva appunto le fiancate particolarmente basse per facilitare l’imbarco e lo sbarco delle botti stesse.

 

Seconda tappa – Fontana di Trevi

Più che Fontana di Trevi, il soggetto principale è Via della Stamperia, dove si trovava al tempo il barbiere dove la principessa si fece il famoso taglio di capelli lanciando una moda. Oggi il Barbiere non c’è più, sostituito da un anonimo negozio, ma passeggiando per quelle strade si può ancora percepire la presenza della principessa che cammina per poi fermarsi, incuriosita, di fronte a quella vetrina. Deciderà di dare un taglio (letteralmente) alla sua vecchia vita, inaugurando una nuova stagione della sua esistenza.

 

 

Terza tappa – Il Pantheon

Anche qui, come per via della Stamperia, il locale presente del film non esiste più, sostituito da un normale negozio di abbigliamento. Parlo dello storico caffè Rocca, angolo Piazza della Minerva. Il caffè dove la principessa e Joe si fermarono a fare colazione con champagne e caffè freddo e dove incontrarono l’amico fotografo che cominciò a scattare foto di nascosto. Qui, a differenza del precedente sito, riusciamo a scorgere nelle scene del film le colonne di uno dei monumenti rimasti intatti della Roma Antica, il Pantheon. Entrandovi, si fa un salto indietro di duemila anni, poiché tutto è rimasto di epoca adrianea. Non tutti sanno che quello attuale è il secondo Pantheon, voluto da Andriano nel 125 d.C. circa. La scritta che appare al di sotto del frontone, “Agrippa Fecit”, è una onorificenza voluta da Adriano nei confronti di Agrippa, che ammirava molto insieme all’Imperatore Augusto. Oggi abbiamo l’opportunità di vedere i materiali originali perché, a differenza di tutte le altre rovine romane che sono state sistematicamente spogliate nei secoli, il Pantheon nel VII secolo venne convertito in Basilica Cristiana. Infatti oggi è la Basilica di Santa Maria della Rotonda o Santa Maria ad Martyres.

 

Quarta tappa – Piazza Venezia

Per arrivare alla nostra penultima tappa, si passa per Piazza Venezia, dove la principessa salì sulla Vespa V31 iniziando il famosissimo giro per Roma che rese il marchio Piaggio noto nel mondo. Sul tragitto si distinguono chiaramente luoghi come: il teatro di Marcello, uno dei grandi teatri di Roma, e il Colosseo.

 

Quinta tappa – La bocca della verità

Non tutti lo sanno, ma la reazione di Audrey Hepburn nella scena più famosa del film è autentica. Qui Gregory Peck finse di aver perso la mano all’interno della Bocca. L’attrice rimase suggestionata dalla leggenda e lo spavento nel film fu reale. Il grido che lanciò venne definito successivamente da lei stessa come “un urlo perfetto e appropriato”.

Poco prima dell’inizio delle riprese, Peck riferì al regista William Wyler che avrebbe preso in prestito una gag dal celebre comico Red Skelton. Ovvero che avrebbe tenuto la mano nascosta nella manica tirandola fuori dalla bocca della scultura al fine di spaventare la Hepburn. Wyler acconsentì e decise di ricreare la gag senza informare Audrey. Quando l’attrice non vide la mano di Peck uscire dalla scultura, lanciò un urlo. La scena è quella che gli spettatori hanno visto nelle sale cinematografiche di tutto il mondo.

 

 

Il volto della Bocca della Verità

Il volto che compare nella Bocca della Verità è la rappresentazione di vari soggetti: Giove Ammone, il dio Oceano, un oracolo o un fauno. Il mascherone era un chiusino della Cloaca Massima. Nel periodo della Roma Antica i chiusini, comunemente definiti tombini, riportavano spesso l’effigie di una divinità fluviale che beve l’acqua piovana. La scultura risale al I secolo avanti Cristo, si trova nei primi Mirabilia Urbis Romae, antica guida medievale per pellegrini, dove alla Bocca venne assegnato il potere di formulare oracoli. Il nome “Bocca della Verità” comparve nel 1485. In origine era collocata all’esterno del portico della chiesa. Fu spostata nel portico con i restauri voluti da Papa Urbano VIII Barberini nel 1631. Ma esistono ulteriori racconti popolari sulla bocca.

 

Leggende romane sulla Bocca della Verità

Nel Medioevo si diffuse la leggenda che fu Virgilio Marone Grammatico, un erudito del VI secolo, a costruire la Bocca della Verità, per i mariti e le mogli che avessero dubitato della fedeltà del coniuge. Nel XV secolo viaggiatori italiani e tedeschi ricordano questa pietra. In un’altra leggenda si parla di una donna infedele che, condotta dal marito molto sospettoso alla Bocca della Verità, riuscì a salvare la sua mano con un’astuzia. Questa è una delle numerose storie che racconto durante i miei running tour. Per conoscerle tutte non dovete far altro che seguirmi nei sei chilometri di light jogging tra le bellezze inimitabili della Città Eterna e ne rimarrete stupiti, in tutti i sensi.

Di Isabella Calidonna  |  foto: Roberto Capoccitti | ArcheoRunning.it

New Balance, fedele compagna!

Anche questa volta il running brand New Balance mi ha accompagnata in questo fantastico running tour.

 

Calzature 

Ho indossato le 1080v12, modello da running estremamente adattabile a ogni tipologia e stress di corsa. Si tratta di una scarpa particolarmente ammortizzata, grazie all’intersuola in Fresh Foam, che garantisce un comfort impareggiabile. Risulta un ottimo compromesso tra flessibilità e supporto, grazie alla tomaia con lavorazione e tecnologia Hypoknit. I running tour che organizzo mi portano spesso a indossare le calzature per intere giornate, e la 1080, grazie allo shape della suola piuttosto abbondante e alla tomaia avvolgente, mi dà una sensazione di grande comodità, senza trascurare l’ottimo supporto. Utilizzata nelle giornate più calde e afose, si è dimostrata decisamente traspirante. Il design complessivo alla moda l’ha resa perfetta da calzare anche con un paio di jeans.

 

Rispetto per l’ambiente

Una caratteristica che ho apprezzato moltissimo è che la 1080 è rispettosa dell’ambiente. Infatti i materiali con i quali è assemblata sono per il 50% provenienti da fonti responsabili.

newbalance.it

Corro quanto basta, pedalo a giorni alterni, parlo troppo. Nelle pause mangio. Instancabile sostenitrice di quanto lo sport ti salvi. Sempre. Le mie giornate iniziano sempre così: un caffè al volo e il suono del GPS che segna l'inizio di un allenamento. Che corra, pedali o alzi della ghisa poco importa: l'importante è ritagliarmi un momento per me che mi faccia affrontare la giornata nel modo migliore.