State già iniziando a pianificare la vostra stagione agonistica 2016, ma siete frenati dalla frazione di nuoto in acque libere?
Vi è capitato di non sentirvi a vostro agio in acqua e non siete così sicuri di riprovarci?
Sono molti i triatleti che riportano, dopo le gare, di aver avuto degli “attacchi di panico”: ma abbiamo una buona notizia per voi, potrebbe trattarsi di qualcosa di profondamente diverso, con origini fisiche e non psicologiche, quindi sicuramente risolvibili in maniera molto più semplice!
Molti triatleti, come anticipato, spesso descrivono le sensazioni che provano in acqua come un vero e prorpio “attacco”: mancanza di respiro, senso di oppressione al petto, capogiro, sensazione di stordimento e di “testa leggera”.
I sintomi di un vero attacco di panico, però, secondo l’American Psychological Association (APA), sono i seguenti:
- Battito cardiaco accelerato
- Difficoltà di respirazione, sensazione come se “non fosse possibile incamerare abbastanza aria”
- Un terrore quasi paralizzante
- Vertigini, stordimento o nausea
- Tremori, sudorazione
- Sensazione di soffocamento, forti dolori al petto
- Vampate di calore o brividi improvvisi
- Formicolio alle dita delle mani o dei piedi
- La paura di stare per morire
Sempre secondo l’APA, però, “un attacco di panico è un improvviso aumento di paura travolgente che si manifesta nel soggetto senza preavviso e senza alcun motivo evidente.”
Nel caso delle competizioni di triathlon, invece, il motivo c’è ed è assolutamente evidente!
Ecco quindi che possiamo pensare che le sensazioni sicuramente brutte e spaventose che provate in acqua possano essere causa di motivi fisici e quindi risolvibili con qualche piccolo accorgimento e consiglio. Vediamone alcune insieme!
- LA CAUSA STA NEL COLLO
Nel collo? … quasi!
Il problema può risiedere nella carotide! Su entrambi i lati del collo, infatti, tutti noi abbiamo una carotide (una grossa arteria). All’interno della carotide, sotto la mascella, è situato il corpo carotideo, una piccola area che comprende sensori di pressione. Una pressione sul corpo carotideo segnala al vostro cuore di rallentare.
Questo riflesso è così sufficientemente affidabile che i medici a volte usano una leggera pressione sul seno carotideo per ridurre la frequenza cardiaca nei pazienti i cui cuori battono troppo in fretta. Secondo Selvin e Howland (1961), i maschi di età superiore ai 50 anni e con la pressione alta possono essere sproporzionatamente suscettibili al riflesso del seno carotideo.
La posizione del corpo carotideo, in alto sul collo sotto la mandibola, è solitamente fuori dalla maggior parte dei collari delle mute specificamente progettate per il nuoto. Tuttavia, molte cuffie in neoprene con sottogola potrebbero invece causarvi dei problemi se troppo strette!
Rimedio
Semplicemente assicurarsi che niente vi sta premendo sul collo!
Indossate perfettamente la vostra muta, controllate che il cavallo sia ben posizionato e anche le braccia, in maniera che così non tiri e non sia stretta sul collo.
Se usate le cuffie in neoprene, scegliete bene un modello che sia protettivo, ma non costrittivo!
2. LA CAUSA STA NEL… VISO!
Un secondo fenomeno fisiologico che può causare sintomi simili è dovuto al fatto che siamo mammiferi e ad una capacità, tipica appunto dei mammiferi, che si chiama “riflesso di immersione“.
Si definisce riflesso di immersione (o diving reflex o diving response) un insieme di reazioni a carico del sistema cardiovascolare e respiratorio che hanno luogo in tutti i mammiferi, soprattutto marini, al momento dell’immersione del volto nell’acqua e che sono finalizzate alla riduzione del consumo di ossigeno dell’organismo.
Tra le reazioni vi sono:
- Riduzione del battito cardiaco (bradicardia), fino al 50% del valore normale;
- Vasocostrizione periferica e concentrazione del sangue in alcuni organi, principalmente cuore e cervello;
- Aumento medio della pressione arteriosa.
La rapidità e intensità del riflesso è inversamente proporzionale alla temperatura dell’acqua: più questa è fredda, più le reazioni descritte sono forti.
Ecco perché vi può capitare di sentire nel vostro petto una specie di “guerra” in corso nei primi momenti di una gara: il vostro cuore rallenta, ma voi volete andare forte e quindi far aumentare i battiti. Questa sensazione così “scomoda” e non conosciuta può quindi farvi sentire in grande difficoltà, da qui la cosiddetta sensazione di “panico”.
Rimedio:
Tornate indietro con la memoria alle vostre prime lezioni di nuoto: fare le bolle!!!
Ancor prima di iniziare il vostro riscaldamento in acqua, una buona idea è quella di fare un riscaldamento della respirazione. Come? Facendo le bolle. Sì, facendo le bolle inspirando ed espirando forte.
Vediamo insieme come fare: una volta entrati in acqua, lasciate entrare un pochino di acqua nella vostra muta; galleggiate per qualche istante e cercate di regolare la temperatura corporea in maniera da non avere uno “shock termico”. Regolate belle la chiusura sul collo della vostra muta e poi immergete la testa. A questo punto soffiate, fate le bolle per una decina di secondi. Riposatevi un pochino con il viso fuori dall’acqua e ripetete per massimo un paio di minuti.
A questo punto sarete pronti per il riscaldamento vero e proprio!
Semplice, no?
Pensare a queste cause fisiche e facilmente risolvibili può essere di grande aiuto in acqua per calmarvi quando agitati: sapere che la soluzione è semplice vi rilasserà e vi farà trovare quella giusta lucidità per affrontare la vostra gara in maniera sicuramente più serena.
Vi siete convinti?
Bene, è allora giunto il momento di proseguire con la vostra programmazione e… iscrivervi alle gare. La stagione è alle porte!
Buone gare a tutti!
Fonte: www.teamusa.com