The North Face® presenta “Pobeda”: il cortometraggio racconta l’ascesa invernale di Simone Moro e Tamara Lunger sul Pik Pobeda, cima più alta della Siberia, che con i suoi -40°C è un luogo tra i più freddi della terra.
Tamara e Simone hanno raggiunto la vetta l’11 febbraio in poco più di 7 ore, alle 15.37 ora locale, e hanno poi impiegato altre 4 ore per fare ritorno al campo base, coprendo in 11 ore una distanza complessiva di 27,3 km e 2.0 42mt di elevazione. Si è trattato di una lunga scalata, caratterizzata da passaggi estremamente tecnici e dall’impossibilità, in caso di caduta, di essere raggiunti dai soccorsi.
“Pobeda” descrive il viaggio di Moro e Lunger in un clima estremamente ostile mentre si recano nella regione siberiana della Sakha (Yakutiya), una zona che ospita il più freddo insediamento abitato al mondo. Il luogo è noto per la temperatura più bassa mai registrata nell’emisfero nord, ovvero -71,3 ° C.
La coppia di atleti si è trovata in questo paesaggio desolato per tentare la vetta invernale del Pik Pobeda, che con i suoi 3.003 m è la montagna più alta della Siberia. Dopo un lungo tragitto di 13 ore di volo passando per Mosca, proseguendo per Yakutsk e raggiungendo Ust Nera, la “città fantasma”, i due hanno rischiato di perdere il minivan durante la traversata di un fiume di ghiaccio. Ci è poi voluta un’altra mezza giornata di spostamento via terra in mezzo alle nevi prima di raggiungere la loro sistemazione nel rifugio di un villaggio nomade.
Per i due alpinisti si è trattato di un nuovo tipo di salita invernale. Simone Moro, riconoscendo che stavano entrambi effettuando un nuovo tipo di esplorazione, ha dichiarato: “Se fossimo stati in Nepal o sul Karakorum, sull’Himalaya, nelle Ande o in Patagonia, avrei saputo esattamente cosa poteva succedere e mi sarei sentito a casa. Qui era un’incognita”
Simone e Tamara hanno sottolineato il ruolo che la gente del posto ha giocato nel loro viaggio, insegnando loro che le condizioni per l’arrampicata in Siberia sono completamente opposte rispetto a quelle di una salita himalayana, a loro più familiari.
Dopo alcuni giorni trascorsi nell’accampamento dei nomadi in attesa delle giuste condizioni metereologiche e consapevoli dell’importanza di ridurre al minimo il tempo da trascorrere in tenda, i due atleti hanno affrontato un’ascesa in velocità caratterizzata da passaggi estremamente tecnici.
Nonostante le condizioni davvero estreme, i due alpinisti hanno un ottimo ricordo di questa spedizione. “Ho avuto la conferma che sono innamorata dell’esplorazione” ha dichiarato Tamara, mentre Simona ha concluso: “Come esploratore ho avuta la conferma che ho ragione quando dico che l’esplorazione è ancora lì che aspetta qualcuno in grado di andare oltre e seguire quella direzione.”