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Siria | In viaggio con Dino Bonelli

di - 20/03/2023

siria

Corriamo silenziosi là dove la vita di un tempo è stata messa a tacere dall’inciviltà dell’uomo che, con le sue bombe ha dimostrato la sua ignoranza. Ci spostiamo in vie costrette tra palazzi bombardati e le loro lugubri macerie. L’aria, pulita e leggera, è comunque pesante, in noi c’è sgomento. Scopriamo insieme il racconto di Dino Bonelli.

 

La Siria e la sua storia

La Siria è da sempre un punto d’incontro commerciale molto ambito dai vari popoli che, nelle diverse epoche, lo hanno occupato. All’inizio questa regione fu contesa tra Egizi, Assiri e Hittiti, poi vi arrivarono i Persiani, il grande Impero Romano, i Bizantini, il famoso sultano Salah al-Din, i Mamelucchi, l’orda barbarica mongola e quindi gli Ottomani, solo per citare i più importanti. Tutti questi si portarono dietro la propria lingua, le proprie abitudini e le proprie religioni, molti costruirono importanti città mercantili e, ovviamente, imponenti edifici religiosi. 

Oggi di questo glorioso passato, nell’intera Siria, rimangono tantissimi siti archeologici, alcuni di una vastità e di una bellezza incommensurabili. Tra questi, immersa nel deserto a est del Paese, l’incantevole Palmira, anche detta “sposa del deserto”, ultimamente parzialmente danneggiata nella zona del grande tempio dalla ferocia e dall’ignoranza dei terroristi dell’ISIS, è in assoluto il più spettacolare. 

 

 

La Siria ai giorni d’oggi 

A causa del recente conflitto, qui il turismo non esiste più, e vedere questo luogo completamente vuoto ha evidenziato la sua grandezza in un suggestivo silenzio, per la gioia dei nostri occhi, ma ha anche rattristato i nostri cuori, che in automatico hanno collegato questa immensa desolazione alla tragedia umana dei conflitti che vi hanno avuto luogo. Plurale, sì, perché in contemporanea ci sono state sia la guerra civile sia quella contro il sedicente Stato Islamico d’Iraq e Siria, l’ISIS appunto. Un conflitto, quest’ultimo, che tra l’altro ha distrutto pure tutta la città moderna di Palmira, che prima dell’invasione dell’ISIS contava 70.000 abitanti, mentre oggi la popolazione stanziale è di circa 300 persone. Agghiacciante.

 

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I compagni di viaggio

Più a ovest, sulle colline tra le città di Hana, famosa per le sue storiche norie, le ruote idrauliche in legno che servono a sollevare acqua sfruttando la corrente del fiume da cui pescano, e Aleppo, c’è Apamea. Un sito archeologico anch’esso dell’era romana, molto meno conosciuto di Palmira, ma ugualmente affascinate nella sua diversità. Noi, vista l’ampiezza e la tranquillità del posto, decidiamo di visitarlo di corsa. 

Con me infatti, in questo viaggio un po’ fuori dagli schemi, tre amici runner: Marco Liprandi, 23 anni, dottore in ingegneria chimica, maestro di sci e trail runner da medie distanze con gli ultra nel mirino. Simone Bianchino, avvocato di 35 anni, runner part-time con un paio di 21 km terminate, e Maurizio Icardi, dentista di 48 anni, che per ora corre solo come esercizio aerobico in appoggio alla palestra, ma che sta già pensando a un eventuale sua prima maratona, tutti cuneesi. 

 

 

Visitare la Siria oggi

Un viaggio che si è potuto realizzare solo grazie all’organizzazione di BHS.travel, che con i sui contatti ci ha fatto ottenere i difficoltosi visti d’ingresso al Paese, ha ingaggiato una guida del Ministero Siriano, assolutamente obbligatoria, e ha avuto i relativi lasciapassare indispensabili ai tanti check-point armati disseminati su tutto il territorio. Inoltre, vista la complessità del viaggio, BHS Travel ci ha assistiti anche con la presenza in loco di una sua guida, il brillante Luca. 

Grazie a questi permessi speciali, abbiamo visitato inoltre il canyon di Maalula, sperso nel nulla e proprio per questo altra occasione per calzare le nostre scarpe da trail, i pantaloncini e la maglietta, e sgambettare nella stretta gola rocciosa. Anche qui, come ad Apamea, si corre un po’ insieme, poi ognuno dà sfogo alla propria falcata e alla propria curiosità e ci si perde per un tempo indeterminato, per rincontrarsi altrove. Il clima di metà novembre è ottimo sia per il nostro vagabondare turistico sia per le nostre corse. Ogni tanto grosse nuvole grigie si intromettono tra noi e il sole, attenuando più la luce che le temperature. Temperature che d’estate, ci conferma Shamel, la nostra erudita guida ministeriale, sono infuocate.

 

 

Homs

A Homs, terza città della Siria per numero di abitanti, dopo la capitale Damasco e Aleppo, io non corro per avere più tempo per fotografare e, mentre mi aggiro con la mia reflex tra le macerie di una guerra spaventosa, sento lacrime di sdegno e rabbia che mi solcano il viso. Un pianto leggero, quasi isterico, perché di fronte a queste distruzioni, a quella tragedia, non si può e non si deve rimanere impassibili, e quando un’emozione così forte penetra nella coscienza, si piange. Quello che abbiamo visto tutt’intorno alla grande moschea di Homs, la Khaled Ibn Al-Walid Mosque, dove il 15 marzo 2011 iniziarono le prime sommosse popolari che il regime provò a soffocare con la forza, è il ritratto a tinte opache della cattiveria dell’essere umano. 

A quella prima rivolta, ben presto si unirono i ribelli armati che risposero al fuoco dei militari, con una conseguente, forse imprevedibile ma inevitabile, stupida e assurda escalation di violenza. Centinaia di palazzi sventrati dalle bombe scaricate dal cielo, crivellati dai missili terra-terra, e scarnificati in ogni loro cosa utile, sono, quando ancora in piedi, irrecuperabili e agghiaccianti scheletri di cemento. Scheletri grigi e barcollanti che, come zombi, decorano e ben descrivono l’inferno che fu. Uno scempio che spesso mi blocca le gambe e mi invita a pensare.

Visto che ci è concesso, i miei compagni di viaggio optano per perlustrare la vasta zona circostante la moschea di corsa che, come noto, è il mezzo più rapido e versatile per ispezionare posti sconosciuti. Infatti il loro passo, se si escludono un paio di allunghi voluti per far girare la gamba, è discretamente lento, da esplorazione, per immergersi pacatamente in una devastazione e in un’angoscia senza fine. Un incubo che per la popolazione siriana terminò solo nel 2019.

 

 

Aleppo

Aleppo, che si contende con la bella Damasco l’etichetta di città ininterrottamente abitata più vecchia del mondo, prima del conflitto contava 4.600.000 abitanti, mentre nelle stime post guerra solo poco più di 1.850.000 persone. Una città che, vista la posizione geografica, è sempre stata un importantissimo crocevia commerciale, e il suo lunghissimo suq, parola araba che indica il mercato organizzato in corporazioni, ne era la dimostrazione. Era, appunto, perché la guerra, che anche qui ha fatto inenarrabili oscenità, lo ha ridotto per almeno metà della sua gloriosa lunghezza a un mesto cumulo di macerie.

Ci passiamo dentro, in abiti turistico-casual, per renderci ancora una volta conto del putiferio che fu. Immersi tra due ruvide cataste pietrose, a mesto ricordo di una vita sradicata via dalla violenza bellica, ci rechiamo in quel che resta dello splendore del suq, ora di nuovo parzialmente illuminato e operativo, a comprare il rinomato sapone di Aleppo e altre specialità culinarie a base di frutta secca e miele.

A Damasco, sulla via del ritorno, dopo le visite guidate di routine alle varie vecchie mura, chiese e moschee, ci immergiamo anche nella cultura locale con un rovente ed esilarante hammam, dove la nostra goffaggine di settore regala un sorriso, qui cosa rara, ai tanti frequentatori locali.

Testo e foto: Dino Bonelli

Corro quanto basta, pedalo a giorni alterni, parlo troppo. Nelle pause mangio. Instancabile sostenitrice di quanto lo sport ti salvi. Sempre. Le mie giornate iniziano sempre così: un caffè al volo e il suono del GPS che segna l'inizio di un allenamento. Che corra, pedali o alzi della ghisa poco importa: l'importante è ritagliarmi un momento per me che mi faccia affrontare la giornata nel modo migliore.