Così come la curiosità ha guidato l’umanità attraverso i secoli, anch’io sono stato spinto dalla sete di conoscenza a esplorare i miei limiti e a scoprire il mio potenziale nel mondo dello sport attraverso il Test Metabolico.
Testo e foto di Alessandro Pegoraro
“Da tempi immemorabili, l’umanità è stata spinta da una ricerca incessante. Dalle prime civiltà che contemplavano le stelle nel cielo notturno fino agli scienziati moderni che sondano i segreti dei laboratori di tutto il mondo, la nostra sete di conoscenza ha costantemente illuminato il cammino della nostra evoluzione…”
… ma questa sete di conoscenza non si limita al mondo esterno; si estende anche dentro di noi. L’interesse per la nostra biologia, per il funzionamento del nostro corpo e della nostra mente, ha costantemente animato la nostra storia, spinti a conoscere noi stessi, a scoprire i segreti nascosti delle nostre cellule e dei nostri processi fisiologici.
Tuttavia, nella vita quotidiana, spesso agiamo senza una pianificazione chiara o un obiettivo definito. Questo approccio casuale, apparentemente privo di direzione, può condurci a risultati altrettanto casuali. È come navigare in acque agitate senza una bussola: possiamo finire da qualsiasi parte, ma raramente arriveremo dove desideriamo.
La programmazione degli allenamenti
Nel mondo dello sport, questa verità diventa evidente. Gli atleti che si allenano senza una struttura o un obiettivo chiaro rischiano di fluttuare nell’incertezza, privi di una direzione precisa per il loro miglioramento. Correre senza una pianificazione basata su dati o una comprensione approfondita della propria fisiologia può portare a prestazioni altalenanti e frustrazioni.
Ecco perché ho deciso di intraprendere il test metabolico, convinto che la precisione e la chiarezza possano essere le chiavi per raggiungere il mio pieno potenziale nel trail running.
“In un mondo che spesso mette l’accento sull’aspetto competitivo dello sport, ho scelto di adottare un approccio diverso. Per me, correre sui sentieri rappresenta un’opportunità per connettermi con la natura. Per liberare la mente dallo stress quotidiano e per rafforzare il mio corpo e la mia mente.”
Test Metabolico, facciamo un po’ di chiarezza
Il test metabolico è un’esercitazione incrementale che porta l’atleta all’esaurimento, partendo da un’intensità inizialmente bassa e aumentando gradualmente a intervalli regolari. Si conclude quando l’atleta raggiunge il massimo sforzo, ossia, il punto di esaurimento. È fondamentale che non si protragga eccessivamente per evitare l’influenza della stanchezza periferica e della disidratazione.
Fascia cardio e mascherina
Durante il test, l’atleta indossa una fascia cardio per monitorare il battito cardiaco e una maschera dotata di una turbina e di un sensore dei gas. Questi strumenti consentono di misurare il consumo di ossigeno, la produzione di anidride carbonica e il volume totale di aria inspirata ed espirata. Inoltre, la maschera permette di monitorare il numero di atti respiratori.
Gli esperti di Inner Peak
Per sottopormi al test, ho scelto di affidarmi a Riccardo Bernabé e Luca Zenti di Inner Peak. Un laboratorio giovane e dinamico con sede a Bussolengo in provincia di Verona, specializzato negli sport di endurance. Inner Peak si distingue per la sua dedizione agli atleti e alla loro performance, offrendo un approccio personalizzato e innovativo. Che lo ha reso un punto di riferimento per gli sportivi che vogliono raggiungere il massimo delle proprie potenzialità.
La loro passione per lo sport e la loro competenza nel settore hanno reso la mia esperienza di test non solo istruttiva, ma anche appassionante e stimolante. La loro capacità di comunicare in modo accessibile e coinvolgente ha fatto sì che l’intera esperienza non solo fosse istruttiva, ma anche estremamente gratificante. Ho così pensato di farmi spiegare esattamente di che cosa si sarebbe trattato.
Strumenti utilizzati e parametri misurati
Un metabolimetro, collegato a una maschera che permette di analizzare il flusso di aria totale e di gas che vengono inspirati ed espirati, in particolare ossigeno e anidride carbonica. Oltre a questo, la fascia cardio si interfaccia direttamente con il metabolimetro così da poter interpolare i dati di frequenza cardiaca con quelli respiratori.
Parametri analizzati:
- volume di ossigeno consumato,
- volume di anidride carbonica prodotta,
- frequenza cardiaca,
- ventilazione,
- volume totale di inspirato ed espirato ,
- atti respiratori al minuto,
- massimo consumo di ossigeno assoluto,
- massimo consumo di ossigeno relativo (pro-kilo).
Parametri indiretti:
- quoziente respiratorio,
- stima di gittata cardiaca,
- pressioni parziali di ossigeno e CO2,
- polso d’ossigeno.
Quoziente respiratorio e informazioni fornite sul metabolismo dell’atleta
Il quoziente respiratorio (Q) non è altro che il rapporto tra il volume di ossigeno consumato e il volume di anidride carbonica prodotta. Nella parte iniziale del test, finché l’intensità risulta bassa, il volume di ossigeno risulta maggiore rispetto al volume di anidride carbonica, perciò risulterà un Q inferiore a 1 che indica un utilizzo sia dei grassi sia dei carboidrati come substrato energetico in percentuali differenti. Più basso risulta il numero, maggiore risulta l’utilizzo dei grassi. All’aumentare dell’intensità, la produzione di CO2 andrà a eguagliare il volume di O2 e perciò il quoziente respiratorio avrà un valore di 1. Un Q di 1 indica un utilizzo esclusivo dei carboidrati come substrato energetico. Tale valore nella maggior parte dei casi viene raggiunto a ridosso della soglia anerobica o VT2. Da quell’intensità in poi, la produzione di CO2 continuerà ad aumentare andando a sovrastare la produzione di O2. La quale raggiungerà una fase di plateau dovuta ai limiti fisiologici del soggetto. Il quoziente respiratorio, perciò, mi permette di conoscere il metabolismo dell’atleta che sto testando. E di conseguenza la percentuale di utilizzo dei diversi substrati energetici alle diverse intensità. In base al profilo dell’atleta e al modello prestativo delle gare alle quali parteciperà, grazie al quoziente respiratorio posso capire l’efficienza metabolica del soggetto e individuare le zone di un eventuale intervento.
Analisi dei risultati del test e informazioni ricavate dai grafici di Wasserman
Una volta terminato il test, l’operatore analizza i risultati ottenuti andando a “studiare” i diversi grafici che mostrano i trend dei parametri analizzati. I 9 grafici di Wasserman mettono in relazione i diversi parametri. Come per esempio volume di ossigeno, volume di anidride carbonica, frequenza cardiaca, ventilazione e pressione alveolare con il tempo e di conseguenza con l’intensità. L’operatore, osservando i grafici, individua i flessi, cioè variazioni di trend dei diversi parametri all’aumentare dell’intensità. L’utilità di basarsi su più grafici e non solo su uno, come per esempio il test Conconi, è quella di poter cercare con più accuratezza i due flessi (soglia aerobica e soglia anaerobica). Poiché si hanno a disposizione diversi parametri e non solo la frequenza cardiaca.
Il valore aggiunto del test metabolico rispetto ad altri metodi di valutazione
Tale test permette di avere un identikit approfondito del profilo dell’atleta sotto vari aspetti. Come per esempio il metabolismo, la capacità di utilizzo del diaframma durante la respirazione (analizzando atti respiratori e volume inspirato/espirato), polso d’ossigeno (capacità di estrazione dell’ossigeno da parte della cellula muscolare) e un valore oggettivo del massimo consumo di ossigeno dell’atleta (VO2max). Il valore principale di tale test però è la possibilità di individuare le due soglie, aerobica e anaerobica. Oltre che sotto l’aspetto del parametro dell’intensità (frequenza cardiaca/potenza/passo), anche in percentuale rispetto al massimo consumo di ossigeno (VO2max). Questo mi consente di capire la distribuzione delle due soglie rispetto al “motore” dell’atleta e perciò di individuare i suoi punti forti e i suoi punti deboli come, per esempio, una soglia aerobica ben consolidata o una soglia anaerobica molto lontana dal VO2max.
Identificazione delle soglie di allenamento e programmazione
Più che l’identificazione delle soglie in sé, le quali si possono ricavare in diversi modi, come per esempio con test diretti (lattato) o test indiretti (10000 m), è importante conoscere la distribuzione di esse rispetto al massimo consumo di ossigeno, come abbiamo detto prima. Con il test metabolico è possibile, infatti, individuare le soglie (aerobica e anaerobica) ma anche capire le zone di intervento per migliorare la prestazione. Avere comunque a disposizione le soglie dell’atleta, calcolate in maniera oggettiva, consente a lui o al suo coach di strutturare le zone di intensità in maniera corretta e di conseguenza tarare i lavori in modo ottimale. Per esempio, per lavorare sul VO2 e quindi sulla cilindrata dell’atleta non bisogna eseguire delle ripetute brevi a intensità massimale, bensì a un’intensità ben precisa.
Il test può dare indicazioni sul consumo di carboidrati ora?
Il test con il metabolimetro, come abbiamo visto in precedenza, permette di conoscere il metabolismo dell’atleta e cioè il diverso utilizzo dei substrati energetici (grassi e carboidrati) alle differenti intensità. Dal quoziente respiratorio si ricava infatti il consumo, alle diverse intensità, di carboidrati e grassi calcolati in grammi per ora. Conoscendo un’intensità media di gara, in base anche al modello prestativo di essa (differenza tra gare lunghe e corte, per esempio) è possibile stimare un consumo di carboidrati all’ora durante la competizione e di conseguenza consigliare un ottimale reintegro attraverso l’assunzione di gel/barrette e liquidi.
C’è differenza tra test per chi corre su strada e chi fa trail?
Sì, ci sono differenze sul protocollo di test a seconda che si voglia analizzare un trail runner o un maratoneta. Queste differenze sono dovute ai determinanti della prestazione che contraddistinguono i due diversi tipi di sport. Nella corsa su “strada” un determinante della prestazione fondamentale, oltre al “motore” dell’atleta, è la running economy, cioè l’efficienza del gesto tecnico della corsa (non si va forte se si ha un gran motore ma si corre male). Nel trail running, invece, oltre al motore dell’atleta, un determinante importante per la prestazione è rappresentato dalla forza degli arti inferiori e dalla tecnica di corsa con dislivello. Per tale motivo, quando eseguiamo test su trail runner, utilizziamo un protocollo diverso, con il treadmill fisso su una pendenza costante, rispetto ai maratoneti, con i quali il treadmill viene utilizzato in piano o al massimo con una pendenza dell’1%. Se usassimo il protocollo dei podisti sui trail runner, il rischio sarebbe quello di sottostimare i valori a causa della mancanza di economicità del gesto di corsa da parte dell’atleta, mentre con il protocollo corretto riusciamo a individuare in maniera ottimale le sue caratteristiche fisiologiche dell’atleta.
Com’è andata?
I risultati emersi dal mio test hanno rivelato dati sorprendenti e illuminanti sulla mia fisiologia e le mie prestazioni. Una delle prime cose che è emersa è la solidità della mia base aerobica. Con una soglia aerobica (VT1) al 76% del mio massimo consumo di ossigeno, conferma una consolidata e solida resistenza cardiovascolare. Tuttavia, c’è spazio per migliorare quando si tratta del metabolismo dei grassi. Il mio profilo indica che l’utilizzo dei grassi si esaurisce precocemente durante l’esercizio a bassa intensità, suggerendo un potenziale per ottimizzare la mia capacità di bruciare grassi come fonte di energia.
La soglia anaerobica
La soglia anaerobica (VT2) è un altro aspetto importante che è stato esaminato. È incoraggiante sapere che si trova al 90% del mio massimo consumo di ossigeno, anche se questo può essere attribuito a un livello di massimo consumo d’ossigeno che non è particolarmente elevato (53 ml/min/kg). Tuttavia, è emerso che c’è spazio per un miglioramento, soprattutto considerando che il mio basso valore di VO2max può essere influenzato da una taratura non ottimale delle zone di intensità durante gli allenamenti precedenti.
La respirazione
La mia respirazione è un elemento fondamentale per sostenere le mie performance atletiche e mi ha fatto piacere apprendere che la mia capacità ventilatoria a massimale è considerata buona, con un numero adeguato di atti respiratori al minuto.
Consumo di carboidrati
Un altro aspetto interessante che è emerso riguarda il consumo di carboidrati durante le attività di trail su medie-lunghe distanze. Qui, considerando la variazione dell’intensità dello sforzo fisico, che va da bassa ad alta intensità, si è osservato un consumo di carboidrati di 100/110 g/h, una quantità significativa che al momento non ho la capacità di sostenere. Questo è il motivo per cui, seguendo il consiglio di Luca e Riccardo, mi sono posto come obiettivo un consumo di 80/90 g/h. Questo è sicuramente uno dei dati che mi ha maggiormente fatto riflettere. Molto spesso, si tende a credere che sia sufficiente assumere qualche gel o barretta, magari acquistati al supermercato, senza preoccuparsi troppo dei valori nutrizionali, pensando che ciò sia adeguato per garantire il carburante necessario a raggiungere in forma il traguardo. Tuttavia, come ho potuto constatare, la realtà è diversa.
Un esame illuminante
Alla luce di tutto ciò, mi porto a casa un’esperienza indelebile. Oltre a fornirmi una visione dettagliata del mio stato fisico, mi ha regalato una nuova prospettiva su come gestire gli allenamenti. Affidarsi a professionisti esperti è fondamentale per ottenere risultati concreti e duraturi.
L’importanza di figure competenti
Il supporto di figure specializzate e di strumenti efficaci ha dimostrato di poter rimuovere dubbi e incertezze, evitando così di cadere nella trappola delle informazioni fuorvianti diffuse da una comunicazione spesso carente di basi scientifiche. Grazie a questa nuova consapevolezza, posso affrontare il mio percorso di allenamento con maggiore fiducia e determinazione, sapendo di avere a disposizione risorse valide che mi permettono di massimizzare il rendimento e raggiungere i miei obiettivi in modo più efficace e consapevole.