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Trail Running: la parola all’esperto

di - 08/06/2016

Chi di voi pratica Trail Running durante i lunghi pomeriggi estivi? Il Trail Running è una specialità della corsa a piedi che si svolge su sentieri in natura (montagna, deserto, bosco, pianura e collina) con tratti pavimentati o di asfalto limitati, che al massimo e in ogni caso non devono eccedere il 20% del totale della lunghezza del percorso.

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Questo termine venne ufficializzato con la prima competizione organizzata nel 1977: la Western States Endurance Run di 161 chilometri, sul Western States Trail, che unisce Salt Lake City nello Utah a Sacramento in California, sentiero utilizzato dagli indiani Paiute e Washoe. A questa seguirono altre competizioni simili, contraddistinte inizialmente dalla qualificazione di “Endurance Run”, ovvero “corsa di resistenza”. Tra queste, ad esempio: la Angeles Crest 100 Mile Endurance Run, che segue parzialmente il Pacific Crest Trail, e la Wasatch Front 100 Mile Endurance Run, nello Stato dello Utah.

Oltre ad essere un’attività autentica, nel senso che viene praticata in armonia con la natura e con gli altri, all’insegna della semplicità, della convivialità e del rispetto per ogni tipo di differenza, vanta anche numerosi benefici psico-fisici. Infatti, i vantaggi che derivano da questa disciplina sono molteplici: dai benefici cardiovascolari al potenziamento della muscolatura di gambe e braccia.

Già, perché nel Trail Running si usano i bastoncini da trekking, preziosi per scaricare le articolazioni nelle discese ripide o per aiutare la progressione nelle salite più impegnative. Inoltre, i pesi che si portano nello zainetto sono sempre ridotti e non gravano sulla schiena. Infine, è opportuno specificare che in Italia si è diffusa una particolare forma di trail running: le ecomaratone, definizione che identifica gare della medesima lunghezza di una maratona, ma corse appunto immersi nella natura.

Per comprendere nel profondo cosa spinge gli atleti a praticare questo sport, abbiamo avuto modo di scambiare due parole con Yulia Baykova, parte del Team Vibram.

Yulia

Sappiamo che hai avuto qualche problema fisico: come ti senti oggi?
Mi sento rinata ed emozionata perché sono ritornata a fare quello che amo di più! Sono tornata a seguire la mia passione e fare quello che facevo prima.

Come hai fatto a riprendere gli allenamenti e soprattutto dove e quanto ti alleni?
Ho ripreso gli allenamenti dal mese di novembre. L’hanno scorso mi sono dedicata alla riabilitazione, partendo praticamente da zero, camminando pianissimo, a 2 km all’ora, per 10 minuti massimo un quarto d’ora. È stata una cosa molto graduale. Dopo questa fase iniziale ho ripreso gli allenamenti, ma sempre in modo progressivo, con l’obiettivo di raggiungere l’intensità di prima. Ho fatto qualche lungo, 40 km in collina, ad esempio mentre mi preparavo alla Maremontana (n.d.r., dove si è classificata seconda tra le donne). I miei allenamenti solitamente non sono mai uguali, non faccio mai lo stesso lavoro che ho fatto il giorno prima o la settimana prima. Vado tanto a sensazione.

Che sensazioni provi quando corri e quando sei in gara?
Le sensazioni che si provo praticando trail running credo siano uniche. Perché il trail running è uno sport affascinante! Da una parte c’è la corsa, che forse è lo sport più antico del mondo e che rappresenta l’evoluzione dell’uomo e la cosa più naturale che possa fare. E poi c’è il fattore più “paesaggistico”, quello di scoprire i paesaggi, vedere panorami e scorci diversi. Si tratta poi di correre su terreni e percorsi molto diversi, è la corsa a 360°.. bellissimo!

Qual è il tuo kit perfetto per andare a correre? “Gli indispensabili” per quando fai un’uscita!
Se mi allena in città è sufficiente una buona maglia tecnica. Se invece faccio un’uscita più lunga, fuori città, sicuramente uno zainetto, una maglia a manica lunga di cambio, perché in montagna non si sa mai com’è il tempo, una giacca, dei guanti, cerotti, telefonino carico e ovviamente un paio di scarpe da trail con un ottimo grip, come le mie di Vibram!

Testo: Valentina Bonfanti
Intervista: Sofia Marchesini