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Viticoltura Eroica

di - 03/01/2020

Viticoltura Eroica: nelle vigne il sudore non è solo del trail runner

di Matteo De Paoli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

È più che altro una questione di equilibrio e di sopportazione.

Ecco i due elementi che caratterizzano la cosiddetta viticoltura eroica. E, credimi, di entrambe le cose ne avrai bisogno a bizzeffe se vorrai fare questo tipo di agricoltura estrema. Immaginati sull’ultimo terrazzamento a strapiombo. Sotto di te c’è il mare che si infrange contro le rocce, e, sopra, il sole alto luminoso, caldissimo, di agosto. Fiatone e sudore, mentre scendi attentamente gli scalini tra le vigne durante la vendemmia, sulla schiena una sorta di ibrido tra una cassetta e uno zaino – una gerla -, piena di grappoli. Non lo avresti mai detto, ma sembra pesantissima. Devi portare tutto velocemente in cantina, quasi di corsa, ma con grande cura per evitare che partano le prime fermentazioni spontanee. In questo caso potresti trasportare un cestello di Bosco, o di Albarola o di Vermentino. Che poi sono tutte e tre uve consentite nel disciplinare delle Cinque Terre. Vini liguri tra i più eleganti, snelli e salini. Perché fatti con uve che provengono da vigneti che prendono aria di mare diretta, e anche tutta la mineralità dalla terra grazie ai loro vigneti terrazzati. Qui si può parlare di verticalità della vigna che spesso si sposa con una verticalità del vino.

Ma che cos’è un vino verticale?

Sono vini caratterizzati da finezza e precisione, a volte da una purezza aromatica. Generalmente sono molto austeri nei primi anni di vita, ma con grandi capacità d’invecchiamento. Molto spesso un vino verticale nasce da vigne molto ripide. Dalla pendenza del terreno dipende infatti l’angolo di incidenza delle radiazioni, e quindi la quantità di energia solare che arriva alla superficie della vigna, massima solo quando i raggi del sole sono ad essa perpendicolari. È evidente quindi il contributo che può dare l’inclinazione del vigneto alla qualità del vino. Però più scosceso è un terreno, più difficile diventa coltivarlo. Ecco quindi che sarà solo e soltanto l’uomo a lavorarli, con enormi fatiche perché non avrà a disposizione le macchine agricole a suo sostegno. Il terroir dovrà essere curato manualmente, dalla lavorazione della terra alla raccolta dell’uva. Handpicked, i grappoli saranno raccolti a mano. Il vignaiolo eroico è colui che lavora anche con metodi ultra-tradizionali. Proprio come avviene in Valtellina, un altro luogo sacro per gli amanti del “vino-vero”. Venerato da personaggi come Giosuè Carducci o Mario Soldati, passando per un altro grande intellettuale e regista, recentemente scomparso, Ermanno Olmi, che proprio tra i vigneti di montagna registrò una delle sue ultime fatiche: “Rupi del vino”, film dedicato alla Valle e ai terrazzamenti costruiti “a secco” con vecchio sapere. In quei luoghi leggendari nasce un grande vino: il Valtellina Superiore. Un Nebbiolo completamente diverso da quello piemontese, come può essere quello delle Langhe. Si dice che in Valtellina arrivò addirittura nel Medioevo. Da secoli quindi con sudore e sacrifici la viticoltura tradizionale di stampo eroico ha attraversato i secoli arrivando a noi, oggi. In etichetta potresti trovare il nome di una delle cinque sotto-zone: Maroggia, l’ultima annessa, la più occidentale, Sassella, la più storica, che prende il nome da una Cappella e per il clima particolarmente felice viene nominata anche “Riviera di Valtellina”. Grumello, che prende il nome da un castello costruito nel XII secolo, che dà vini riconoscibili per l’aroma particolare, dominato dalla mandorla; l’Inferno, l’area più piccola, sottoposta a un costante stress-termico, dove la temperatura d’estate è molto elevata, infernale, ma che produce vini paradisiaci, di grande equilibrio, asciutti e tesi. Verticali, appunto. Per finire c’è Valgella, la sotto-zona più vasta, con vini morbidi e fruttati. Tutte queste sotto-zone danno vini, di grandissima classe ed eleganza. È strano ma nonostante la grande qualità erano poco conosciuti nel resto d’Italia, infatti erano soprattutto bevuti nelle stesse zone di montagna dove venivano prodotti o venivano esportati solamente nella vicina Svizzera.

Alcune volte per fare viticoltura eroica non serve una pendenza del terreno superiore al 30% o un’altitudine superiore a 500 metri sopra il livello del mare. Cambiamo latitudini, verso l’estremo sud italiano. Pantelleria è un’isola vulcanica dal fascino straordinario. Oltre a fare dei bagni stupendi nell’acqua cristallina sui fondali a strapiombo, è possibile anche fare delle passeggiate altrettanto affascinanti, calpestando la polvere nera di roccia lavica. È un’isola che non ha sorgenti d’acqua. Qui soffia sempre un vento fortissimo e la vite riesce a sopravvivere solo se coltivata ad “alberello”. Spesso leggermente infossata nel terreno, e circondata da muretti a secco, per consentire sia di essere riparata dal vento ma anche per raccogliere le goccioline d’acqua, che si creano con l’umidità, di cui si nutre. L’Alberello pantesco è patrimonio dell’Unesco. Non raggiunge mai grandi dimensioni, non supera mai l’altezza del ginocchio, e per coltivarlo serve tantissima pazienza. Anche in questo caso tutto viene fatto a mano. L’uva simbolo è lo Zibibbo, di origine antichissima, fenicia o araba. Si può considerare il Gewürztraminer del sud, per la sua anima e forza aromatica. L’uva può essere vinificata secca o nella versione passito. E forse in quest’ultimo caso raggiunge la sua massima espressione. D’altronde la parola araba, zabīb, vuol dire proprio ‘uva passa’. I grappoli, raccolti necessariamente in ginocchio, saranno stesi a terra e verranno essiccati sotto il sole. La viticoltura eroica non conosce confini, quindi, ma lo stesso sforzo e la grande qualità.