L’intimità di un’intervista vera, nuda e cruda di Carlotta Montanera a Anaïs Quemener, vincitrice per la seconda volta del duro asfalto della Semi du Mont Ventoux.
A cura di Carlotta Montanera – @runningcharlotte
Se vi capitasse…
Se vi capitasse di partecipare a una gara di corsa in Francia, che sia la Maratona di Parigi o la Mezza del Mont Ventoux, vi accorgereste che una buona parte delle runner esibisce nastri tra i capelli e brillantini sulle guance. Potreste pensare a un vezzo femminile, a una moda dedicata alle runner che vogliono vivere la gara con spirito “ludico”. Invece, se farete attenzione alle prime file, scoprirete un’atleta con A maiuscola, capelli scuri e lunghi, infiocchettati da nastri colorati, la pelle olivastra degli zigoni coperta di piccoli lurex, il sorriso smagliante, aperto, come una luna in mezzo al viso. È Anaïs Quemener, 1 metro e 51 centimetri di carica esplosiva, pronta a partire forte, a faticare duro, senza perdere entusiasmo. 2 ore 28 minuti e 48 secondi il suo personale sulla maratona, due volte campionessa di Francia di Maratona, 1h11’54’’ sulla mezza, 33’04’’ sui 10k, 16’05’’ sui 5k e 9’22’’ sui 3000 metri in pista. Tutti risultati del 2024, cosa che di per sé non sarebbe così strana se non fosse che Anaïs Quemener nel 2015, a 24 anni, è stata operata di un cancro al seno molto aggressivo. Chemioterapia, radioterapia, una mastectomia e cinque interventi per la ricostruzione con diversi rigetti terminati con l’ablazione dei seni. Un iter disseminato di ostacoli e l’incorruttibile volontà di riprendere la corsa: questo ha fatto di Anaïs un modello di forza e di ottimismo che ha saputo trascinare le donne francesi nel meraviglioso mondo della corsa. Fiocchi e trucco che le francesi portano con orgoglio nelle gare non sono una moda, ma il simbolo della forza che questa minuscola donna dalla forza incorruttibile mette in ogni suo passo. Anaïs Quemener è un modello da seguire e fiocchi e trucco brillantinato la sua firma.
“Tout ce que je voulais, c’était courir”, il libro
Quando l’ho incontrata alla Mezza Maratona del Mont Ventoux ero sinceramente emozionata. Avrebbe firmato le copie del suo libro che avevo appena terminato di leggere, “Tout ce que je voulais, c’était courir”, a oggi acquistabile su Amazon ma solo in francese. Io sono piuttosto piccola di taglia, ma davanti a lei sembro grande. Anaïs è minuta, la prima cosa che vedo di lei è il sorriso bianco, aperto “à banane”, come dicono qui. Ora capisco il suo nickname sui social, “Ana Banana”. Arrivo presto per avere l’occasione di farle una breve intervista e dietro di me si forma una coda infinita di runner con il suo libro in mano.
Il Mont Ventoux
Mi presento, le dico che l’indomani correrò anche io (lei detiene il record femminile della gara) e le chiedo perché ama tanto questa Mezza Maratona, massacrante e tutta in salita.
“La location è stupenda, ci sono tante cose da fare nei dintorni e la Provenza è incantevole. Ogni anno arrivo qualche giorno prima e resto un po’ dopo per visitare i dintorni. Questa mattina ho fatto una corsa di scarico e me la sono goduta. Per quanto riguarda il percorso di gara, io lo amo particolarmente perché è una sfida perfetta: la salita è la più dura d’Europa e poi non è una mezza maratona normale, è eccezionale, unica. Un salto al di fuori dal seminato e a me questo piace molto”.
A tu per tu…
La domanda sorge spontanea: Anaïs abita a Parigi e a Parigi le salite latitano. Come si è allenata per 1.600 metri di dislivello continuo?
“Questo è il punto veramente sfidante. Per preparare una gara in salita si deve avere la salita! Io ho trovato 500 metri con del dislivello, anche se non è abbastanza perché in un’ora su e giù arrivo a 400 m di dislivello totale. Ma forse anche questo è il bello, l’incognita.” Se lo dice lei fingo di crederci, anche perché è lei a detenere il record femminile della gara. Io ho fatto così tanta salita negli ultimi mesi per questa gara che spero di essere allenata, ma in effetti l’incognita di salire per 21 km consecutivi resta. La salita rimane comunque un allenamento molto educativo a mio avviso, perché la fatica che si fa negli allenamenti veloci con dislivello ti prende dentro. Gambe, cuore e polmoni esplodono all’unisono, insomma.
Ma Anaïs conosce la fatica ben oltre alla corsa, e forse è questo che fa di lei un’atleta speciale. Nel suo libro dichiara: “Quando fatico correndo ripenso alla fatica delle cure”. Come non immaginarlo? Così le chiedo che rapporto ha lei con la fatica.
“Nella corsa la fatica è obbligatoria, ma è una fatica bella. È buona, non fa male, non danneggia. Io la ricerco, la aspetto. Mi fa sentire viva”.
Una storia che abbaglia
Eppure, dentro questo corpo formato mignon, esonda la vita. Malgrado la sua storia complicata, malgrado il suo non voler stare sotto i riflettori, Anaïs Quemener abbaglia, il suo sorriso riempie la stanza anche mentre timidamente si schernisce. Il suo tono di voce è posato, delicato, ma la sua presenza emana forza. “Voglio che la malattia resti una parentesi della mia vita e non che mi metta tra parentesi. Dovesse succedere di nuovo, malauguratamente, saprò come affrontarlo, con le stesse armi con cui l’ho già affrontato: mio padre, la mia squadra, il mio sorriso e il mio sport.”
Da qualche settimana Anaïs Quemener ha annunciato la sua gravidanza. Sarà un maschietto.