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Correre e lasciarsi stupire a Ohrid, Macedonia

di - 10/02/2022

correre

Dino Bonelli è tornato in Macedonia, e più precisamente a Ohrid per correre e lasciarsi stupire da luoghi, stimoli e scorci fotografici inediti. Dopo gli stop forzati di questi ultimi due anni, con un amico, a ripercorrere sentieri conosciuti e altri no. 

Lasciamo la parola a lui… 

Essere stati in un posto non significa necessariamente conoscerlo bene, e questo mi è subito chiaro quando di corsa, con l’amico Marco Liprandi, 22enne maestro di sci con il trip per il trail running, ci immergiamo nella fitta rete di vicoli e stradine che disegnano la parte vecchia di Ohrid, Macedonia del nord. Ad aiutarci nell’orientamento, immersi nell’antico fascino del budello di questa cittadina medioevale, l’omonimo lago di Ohrid.

Tutto il resto sembra uguale. A ogni svolta il solito muretto a secco, la solita scala che sale o scende, e il solito fatidico bivio in cui decidere dove andare. A destra o a sinistra non ha importanza, e i cambi di direzione miei e di Marco sono dettati più dall’istinto che da un vero e proprio percorso da seguire.

Questa è il modo di correre che forse amo di più. Fatta di passi che si allungano senza tempo, laddove l’unico traguardo è dettato dai pensieri e dai nostri sguardi, che cadono qua e là, tra particolari architettonici intrisi di secoli di storia antica, rapide discese e angoli improvvisi da inseguire. 

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La giornata è soleggiata, ma nell’aria soffia un venticello autunnale che ci ha consigliato di mettere nello zainetto una giacca paravento. Chiese, monasteri e moschee, sparsi qua e là, sono la testimonianza che la città, in età medievale, fu uno dei centri culturali, religiosi e artistici più importanti della Penisola Balcanica e dell’Europa slava.

È domenica, alcune vie sono ornate da vistose bandiere che sventolano ad altezza d’uomo. Qualcuna ha l’inconfondibile sole nascente giallo su campo rosso, simbolo della Macedonia, altre hanno stemmi a noi sconosciuti. In giro non c’è quasi nessuno, il turismo domenicale di massa preferisce la passeggiata del lungolago.

Correre attraversando la storia

Immersi in un sapore d’antico continuiamo nella ricerca di quel passaggio che ricordo portare a una bella chiesetta isolata su uno spiazzo a strapiombo sul lago. Una larga e ripida scala in porfido ci riporta dove forse eravamo già passati al mattino.

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Se tutto va bene, tra poco dovremmo rincontrare una vecchia Zastava arancione, abbandonata e mezza arrugginita, che immortali nelle mie foto 10 anni fa. La macchina c’è, la strada stavolta è quella giusta. Ben presto l’asfalto lascia il posto a un selciato inizialmente sconnesso e poi quasi perfetto che si allunga in leggera discesa. Qualche albero a fare ombra e il camminamento che curva verso destra a seguire l’andamento naturale del crinale. Sotto, nei pressi della spiaggetta di Potpesh, il lago risplende alle luci di un sole che, raggiunto il massimo splendore, ha già iniziato la sua fase calante. 

Poi, quasi all’improvviso, bella come la ricordavo la chiesetta di St. Jovan Kaneo si staglia tra noi e un’insenatura del lago che le fa da sfondo.

Correre lì attorno significa passare in tracce che si rincorrono tra scalini sbilenchi e piani inclinati, tra zone d’erba rasa e lastricati antichi. Beviamo alla sua fontanella. Ci guardiamo intorno, scattiamo qualche foto, ci godiamo il momento. Poi, consci che ci saremmo comunque tornati prima di sera, lasciamo la chiesetta alla volta delle mura della zona alta, delle sue due belle e vecchie porte d’ingresso e dei tanti altri edifici religiosi.

Cartelli pubblicitari accompagnano il nostro correre. La leggerezza dell’azione di Marco, figlia di una gioventù che nelle mie gambe non c’è più, lo fa schizzare da una parte all’altra in un misto di corsa blanda e scatti di ogni genere. Mentre noi si sale e si scende per vicoli e scalini, il sole inesorabilmente tende al basso, come anche le temperature. La giacca paravento preventivamente presa solo per precauzione è ora il capo giusto da indossare per un’ultima sgambata verso la nostra amata chiesetta. 

Arrivati nuovamente alla chiesa, la strada mia e di Marco si dividono. Marco continua a correre, mentre io mi sposto alla ricerca di postazioni da cui immortalare il quadretto. Il grigio di una nuvola in lontananza si colora di un arancione tenue per poi trasformarsi in un rosso vivo che, in pochi minuti, diventa sgargiante. 

Un tramonto che incanta, uno spaccato di rara bellezza, un contorno splendente che noi adottiamo come cornice per la fine della nostra variegata corsa”.

Testo e foto a cura di Dino Bonelli

Corro quanto basta, pedalo a giorni alterni, parlo troppo. Nelle pause mangio. Instancabile sostenitrice di quanto lo sport ti salvi. Sempre. Le mie giornate iniziano sempre così: un caffè al volo e il suono del GPS che segna l'inizio di un allenamento. Che corra, pedali o alzi della ghisa poco importa: l'importante è ritagliarmi un momento per me che mi faccia affrontare la giornata nel modo migliore.