Pubblicità

Il Mekong di Oliviero Alotto

di - 06/04/2023

mekong

Scopriamo con le parole di Oliviero Alotto il suo viaggio di corsa lungo le rive del Mekong.

È abitudine piuttosto comune legare le performance degli atleti a ciò che fanno, tramutando tutto in numeri. Due volte l’Everest in 15 giorni, oppure i 100 metri piani in meno di 10 secondi. Alla fine l’ultima parola spetta al cronometro che, se non ha segnato centesimi per non dire millesimi di secondo, ha diluito il tempo in modo più light, 3-4-5 giorni. E se poi non sono proprio i secondi a definire il valore di un’impresa sportiva, sono i chilometri. Ha camminato per 1000K, come se si trattasse di una gigantesca pepita d’oro, ha corso per 40 maratone di seguito, ha sviluppato il maggior numero di metri di dislivello positivo. 

Record e imprese umane che, sin da quando ce ne viene data memoria, costruiscono giorno dopo giorno la scala tanto dorata quanto affascinante dell’Olimpo, degli invincibili, degli ultraumani. Esiste poi un’altra categoria di atleti, almeno questo è ciò che rientra nel mio umile pensiero, che illumina lo sport grazie a imprese di assoluto rilievo, pur vestite di abiti più morbidi, meno attillati, legate non solo alla performance. Nel nostro caso il running diventa strumento per raccontare, attraverso lo sport, continenti interi, grandi montagne, deserti sconfinati e verdi pianure. E così, come nel caso del nostro Oliviero, chi corre diventa narratore, dando finalmente voce vera ai propri sogni di atleta. (D.M.P.). 

 

Diario di bordo – Giorno 1

“Oggi giornata di corsa tra le 40.000 isole. Luogo incredibile sul fiume Mekong. Corso più di 40 km, incontrando contadini e passatori fino all’infinita bellezza delle cascate che si creano dove il fiume accelera e scende di livello. Ho potuto correre accanto ai molti orti che sorgono proprio sulla riva del fiume, e conosciuto pescatori e contadini che mi hanno fatto vedere quanto il fiume in questi anni sia sceso di livello. Qui il fiume è vita, ma la sua biodiversità è costantemente messa in crisi a causa del riscaldamento globale e dalla costruzione a monte di dighe sempre più grandi.”

 

mekong 2

 

La corsa come arte

Un’idea prende davvero forma quando la si racconta. Questa idea ha preso forma davanti a un piatto di Ramen mangiato a Torino, insieme a uno dei miei più cari amici e mentore, Riccardo, e sua figlia Anita. Sì, perché è lui che, quando ho avuto l’idea della Groenlandia, l’ha immediatamente compresa, e ha dato un’anima a questo mio modo di narrare il mondo. Riccardo si occupa da sempre di arte e di giovani artisti, e per lui queste mie “corse” sono una forma di arte. Arte come espressione di un sentimento profondo. Forse l’arte è un modo per dare vita a un pensiero che, sebbene non verrà capito, almeno, se esternato, verrà reso reale e non solo intrinseco. 

 

Di corsa lungo il fiume Mekong

Pensavo da tempo all’acqua, come uno degli elementi visibili del cambiamento climatico. Siccità uguale acqua, uguale ghiaccio, uguale fiume. Il Mekong è uno dei corsi d’acqua più lunghi del pianeta. Nasce in Tibet e finisce in Vietnam. “Correre lungo il fiume” fa parte della campagna #RunBefore2030, che da anni porto avanti insieme a Slow Food. Quando ho iniziato a progettare di correre lungo le sue sponde, dopo aver letto molto sugli effetti della siccità in questi luoghi, ho capito subito che questo sarebbe stato un viaggio a puntate. Avrei dovuto iniziarlo in Tibet, a 5.000 metri sul livello del mare, per vedere dove questo corso d’acqua prende vita. Purtroppo, oggi è praticamente impossibile arrivare in Tibet, così ho cominciato a studiare le cartine con attenzione e curiosità, per vedere quali fossero i Paesi che attraversava, cercando di capire dove i cambiamenti climatici fossero più evidenti. I fiumi sono il luogo dove nascono le civiltà, le città hanno sempre avuto origine sui fiumi, l’acqua è vita, l’acqua permette di irrigare i campi, di trasportare le merci, le persone. Per vivere questa nuova avventura, ho deciso di non raggiungere direttamente il Laos, ma di arrivare nel Sud-est asiatico in quella che per molti aspetti ne è una delle capitali, Bangkok.

 

 

Bangkok, qui è partito il mio viaggio

I fili conduttori di tutti i luoghi che ho visitato sono stati la corsa e il cambiamento climatico. Sostengo ormai da tempo che calpestare un luogo e attraversarlo con fatica ti porti a sentirlo tuo per sempre. Comprendere come oggi i corsi d’acqua stiano patendo credo che ci possa rendere tutti più consapevoli dei nostri atteggiamenti quotidiani. Sono convinto che il viaggio sia uno strumento incredibile di crescita individuale e collettiva. 

 

Scarpette e Via!

Il mio viaggio è partito quindi da Bangkok. Atterro all’alba e decido subito di vestirmi da corsa per iniziare a girare la città correndo, seguendo due itinerari, il caffè e alcuni Specialty coffee della città, per poi concludere sulle sponde di un canale e del fiume che la attraversa. Mi piace perdermi così per le strade, seguire un mio itinerario, assaporare i suoi caffè, mia grande passione. Anche perché nei giorni seguenti andrò a visitare alcune piantagioni di caffè della Thailandia, quindi voglio partire dalla tazza per arrivare alla pianta. L’indomani mi trasferisco verso nord, nella regione di Chanmai, dove voglio appunto andare a visitare i luoghi in cui cresce il caffè. Parto di corsa dalla città verso le montagne.

 

 

I Campionati Mondiali di Corsa in Montagna

Alcuni di questi luoghi sono stati protagonisti dei recenti Campionati Mondiali di Corsa in Montagna, con start e arrivo in città, quindi seguo un po’ di strade sterrate e sentieri per arrivare a 1.300 metri di altitudine. Qui mi trovo immerso tra piante di caffè e contadini che raccolgono, lavano e trasformano questa bacca in bevanda. Ogni volta che vedo lavorare i contadini mi rendo conto di quanto dobbiamo rispettare le materie prime che utilizziamo in cucina e nella nostra vita di tutti i giorni. Troppo spesso non diamo abbastanza importanza al lavoro che sta a monte dei prodotti finiti che portiamo ogni giorno a tavola! Ho corso tutto il giorno per arrivare qui e vedere come si raccoglie il caffè. Sono entusiasta di questo viaggio, respiro profondamente il significato della montagna e quanto essa abbia condizionato l’economia del luogo. La Thailandia la conosciamo poco, e non solo come Paese produttore di caffè di grandissima qualità. 

Con molta fatica la mattina riparto verso il confine tra Laos e Thailandia. Sì, fatica, perché la provincia di Chanmai mi ha affascinato moltissimo e non vorrei proprio andarmene, ma sento che ci tornerò. Mi aspettano tre ore di bus e poi altre tre verso il confine, quindi una frontiera, un battello.

 

Finalmente in Laos

Appena arrivo in ostello, incontro un ragazzo tedesco, uno brasiliano e un giovane del Laos che mi vedono mentre mi cambio per correre e mi chiedono di farlo insieme. La prima corsa lungo il Mekong non è da solo, ma con loro, al tramonto, immersi in un paesaggio mozzafiato. La mattina decido di correre di nuovo, quando è ancora buio parto per andare a vedere uno dei luoghi che mi hanno segnalato per capire quanto il livello del fiume sia più basso rispetto a qualche anno prima. Qui vedo i primi campi coltivati sul fiume. Due abitanti locali mi spiegano come fino a qualche anno prima il livello del corso d’acqua fosse decisamente più alto, e come esso sia fondamentale per coltivare i campi, che gli sono proprio a fianco. 

 

 

Plastica infinita lungo le rive del Mekong

Purtroppo non tutto ciò che vedo illumina la mia mente. Lungo il fiume incontro quantità incredibili di plastica, tutta ammassata sulle sponde. La plastica, che rappresenta un problema ambientale in forte crescita per questa regione, mi riempie i pensieri di una certezza. Molti rifiuti vengono scaricati nel corso d’acqua e poi trasportati verso il delta del Mekong, potenziali cause di enormi danni all’ecosistema e alla salute umana. Navigando il fiume, me ne rendo conto di continuo, ed è triste pensare che ciò che ne inquina le sponde ben presto si riverserà definitivamente in mare. 

 

Tornerò questo è certo!

Questo fiume mi affascina e, mentre navigo e corro sulle strade che lo costeggiano, vedo già il mio pensiero prendere forma: il prossimo viaggio sarà sul suo delta. Tutta questa plastica arriverà lì e, mentre me ne lascio indietro il ricordo, so già che la incontrerò ancora. Proseguo verso sud, alternando fasi di navigazione a fasi di corsa, per raggiungere il luogo da cui partirà la tratta più lunga. I 100 km che voglio percorrere tra le isole presenti sul Mekong, definite 40.000 isole, e Pakse. 

 

 

100Km ancora 

Ho scelto questo tratto, da percorrere tutto insieme, perché sono affascinato dalle isole e da uno dei punti in cui il Mekong è al massimo della sua ampiezza. Qui mi dicono tutti che l’agricoltura è fondamentale per il sostentamento della popolazione, che vive appunto di agricoltura e pesca, ma anche un po’ di turismo. A Pakse incontro Hilario Isola ed Enrico Ascoli, due amici che viaggiano ormai da un mese in Laos. Stanno svolgendo anche loro un lavoro sul fiume, in particolare sulle dighe che stanno cambiando profondamente questo luogo. Hanno percorso il nord del Paese, andando a esplorare zone decisamente remote. Finalmente, dopo giorni di solitudine, incontro loro due! Due viaggiatori, due artisti. Non hanno mai avuto a che fare con lo sport. Hilario è un artista, fotografo, scultore, agricoltore, produce straordinari vini naturali vicino a Pinerolo, Enrico Ascoli lavora sul suono, da sempre si occupa di musica e di sound design. Appena ci troviamo a cena capisco che il mio viaggio sarà “contaminato” da loro, e io farò altrettanto, dove la corsa incontrerà l’arte. 

 

Con Hilario e Enrico tra il isole del Mekong

Raggiungiamo il porto da cui partiremo per le isole, è sera tardi, buio ormai da ore. Troviamo un pescatore con una piccola barca che nel cuore della notte ci porta nell’isola dove dormiremo e da cui inizieremo l’esplorazione. La cena è a base di curry, una ciotola di zuppa straordinaria dal sapore dolce acido fresco, con profumi e gusto di erbe e verdure che non conosco, ma dicono essere locali.

 

Non sarà solo corsa

La mattina si parte a correre per il primo giorno, che prevede l’esplorazione delle isole. Capisco subito che non potrò fare tutti i chilometri che vorrei, perché per spostarmi da un’isola all’altra trascorre parecchio tempo, e non sempre ci sono i trasporti, ma poco importa. Inizio facendo il giro completo di una delle più grandi, poi con una piccola barca passo alle altre più piccole, e così via. Mi concentro molto sull’agricoltura del luogo, sul capire quali sono gli effetti di avere un fiume sempre più in secca, con sempre meno acqua. Mi sposto da un’isola all’altra cercando sempre di andare a visitare i campi coltivati. Piccoli appezzamenti di terra che affacciano proprio sul fiume, vera e propria energia vitale per questo habitat. 

La giornata si conclude andando a correre di fronte alle cascate, famose perché tra le più grandi e potenti del Sud-est asiatico. Resto assolutamente scioccato dai segni sulle rocce che segnalano dove fosse l’acqua fino a qualche anno fa e dove arriva ora. Nonostante la potenza attuale, il fiume si è ritirato moltissimo. Purtroppo non posso ripartire nella notte e correre al chiaro di luna come avevo previsto, non dovrei superare più di dieci isole prima di arrivare alla terra ferma, e la possibilità di rimanere bloccato è praticamente certa. Ormai è buio, mangio qualcosa, dormo, attendo le 4.30 del mattino per ripartire. Allaccio le scarpe nel buio totale dei tropici e mi rimetto in marcia. Il primo tratto sull’isola è di circa 10 km tra strade deserte e qualche contadino che va al campo. Sul fiume si vedono i pescatori che navigano sulle loro barchette, chi torna dalla notte, chi inizia una nuova giornata di pesca. 

 

Tra isole e piccole barche

Arrivo alla fine dell’isola e nessuna barca mi porta dall’altra parte del fiume, nessuno si ferma. Devo aspettare le 6.30. Una signora mi offre il caffè, il tempo scorre, arriva una barchetta, salgo e si parte. Dopo pochi minuti sono di nuovo pronto per correre, l’isola più lunga mi attende, la più remota. Corro lungo il fiume, su una strada di terra battuta, passo diverse case nel nulla, e ho spesso la sensazione di essere tra le prime persone occidentali che transitano da queste parti. Sicuramente ad attraversare di corsa quest’isola siamo stati in pochi. Mi imbatto in alcune piantagioni di riso e in un villaggio dove tutti gli abitanti sono riuniti per una sorta di assemblea. Mi fermo, sto un po’ con loro, cerco di capire come vivono, e poi riparto. Inizia a fare caldo, molto caldo, per fortuna in due case mi offrono acqua, riesco a bagnarmi la testa e riprendere, mi forniscono anche del ghiaccio che metto sul capo, tra la fascia e la frontale. Dura poco, ma mi rinfresca. 

 

Dalla rive del mekong verso l’interno

Per qualche tratto la strada abbandona il fiume e mi trovo a correre tra un tempio e qualche pascolo di bufale. Entro in un tempio, che pare abbandonato, molto emozionante. Sembro essere da solo, poi qualche monaco porta il cibo in omaggio al Buddha. Vita normale e vita rurale di persone e luoghi dove il tempo ha altri ritmi. Ancora un fiume da attraversare, poi inizia una lunga strada di terra battuta rossa, so che sono gli ultimi km che mi restano da fare da solo prima di trovare ancora i miei amici. Il giorno prima avevo corso 50 km e oggi sto superando i 60, eppure, come spesso accade in questi casi, complici i luoghi e il passo molto lento, tutto si sente tranne la fatica. Vedo di nuovo il fiume, devo prendere l’ultima barca per raggiungere dall’altra sponda i miei compagni. La corsa sta per terminare, mi restano poi gli ultimi km da correre per arrivare al luogo dove si conclude questo viaggio, il tempio di Wat Phu, un sito archeologico situato vicino al fiume Mekong, nella provincia di Champasak.

 

Il tempio di Wat Phu

Wat Phu è una testimonianza delle conquiste religiose e architettoniche del popolo Khmer. La struttura principale è una grande montagna del tempio, circondata da santuari ed edifici più piccoli. Questa montagna del tempio è un insieme di sculture di divinità indù, come Shiva e Vishnu, testimonianza delle credenze religiose del popolo Khmer. Non poteva esistere luogo migliore per terminare la mia corsa, il nostro viaggio, al tramonto, in un sito così ricco di energie. Correre qui mi regala ancora una volta la sensazione di aver vissuto un Paese nel profondo, anche se per poco tempo. La fatica mi ha permesso una totale empatia con il terreno e con le persone che lo abitano. Ho visto cosa il cambiamento climatico provoca, ho visto quanto sia importante l’acqua in queste zone dove non esiste alternativa all’agricoltura e non esiste alternativa per la loro sopravvivenza.

Scopriamo, con le parole e la corsa di Oliviero Alotto, la regione del Mekong

Di Oliviero Alotto  |  foto: Hilario Isola

Corro quanto basta, pedalo a giorni alterni, parlo troppo. Nelle pause mangio. Instancabile sostenitrice di quanto lo sport ti salvi. Sempre. Le mie giornate iniziano sempre così: un caffè al volo e il suono del GPS che segna l'inizio di un allenamento. Che corra, pedali o alzi della ghisa poco importa: l'importante è ritagliarmi un momento per me che mi faccia affrontare la giornata nel modo migliore.