Mathis Dumas è un atleta, Guida Alpina, influencer, filmer e fotografo fra i più apprezzati nel mondo della montagna, nonostante la giovane età. lo abbiamo incontrato per fare quattro chiacchiere su questo particolare progetto.
Il film OUT OF FRAME, presentato in anteprima domani sera a Milano a EOFT (European Outdoor Film Tour) sarà uno dei più spettacolari della rassegna cinematografica.
Racconta come è stato concepito e realizzato lo scatto fotografico che Mathis Dumas aveva in mente da circa dieci anni: un’highline tesa fra due Aiguilles del Monte Bianco e lo stesso a fare da fondale ad una passeggiata da brivido.
L’intervista
Ciao Mathis, se non sbaglio vivi a Chamonix, il paradiso delle attività alpine. E’ il luogo che ha influenzato le tue passioni o le tue passioni ti hanno portato a vivere lì?
Sono arrivato a Chamonix attirato dalla mia passione, in realtà sono originario della Provenza.
Cham è un luogo davvero strategico, per la presenza del Monte Bianco e non solo, ha vicinissime le montagne della Valle d’Aosta e della svizzera e a un’ora l’aeroporto di Ginevra, una gran comodità per me, dato che viaggio molto. Vivo qui da circa 10 anni e questo mi dà la possibilità di lavorare e vivere le mie passioni.
So che sei una Guida Alpina, Atleta, Fotografo, Filmaker e Influencer, e anche che sei molto giovane.
Sicuramente non ti annoi in montagna ma, in quale definizione fra quelle citate, ti riconosci maggiormente?
Oh non riesco proprio ad annoiarmi in effetti. La prima definizione che mi ha caratterizzato è quella di atleta, lo sono stato nel campo dell’alpinismo su ghiaccio, ma parallelamente ogni volta che andavo in montagna portavo con me la macchina fotografica, per poter condividere le mie esperienze con gli amici, con la famiglia, con tutti quelli che restavano a casa. E così sono diventato un fotografo, questa oggi è la definizione che mi calza meglio. Il fatto di filmare, di utilizzare il drone poi è una diretta conseguenza dell’evoluzione di questo mestiere. Oggi come oggi devi sapere usare tutti questi mezzi che la tecnologia mette a disposizione. Sei ti manca una di queste capacità non sarai mai al top nel tuo mestiere.
L’essere una Guida Alpina mi consente di lavorare in un ambiente difficile e a volte ostile, come quello dell’alta montagna. Gli atleti fanno cose sempre più al limite e sempre più rapidamente, se non sei al loro livello e non c’è sinergia fra te e loro, non riuscirai mai a fotografarli.
Il Film Out Of Frame fa parte della rassegna cinematografica EOFT. In sostanza documenta il tuo progetto di realizzare una particolare fotografia.
Quando è nata l’idea di questo scatto?
L’idea ha preso forma circa 10 anni fa, quando a Chamonix ha cominciato a prendere piede l’attività degli highliners. C’è un itinerario classico per lo skitouring che avevo cominciato a fare con gli amici prima e con i clienti poi, è quello nella catena delle Périades nel Massiccio del Bianco, qui vidi quelle guglie di roccia stagliarsi contro il cielo e pensai: “Wow, un giorno mi piacerebbe tirare una slackline fra quelle guglie e fotografare qualcuno mentre le attraversa, con il Monte Bianco sullo sfondo”.
Al tempo stesso pensavo che sarebbe stato bello mostrare al pubblico cosa c’è dietro uno scatto del genere. Perché siamo quasi assuefatti alle belle immagini ma spesso catturano la nostra attenzione solo per pochi istanti, prima che passiamo all’immagine successiva. Al contrario il lavoro dietro ad una foto del genere è complesso ed è giusto valorizzarlo.
Fra quali guglie avete teso la slackline, come si chiamano?
Non hanno un nome a dire la verità, forse nessuno le ha mai nemmeno scalate e in effetti scalare una delle due non si è rivelato per nulla semplice.
Che Distanza c’è fra le due cime?
Ci sono 69 metri fra una cima di roccia e l’altra ma calcolare la distanza effettiva prima di essere lì non era stato possibile, quindi prima di montare la linea ne avevamo solo una vaga idea. Non è una distanza record per un’highline ma il luogo è davvero unico e l’effetto è impressionante.
E’ più complesso pianificare una fotografia come quella che avevi in mente o realizzarla?
Il 90% del tempo di uno scatto del genere è occupato dalla pianificazione dello stesso. La composizione dello scatto è pianificata in anticipo, poi c’è la logistica, il meteo, il raggiungere il luogo e montare la linea, più tutto quello che in montagna non puoi prevedere. Lo scatto in sé occupa l’ultimo 10% del lavoro.
Cosa rende emozionante e unica una fotografia?
Si tratta di congelare un istante, ma quell’istante deve essere capace di raccontare una storia. Come nel caso di questa foto, guardandola penserai a come quell’atleta è arrivato fino lì, alle emozioni che prova, al vuoto e alle montagne che lo circondano. Per ognuno che guarda le emozioni saranno diverse ma uno scatto di qualità saprà farle vivere.
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