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Invernale al K2: intervista a Sergi Mingote

di - 20/01/2021

Intervista tratta dal #5 di 4outdoor magazine, fatta da Marco Melloni poco prima che Sergi Mingote partisse per il tentativo di salita invernale sul K2.

K2, c’è (c’era) ancora spazio per l’alpinismo

Con i suoi 8.611 m il K2 non può vantare il record di montagna più alta della terra ma quanto a difficoltà non può essere considerata seconda a nessuna. Più del 10% degli alpinisti che hanno tentato la vetta non sono tornati indietro e ad oggi la cima è stata conquistata con successo da meno di 300 persone.

Dopo 5 tentativi, a partire dal 1.902, la spedizione italiana, guidata da Ardito Desio, il 31 luglio 1954 raggiunse la vetta, tracciando quella che viene considerata la via Normale e che si snoda sulla cresta sud-est attraversando lo Sperone degli Abruzzi.

Dopo diverse ripetizioni e l’apertura di altre vie, fino ad un paio di anni fa ancora un paio di tentativi rilevanti non avevano avuto successo, la discesa con gli sci dalla vetta al campo base e il raggiungimento della vetta in inverno.

Il primo obiettivo è stato raggiunto nel luglio 2018 da Andrzej Bargiel, scialpinista polacco, dopo una scalata durata 60 ore, senza ossigeno. La seconda sfida sarà tentata quest’inverno dalla spedizione Seven Summit Treks, di cui faranno parte una decina di alpinisti, fra cui il catalano Sergi Mingote.

Come sappiamo, poco dopo che il team Nepalese ha raggiunto la cima, Sergi ha perso la vita. Vogliamo rendere onore alla sua memoria riportando le sue parole.

Sergi Mingote

L’intervista a Sergi Mingote

Di: Marco Melloni

Foto: courtesy Comunitylab / Millet

Ciao Sergi, la mia collega ti aveva intervistato ad aprile di quest’anno, dopo il tuo ritorno dal Cile a causa dell’inizio della Pandemia.

Avevi in programma di andare in Perù per acclimatarti sull’Alpamajo e poi recarti in giugno alla base dei Gasherbrum per tentare il Gasherbrum I.

Il progetto dei 14 ottomila è proseguito o si è dovuto interrompere?

Il COVID mi ha purtroppo costretto ad interrompere 14×1000 Catalonia Project. È stato davvero un peccato perché ero al massimo della mia forma fisica e preparazione atletica ed ero molto motivato a continuare la sfida.

Abbiamo visto che quest’estate ti sei impegnato in un viaggio estenuante con la bicicletta, ce ne vuoi parlare? Che obiettivo ti eri prefissato?

La verità è che Olympic Route è un progetto nato nel mezzo della pandemia. Ho tirato fuori il diario dei miei sogni e ho visto un grande viaggio attraverso l’Europa che avevo in mente di fare qualche anno fa. Ho raggiunto alcune delle vette più interessanti d’Europa e approcciato questo progetto nel modo più sostenibile possibile, senza impatto sull’ambiente.

Questa avventura è stata inoltre finalizzata alla promozione della candidatura dei Pirenei e Barcellona alle Olimpiadi invernali 2030. 7.000 km e 20 vette! Inoltre per me questo progetto ha segnato l’inizio di una grande collaborazione con Millet, il marchio di abbigliamento e accessori per il mondo verticale e l’outdoor. Il supporto del marchio e di tutte le persone che lavorano per Millet è stato importate: la scelta dei capi più performanti per il percorso in bicicletta, l’equipaggiamento per salire le vette, il coinvolgimento delle guide alpine di Cervinia di cui Millet è sponsor fino all’accoglienza degli atleti Millet Marco Camandona e Francesco Ratti. Una grande team per un grande marchio di cui sono felice di essere ambasciatore.

L’uso della bicicletta è una tua consuetudine per tenerti in forma o solitamente ti alleni in modo differente?

La bici, on the road e in Montagna e adesso la Gravel sono alla base del mio training sulle lunghe distanze. Ma non solo. Pratico running e climbing per tenermi allenato ma ora per la spedizione del K2 la parte più importante del mio training è l’alpinismo.

Oltre al Nepal sei stato in Pakistan diverse volte ormai. Qui hai scalato il Broad Peak e il K2 nel 2018, il Nanga Parbat e il Gasherbrum II nel 2019. 

Cosa ci racconti del progetto di solidarietà che hai avviato con Carlos Garranzo in quei territori, quale motivo vi ha spinti ad intraprenderlo e come procede?

Il Pakistan per me è un territorio davvero speciale soprattutto per le sue persone. La parte di solidarietà è importante per questo progetto. Con Carlos condividiamo le stesse idee e siamo allineati su tutto, ho piena fiducia in lui. Per noi “giving back” è un mantra che traduciamo in aiuti concreti e solidarietà; i portatori pakistani ci hanno accolto e supportato e il nostro impegno mi sembra doveroso nei loro confronti. Ad oggi abbiamo raccolto oltre 300 kg di prodotti essenziali. Scarpe, abbigliamento caldo e sportivo soprattutto per i bambini più piccoli; il nostro più sentito ringraziamento va a Millet e a tutte le aziende, team, persone che ci hanno supportato e aiutato in questo progetto di solidarietà.

E’ notizia recente che la spedizione di Seven Summit Treks e Dawa Sherpa ti hanno scelto per partecipare al tentativo di invernale al K2.

Che ruolo ti è stato dato?

Per me è stata una splendida notizia ma anche una grande responsabilità. Il mio ruolo sarà quello di co-lead del team di spedizione insieme a Dawa Sherpa. Una sfida immensa e molto molto motivante.

Sono stati annunciati nei giorni scorsi i nomi dei 10 alpinisti (oltre a quelli degli Sherpa) che prenderanno parte alla spedizione, sembra un gruppo piuttosto eterogeneo.

Alcuni scalano con ossigeno e altri senza, alcuni hanno all’attivo diversi 8.000, altri non hanno raggiunto nemmeno una di queste vette.

Alpinisti con capacità così differenti, impegnati in un progetto fra i più ambiziosi, come quello del K2 in inverno, come interagirete e che obiettivi avete?

Come giustamente dici, il team è eterogeneo ma questo non deve essere visto come un problema. La cosa importante è che ognuno di noi sia onesto circa le proprie abilità e possibilità, e soprattutto abbia la voglia di vivere questa sfida come un team. Negli ultimi giorni, altri colleghi hanno abbracciato questo progetto e siamo ormai un gruppo di circa 30 atleti e appassionati di montagna, questa è una grande notizia perché potremo contare su diversi team di lavoro. La mia idea per il K2 è lavorare il più intensamente possibile in quota i pochi giorni che il tempo lo permette.

Sei già stato sul K2. Seguirete la stessa via che hai già percorso?

Sì! Senza dubbio la nostra scelta è lo Sperone degli Abruzzi. Sulla base delle informazioni che abbiamo raccolto e l’esperienza di noi alpinisti, questa è la rotta più prudente e sicura anche se conosciamo tutti bene l’esperienza di Denis Urubko che ha dovuto interrompere la spedizione a 7.800 metri.

Hai all’attivo altre spedizioni invernali?

Nell’inverno 2005 sono stato in Nepal per salire su Tarpu Chuli, il picco con la posizione centrale nel santuario dell’Annapurna. Era l’unica spedizione nell’intera regione e le temperature erano davvero estreme, ma è questa la situazione in ogni spedizione invernale. Io non ho paura del freddo, mi spaventa molto di più il vento.

Una spedizione invernale su K2 per quale motivo non è ancora stata portata a termine e cosa potrebbe fare la differenza questa volta?

Davvero non lo so! Ci sono molti fattori da considerare: il tempo, l’equipaggiamento, lo stato di salute e la fortuna… o almeno non avere sfortuna! Io mi sto concentrando molto sulle

cose che dipendono da me, il mio training, la pianificazione della spedizione, la coesione del team… è su questo che posso dedicare tutta la mia energia.

Sergi Mingote

Ho sentito che con Millet stai lavorando ad un’attrezzatura specifica per il K2, cosa state progettando e dove farai i test?

Sì, sto lavorando fianco a fianco con il team Millet e in particolare sui nuovi materiali, più leggeri, più isolanti, più caldi e resistenti. Nuovi prodotti per l’inverno e spedizioni come quella del K2. In particolare stiamo lavorando insieme ad una nuova Down Suit e all’abbigliamento intimo e stiamo prevedendo un primo test sul Monte Bianco.

La collaborazione con Millet e il supporto del marchio nella spedizione sul K2 è per me fondamentale e motivo di grande orgoglio perché nel 2021 – quando io prevedo di raggiungere la vetta del K2 – il marchio celebra i 100 anni di storia che è la storia della montagna e dell’alpinismo e questa sfida al K2 in inverno segna una nuova tappa importante. Sono davvero entusiasta di essere parte della grande famiglia Millet.

 

Eva è nata e cresciuta a Roma, dove ha studiato giurisprudenza per capire che è una persona migliore quando non indossa un tailleur. Ha lasciato la grande città per lasciare che il vento le scompigliasse i capelli sulle montagne delle Alpi e presto ha scoperto che la sua passione per l’outdoor e scrivere di questa, poteva diventare un lavoro. Caporedattrice di 4outdoor, collabora con diverse realtà del settore outdoor. Quando ha finito di lavorare, apre la porta della baita in cui vive per sciare, correre, scalare o per andare a fare altre gratificanti attività come tirare il bastone al suo cane, andare a funghi o entrambe le cose insieme.