Home

Seguici su:

Polar Horizon, cronache dai confini del mondo

di - 04/02/2025

Lorenzo Alesi - Polar Horizon
Ascolta l'articolo

Lorenzo Alesi di professione fa lo sciatore, ed è sempre alla ricerca di un pendio nuovo su cui scivolare, della luce giusta e della neve bella. A marzo dell’anno scorso è salito su una barca a vela alla volta delle isole Svalbard, un luogo abbastanza a Nord da essere considerato ai confini del mondo.

Questo progetto ha portato tracce su linee vergini, il film ‘Polar Horizon: tales from the arctic edge’ e tanta soddisfazione. Ce lo ha raccontato nei pochi giorni trascorsi in Italia, tra un viaggio in Giappone e uno… chissà.

L’intervista a Lorenzo

Ciao Lorenzo, come funziona un viaggio di scialpinismo alle Svalbard?

Siamo partiti in barca dal porticciolo di Longerbear, ex città portuale già molto remota. Da qui abbiamo navigato tra i fiordi, e abbiamo trascorso dodici giorni a dormire in rada, attraccando ogni giorno in un punto diverso del pack, la piattaforma di ghiaccio che protegge la costa. La sequenza era questa: sceglievamo la linea da sciare, cercavamo un varco tra gli iceberg che ci conducesse all’approdo più sicuro, sbarcavamo sul pack col gommone e poi ci trovavamo davanti a un muro di ghiaccio per arrivare sulla terraferma, e dovevamo trovare un passaggio per salire. Abbiamo sciato sempre su pendii non tracciati, e molto diversi tra loro. La neve era compatta e molto gripposa: ottima per fare anche discese ripide, fino a 48°, senza essere costretti a fare delle curve saltate.

Quando siamo andati c’era il sole di mezzanotte, abbiamo dormito pochissimo e fatto anche tre gite al giorno. Il sole è sempre all’altezza delle cime, non scende mai più giù, gira intorno all’orizzonte e quando è basso è bellissimo vedere le cime specchiate nel mare, sempre molto piatto.

Lorenzo Alesi - Polar Horizon
Foto: Lorenzo Alesi

Qual è stata la sensazione più incredibile di questo viaggio?

Il forte senso di autonomia, la percezione di trovarsi da soli a due giorni di distanza da qualsiasi aiuto. E l’organizzazione della vita lontano da un approdo sicuro, in un luogo in cui ti senti davvero ospite su un altro pianeta, come non mi ero mai sentito altrove. Laggiù è chiarissimo che sei solo, arrivi in cima alle vette e dall’altra parte non c’è nessuna traccia di vita umana, solo altre valli e il mare. Questo sulle nostre Alpi non capita, c’è sempre un rifugio, una croce, una pala eolica, qualcosa che riconduca alla dimensione antropica. L’unica ancora al senso di ricovero, quando eravamo in viaggio, era il barchino. A vederlo dalle cime sembrava microscopico, ma era l’unico elemento che ci facesse sentire, almeno un pochino, a casa.

E poi ci sono i suoni: nel silenzio assoluto, si riescono a sentire il ghiaccio che affonda nel mare, le lastre che si scontrano tra loro mentre vanno alla deriva, i crepitii del vento nei fiordi, il verso dei trichechi e lo sbuffo del beluga, con cui abbiamo condiviso qualche ora di navigazione. Il silenzio è fatto di suoni in grado di lasciarti a bocca aperta.

Lorenzo Alesi - Polar Horizon
Foto: Lorenzo Alesi

Come è stato il rapporto con gli animali alle Svalbard?

Il rapporto con la natura e gli animali è stato tra gli aspetti più affascinanti del viaggio. Trichechi, volpi artiche, foche, orme di orso ovunque. Si vede che non sono abituati all’uomo, non fuggono ma ti tengono a debita distanza, come se fossi un altro animale. Che è quello che siamo, alla fine.

Nell’arcipelago ci sono circa 2.000 esemplari di orso, è fortemente consigliato che qualcuno nella squadra abbia il porto d’armi e una carabina. Ci sono però due problemi: il primo è che queste armi sparano a quindici metri di distanza, quindi bisogna essere parecchio vicini all’animale, e il secondo – forse più importante – è il fatto che uccidere un orso sarebbe come uccidere sé stessi: io non credo che ce la farei. La carabina può essere più una specie di deterrente per allontanare gli animali.

Lorenzo Alesi - Polar Horizon
Foto: Lorenzo Alesi

Un giorno abbiamo avvistato l’orso a un chilometro di distanza: dalla barca non l’avevo visto, poi mentre ci avvicinavamo alla costa con il gommone stavo facendo una foto con lo zoom ed era lì. Il tempo di tornare a prendere chi era già sbarcato a terra, e l’orso era già arrivato: ha percorso un chilometro in cinque minuti, camminando. Si avvicinava annusando, veniva dritto verso il luogo dove stavamo noi poco prima. È stato quaranta minuti lì a sfregarsi le zampe, poi se n’è andato. L’incontro è stato pazzesco, siamo rimasti tutti di sasso, ipnotizzati.

Lorenzo Alesi - Polar Horizon
Foto: Lorenzo Alesi

Avete avuto modo di toccare con mano gli effetti del cambiamento climatico in quei luoghi?

L’aumento delle temperature è sensibile anche alle Svalbard, e ha effetti su tutto l’ecosistema. In questi anni, lo spessore medio del pack di ghiaccio che circonda le isole si sta riducendo, tanto che si riesce a realizzare la circumnavigazione dell’arcipelago in stagioni in cui prima era impossibile. Anche la corrente del Golfo fa la sua parte, determinando la fusione del ghiaccio che costituisce i fiordi secondari.

La prima conseguenza di questo è il cambio di alimentazione degli orsi, la cui strategia alimentare prevederebbe di cacciare le foche – soprattutto quelle più lontane dal resto del gruppo – quando perforano il pack ed escono a prendere il sole. Ma se la piattaforma ghiacciata si riduce, per gli orsi c’è meno spazio per cacciare, fanno fatica e questo li induce ad attaccare i trichechi o a cibarsi degli uccelli.

Un altro aspetto non da poco riguarda le abitazioni dei locali, costruite su palafitte sopra il permafrost, che non è più così solido. Questo provoca danni alle case, che hanno già iniziato a registrare cedimenti.

Lorenzo Alesi - Polar Horizon
Foto: Lorenzo Alesi

Qual era l’idea del film ‘Polar Horizon: Tales from the arctic edge’? Siete riusciti a esprimerla?

Il film l’abbiamo girato tra Islanda e Svalbard; l’obiettivo era quello di esplorare un territorio ai confini del mondo, dominato dagli elementi e dalla fauna selvatica. Orsi, Foche, Balene, Trichechi, Renne, per trovare nuove linee da sciare, in un contesto in cui l’essere umano si percepisce come un ospite silenzioso e solitario.

Lorenzo Alesi - Polar Horizon
Foto: Lorenzo Alesi

Esplorare non vuol dire solo scoprire nuovi luoghi, ma imparare da essi, adattarsi e, soprattutto, rispettarli. Questo è un viaggio che mi ha cambiato, che ha arricchito la mia anima e che mi ha insegnato il vero significato di essere, semplicemente, un ospite di questo straordinario pianeta che chiamiamo casa. Le Svalbard mi hanno colpito più di qualsiasi altro luogo mai visitato. Rappresentano la bellezza selvaggia e incontaminata, dove il ghiaccio e il cielo si fondono in un paesaggio di straordinaria purezza. Si percepisce una connessione profonda con la natura che è difficile trovare altrove. La presenza dell’Orso Polare aggiunge un ulteriore livello di rispetto e cautela nell’esplorazione. Si avverte la sensazione di essere al limite del mondo conosciuto, e credo che questa siamo riusciti a trasportarla anche nel film.

Livornese di nascita ma montanara d’adozione, studia Geologia e sogna di fare la scrittrice. Adora raccontare storie e qualsiasi tipo di avventura, inoltre non sa stare ferma: è facile trovarla su qualche treno diretto verso le Alpi con uno zaino fuori misura da cui penzolano scarpette o piccozze (a seconda della stagione).