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Reel Rock Italia, BURNING THE FLAME, intervista esclusiva a Jacopo Larcher

di - 21/09/2023

Il 25 Settembre a Milano partirà il Film Tour italiano Reel Rock 17. Fra le tre pellicole in programma: “Burning The Flame“, racconto della scalata in libera della Nameless Tower in Pakista, da parte di Jacopo Larcher e Barbara “Babsi” Zangerl. Abbiamo incontrato Jacopo per intervistarlo in esclusiva, in attesa di vederlo in sala lunedì.

 

Ciao Jacopo, facciamo le presentazioni per chi non ti conosce. Da dove vieni, quando e come ti sei avvicinato all’arrampicata?

Ciao a tutti, sono nato a Merano e cresciuto a Bolzano in Alto Adige. Dopo le superiori mi sono spostato in Austria a Innsbruck dove ho vissuto diversi anni per poi spostarmi una decina di anni fa in Vorarlberg dove attualmente vivo.

 

L’inizio della tua carriera è segnato dalle competizioni Boulder e Lead giusto?

Si, a dieci anni ho iniziato ad arrampicare in palestra a Bolzano, grazie al CAI e quasi da subito mi sono avvicinato al mondo delle competizioni, non tanto per gareggiare quanto per la possibilità di viaggiare, incontrare e conoscere altri appassionati. Ho fatto gare fino al 2010 o 2011, quando ho deciso di smettere per dedicarmi alla roccia.

Come hai deciso di abbandonare le competizioni, cominciando a dedicarti alle vie lunghe, arrampicata trad e alle spedizioni?

Ho deciso di mollare le gare perché viaggiavo tanto, ma vedevo solo palestre, il mio tempo era totalmente assorbito ed ero curioso di conoscere veramente i luoghi in cui andavo. A quell’epoca ho iniziato ad arrampicare in falesia e fare blocchi, e successivamente è cresciuto lo spirito di avventura che mi ha portato all’arrampicata trad, alle vie lunghe e alle spedizioni.

 

Con Barbara, partner di vita e di avventure, condividete tutti i progetti di arrampicata?

No, in realtà no, portiamo avanti anche tanti progetti in modo indipendente e quest’anno ad esempio è successo spesso. Anche per via del nostro cane, che ha bisogno di stare con uno di noi.

 

L’intervista esclusiva a Barbara Zangerl

Reel Rock Italia, BURNING THE FLAME, intervista esclusiva a Barbara Zangerl

Fare sport con il proprio partner di vita spesso non è semplice, figuriamoci affrontare sfide come Eternal Flame alla Nameless Tower. Come riuscite tu e Barbara a conciliare il vostro rapporto personale e riuscite a conseguire risultati di questa portata?

Eh, ce lo chiedono in tanti. Non lo so nemmeno io, forse è perché fin dall’inizio abbiamo condiviso questa passione e l’affiatamento che sentiamo, che comprende fiducia e stima reciproche, è una cosa assolutamente naturale.

Un 7b+ in libera ad una quota di 6.000 m, ti sentivi al limite delle capacità o c’era ancora margine di manovra?

Alcuni tiri sono stati molto difficili, non tanto per l’arrampicata in sé ma per la pressione di alcuni fattori esterni, come il meteo e poi la quota.

 

Una via del genere come si protegge e che roccia avete trovato?

La Nameless Tower e questa via sono su di un granito perfetto e la via è abbastanza sicura. Ci sono fessure che la percorrono interamente e abbiamo utilizzato principalmente friends, qualche nuts, piuttosto che chiodi e spit dove presenti.

 

C’è stato un momento in cui avete dubitato di farcela?

Il meteo è stato il problema principale, nel 2021 non ci aveva permesso di fare nulla e anche nel 2022 era iniziata male. Poi per fortuna è cambiato e la finestra è durata anche piu’ del previsto, consentendoci di portare a casa il risultato. C’è stato un momento di difficoltà in parete quando il sole, scaldando la neve presente su una cengia sulla parte alta della parete, la scioglieva, bagnando la roccia. Perciò pur con meteo perfetto ci siamo trovati a poter scalare solo poche ore la mattina, ciò ha rallentato il tutto ed è stato sicuramente motivo di stress.

 

Già nel primo tentativo eravate organizzati per realizzare il film?

Si, nel 2021 avevamo un team diverso (con Paolo Sartori) per le riprese ma c’era già l’obiettivo di documentare l’impresa.

 

Da quante persone era composta la spedizione 2022 e come sono state fatte le riprese?

Nel 2022 eravamo con Jonathan Faeth (pilota di drone) e Austin Siadak (fotografo). Molte immagini sono state girate con il drone, da terra o dalla cengia alla base della parete, mentre Austin era sulla via con noi.

Nei giorni precedenti alla nostra scalata, Edu Marin (che ha ripetuto in libera la via), aveva lasciato delle statiche, che Austin ha utilizzato per salire e noi per scendere.

Dove queste non erano presenti, il primo veniva filmato con il drone, fissava una statica per consentire ad Austin di salire e poi lui fotografava il secondo.

 

Essere fotografati e ripresi mentre compivate un’impresa del genere ha interferito sull’esperienza alpinistica?

La cosa si gestisce, in particolare Austin è un bravo alpinista e se la cava senza bisogno di aiuto, ma sicuramente filmare e fotografare rallenta le cose ed è motivo di stress. Ad esempio l‘ultimo giorno invece che andare in cima abbiamo fatto solo due tiri aspettando che Joni ci raggiungesse, posticipando la cima al giorno successivo, ma è il prezzo da pagare per poter documentare in questo modo un’impresa come questa.

 

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Diplomato in Arti Grafiche, Laureato in Architettura con specializzazione in Design al Politecnico di Milano, un Master in Digital Marketing. Giornalista dal 2005 è direttore di 4Actionmedia dal 2015. Grande appassionato di sport e attività Outdoor, ha all'attivo alcune discese di sci ripido (50°) sul Monte Bianco e Monte Rosa, mezze maratone, alcune vie di alpinismo sulle alpi e surf in Indonesia.