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UTLAC 2024, race experience di Oliviero Alotto

di - 05/07/2024

UTLAC – Ultra Trail del Lago di Como con 4running magazine e Oliviero Alotto, accoppiata vincente che grazie all’intraprendenza dell’ultra runner torinese, questa volta ha pensato bene di correre attorno al lago di Como per oltre 250 chilometri di gara.

Parole di Oliviero Alotto | foto di Stefano Jeantet e Alberto Locatelli

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Quel ramo del Lago di Como…

“Viene quasi spontaneo, una volta arrivati a Lecco, pensare a quel verso dei Promessi Sposi. Una di quelle frasi che sentiamo da quando siamo ragazzi, perché il Lario, per chi non ci abita, evoca sempre memorie del passato. Qui la montagna e il lago si fondono di continuo, perfetta unione di paesaggi, atmosfere e storia”.
Oliivero Alotto si riposa, respiran do a pieni polmoni ciò che la gara ha saputo regalare. Foto di Stefano Jeantet
Oliviero Alotto si riposa – Foto di Stefano Jeantet

UTLAC, un viaggio sostenibile

Piccola premessa…

“Come in tutte le sue avventure in giro per il mondo, Oliviero Alotto, ultra runner particolarmente attivo, cerca sempre di limitare al minimo il proprio impatto con l’ambiente. Se si può andare a piedi, Oliviero va a piedi. Se conviene muoversi in bicicletta, Oliviero salta in sella al suo destriero. La macchina è necessaria? Oliviero cerca sempre di trovare alternative con i treni. Diversamente, quando le distanze sono veramente grandi, allora acquista un biglietto aereo, ma sempre in coscienza, cercando di rispettare il più possibile il pianeta in cui noi tutti viviamo, la Terra!”

Torino-Lecco, si va in treno alla UTLAC!

“Arrivo la sera prima della partenza e raggiungo Lecco in treno. Sono a poco più di quaranta minuti dalla stazione di Milano, ma mi sento in un altro mondo, circondato dalle montagne e dal silenzio del lago, qui la temperatura è più fresca, un’aria prealpina che in città non si respira di certo.”

Luci e ombre del lago di Como

Passeggio per la città, è sera. Il lago è illuminato, mentre alcune barche rincorrono le loro ombre tra le luci incandescenti dei lampioni roventi, in un gioco di specchi continuo. Supero la linea di partenza della competizione, ancora deserta, gli stand ancora in allestimento, e mi catapulto nel clima di gara in pochi secondi. Proseguo la mia camminata che mi porta all’hotel, non resisto al ristorante vista lago e mi mangio un piatto eccellente di pasta e patate. Meglio iniziare a caricare un po’ con i carboidrati, visto che tra 24 ore sarò nel bosco per molto, molto tempo, sarò alla UTLAC. Mi metto a letto e penso a riposare, sarà l’ultima notte di sonno…per un po’ di giorni.

Con Crazy e Nnormal al ritiro pettorali

La mattina, dopo una colazione decisamente abbondante, vado al ritiro pettorali. Tra poco inizia il rito della preparazione sia della borsa che verrà data e trovata alle basi vita, sia dello zaino che porterò con me. Intanto nella reception dell’hotel mi è arrivato il materiale di Crazy che aspettavo e con cui correrò la competizione. Due bellissime maglie molto colorate, due pantaloni leggeri decisamente adatti al caldo che si preannuncia, fondamentali per il cambio indumenti in gara, e una giacca leggerissima che si dimostrerà di lì a poco una validissima compagna di viaggio. Un breve check del materiale: scarpe Nnormal pronte, un autentico test in corsa della nuova Tomir 2.0. Zaino Camelbak pronto e già testato a lungo in allenamento. Traccia GPX del percorso caricata sul mio inseparabile Suunto, senza dimenticarmi della più amata e fedele frontale che abbia mai avuto “by Ledlenser”. Cibo necessario controllato almeno dieci volte, dopo aver confermato 6d come “fratello d’integrazione” insostituibile. Tutto sembra pronto, vado a dare la borsa all’organizzazione, verifico ancora tutto da capo per uno scrupolo quasi scaramantico, per concedermi alla fine ancora qualche ora di riposo, in attesa della partenza alle ore 18:00.

Guarda qui la 100 miglia Nice-Cote d’Azur di Olivero Alotto con Camelbak

Con la favorita della UTLAC, Silvia Garrote

Sono con Silvia Garrote, indiscutibile favorita per la vittoria finale. Stiamo insieme alla partenza; pochi minuti prima delle 18:00 incontro Daniele, il nostro direttore e amico, insieme a Carlotta Montanera, che nel frattempo ha approfittato per correre lungo il lago nonostante la pioggia. Si fanno le classiche chiacchiere prima della partenza poi l’ultimo caffè, che rappresenta un po’ il limite dopo il quale non si torna più indietro… In griglia siamo uno accanto all’altro, mentre Silvano Gadin e Ivan Parasacco ci preparano allo start. Poi 3, 2, 1 ed è UTLAC 250, un altro viaggio indimenticabile è appena iniziato.

La suggestione della partenza sul lungolago

“I primi km sono tutti lungo il lago. Come previsto prendono il via tutti troppo forte, le partenze in pianura finiscono sempre così e bisogna stare estremamente attenti, altrimenti ci si brucia.”

Io tendo sempre ad andare piano, sebbene mentalmente, soprattutto all’inizio, sia piuttosto faticoso, quando vedi tutti partire “a miccia”, davvero a un altro ritmo. Ma ho solo voglia di divertirmi e di godermi questa prova che si preannuncia davvero emozionante.

Unica compagna la traccia GPX dell’UTLAC!

La gara è in navigazione, il che significa che non ci sono segnali, ma il percorso dobbiamo trovarlo seguendo la traccia GPX sull’orologio. Questo complica notevolmente le cose naturalmente perché, oltre a pensare alla fatica della competizione, a essere concentrati a correre, non ci si può mai distrarre, altrimenti si sbaglia strada. Personalmente mi piacciono molto le sfide di questo tipo, perché ci si trova ancora più immersi nella natura. Ma so bene che, dopo tante ore, questo amplierà tantissimo la fatica e non ci si potrà distrarre per nessun motivo. Iniziano le salite, arriva il primo tramonto sulla prima punta della gara, una croce, il lago oramai in lontananza e poi è già notte.

Ledlenser con me alla UTLAC, mai più senza!

Metto la frontale, da tanti anni Ledlenser illumina le mie notti. Amo le notti, amo correre di notte, amo sapere che la luce lascia lo spazio al buio totale attorno a me.

Notte, amica mia…

“Quando sei nei boschi, quando perdi la concezione del tempo, quando sai che non è solo una notte, ma che ce ne saranno altre, quando hai coscienza che per un po’ il tuo tempo sarà scandito non dall’orologio ma dal tramonto e dall’alba, l’unica costante sarà rappresentata dal tuo passo, il tuo zaino e il tuo respiro.”

Con Guendalina

Transito al ristoro nel cuore della notte, mi fermo pochi minuti, giusto il tempo di mangiare qualcosa e ripartire, mi aspettano 15 km piatti, tutti sul lungolago, posso correre. Mi metto al passo di Guendalina Sibona, che all’arrivo sarà terza tra le donne, e rimango con un gruppetto fino all’attacco della salita, quando vedo una fontana e decido di fare una pausa e buttare i piedi nell’acqua ghiacciata.

“È una cosa che faccio spesso durante le ultra: almeno una volta ogni 20 ore mi prendo qualche minuto per rigenerare le gambe in acqua ghiacciata. Trovo che sia un modo veloce per ripartire da zero, le gambe sono di nuovo fresche e riposate.”

Poi riprendo in salita e, mentre supero alcuni paesi disabitati, avverto che sono solo e mi piace. Continuo a camminare e correre, mi sento molto bene, mi godo queste ore che mi separano dalle prime luci del mattino.

UTLAC, l’alba che non si dimentica

Arriva il giorno e con esso un grande caldo. Fin da subito capisco che la giornata sarà torrida e lunga. Soffro sempre le temperature elevate, in particolare il primo caldo di stagione. L’alba è stupenda, mi godo ancora qualche ora di fresco poi, come previsto, inizio a sentire che i gradi salgono, fa caldissimo, ma tengo duro. Nel pomeriggio attacchiamo la salita più impegnativa, in parte è stata tagliata a causa della neve: il Monte Bregagno è imbiancato e gli organizzatori, per questioni di sicurezza, hanno preferito far passare il percorso più in basso. Al posto della vetta, dobbiamo comunque raggiungere il punto più alto della gara e per farlo ci aspetta, dopo 120 km, un vero e proprio Vertical, ricavato su un enorme panettone, senza sentiero, in mezzo al prato, per chiudere in bellezza una giornata di caldo incredibile. Arrivati in cima, il vento forte prende tutto a un tratto il posto del sole, che in pochi minuti si fa freddo e gelido, non scalda più.

Errata-corrige dell’articolo cartaceo… è il Monte Bregagno!

Purtroppo, per un errore di battitura, sull’articolo UTLAC 2024 della rivista cartacea compare il nome “Monte Bregano”. Si tratta invece del Monte Bregagno, così definito da Wikipedia: “Il monte Bregagno (in lombardo Bregagn) è una montagna delle Prealpi Luganesi alta 2.107 m s.l.m. Si trova sulla sponda occidentale del lago di Como e, benché di modesta altezza, con la sua imponenza domina tutto l’alto Lario.”

Verso la base vita di Plesio

Iniziamo una lunga discesa che ci porta alla base vita di Plesio. Qui mangio un piatto di pasta, mi faccio mettere una brandina fuori e dormo 40 minuti. Dentro fa troppo caldo e non voglio riprendere a correre nella notte dopo aver dormicchiato male. Mi sveglio e mi sento bene. Vedo partire Valeria, le propongo di stare insieme e ci dirigiamo alla volta del prossimo colle e del Rifugio Venini, erroneamente citato sull’articolo cartaceo come Rifugio Intelvi, passaggio obbligato del percorso, che raggiungiamo alle tre del mattino. Ad aspettarci Marta Poretti, una delle organizzatrici della gara, e per Valeria c’è Marta, la sua pacer. Sì, perché in questa competizione si può essere accompagnati per gli ultimi 120 km. Mi aggrego a loro e insieme iniziamo la tratta che conduce verso la base vita successiva, a Cernobbio. Un lungo tratto in mezzo a boschi di abeti molto belli con sentieri corribili.

Se vuoi saperne di più sul Rifugio Venini, VAI QUI!

La magia del giorno

Il giorno è ormai arrivato, ma si capisce subito che non sarà caldo come il precedente. Corro bene per svariati chilometri, fino all’inizio della discesa verso la base vita successiva. Una discesa lunga e sconnessa che faccio come sempre molto lentamente, troppo lentamente, ma purtroppo è il mio punto debole e devo resistere. Entrato in base vita, mi prendo del tempo per riposarmi un po’, mangiare e ripartire. Da qui proseguiamo sul lungolago che ci conduce a Como, per poi arrivare all’attacco di una lunga salita di sentiero fatto di soli gradini. La vista sullo specchio d’acqua da quassù è davvero mozzafiato. Poi ricominciamo a salire verso la Colma di Sormano e ancora fino al Monte San Primo.

E venne la notte…

È di nuovo notte. La salita è lunga, ma facile. Poi sappiamo che ci aspetta una discesa molto impegnativa. Al traguardo finale mancano appena 30 chilometri che, dopo averne già percorsi più di 200, sembrano un’eternità. Dal ristoro riparto abbastanza deciso, non sono stanco, ma dopo poco sento il sonno arrivare. Non ho nessuna velleità di tempo, lascio da parte il pensiero del cronometro e decido di fermarmi due volte a riposare per terra, dormo e poi riparto ancora.

“Quando non ho come obiettivo finale la performance, adoro fermarmi e riposare per terra, in particolare durante gare così lunghe in situazioni meteorologiche che lo permettono, con un clima che mi aiuta, senza freddo, senza pioggia. Qualcosa di unico e rigenerante. Mi bastano pochi minuti per resettare il cervello e ripartire.”

Al Rifugio SEV e poi giù, verso il lago!

“Il Rifugio SEV Valmadrera si trova a quota 1.276 mt all’Alpe di Pianezzo, sui Corni di Canzo, e regala una stupenda vista sul Lago di Como, le Grigne e la città di Lecco.
 Il rifugio può essere comodamente raggiunto da diversi itinerari. Il rifugio è aperto tutti i fine settimana, i festivi infrasettimanali, i mercoledì da marzo a ottobre e tutti i giorni nel mese di agosto.”

Un lungo tratto di bosco, con salite leggere ma costanti. Arrivo al ristoro di Maisano, qui parte l’ultima salita verso il Rifugio SEV; poi si scenderà verso il lago. La salita è ripida, come piace a me, molto decisa, è l’ultima e si può dare tutto.

Verso il lago, la voce di Parasacco è “TRAGUARDOOO!!!”

Mancano ancora 7 km di totale discesa. Infine, dopo oltre due notti di gara, ecco il lago. Sento le voci di Ivan Parasacco e Silvano Gadin, grandi commentatori della UTLAC, vedo l’arco dell’arrivo dall’altro lato del lago. So che devo correre ancora 3 chilometri, ricevo nel frattempo la telefonata di Daniele che mi tiene compagnia con aneddoti che mi rendono allegro. Quando è in vena e ha la parlantina libera, non lo ferma nessuno. Corro chiacchierando per un chilometro, ormai sono arrivato.

64 ore o giù di lì…

L’arco mi aspetta dopo oltre 64 ore di gara. Tutto si conclude in questo scenario incredibile, lo stesso da cui sono partito. Sono stanco, provato, ma enormemente felice, perché ho goduto di ogni passo senza pensieri, libero. Un unico desiderio, che mi ha accompagnato per tutta la gara, godendomi il giro del lago. Dentro di me un solo pensiero: “Tornerò il prossimo anno, ve lo garantisco!”

Daniele Milano nasce una buona cinquantina di anni fa in Valle d’Aosta. Cresciuto con la montagna dentro, ha sempre vissuto la propria regione da sportivo. Lo sci alpino è stato lo sport giovanile a cui ha affiancato da adolescente l’atletica leggera. Nei primi anni 90 la passione per lo snowboard lo ha letteralmente travolto, sia come praticante che come giornalista. Coordinatore editoriale della rivista Snowboarder magazine e collaboratore per diverse testate sportive di settore ha poi seguito la direzione editoriale della testata Onboard magazine, affiancando sin dal lontano 2003 la gestione dell’Indianprk snowpark di Breuil- Cervinia. Oggi Daniele è maestro di snowboard e di telemark e dal 2015 segue 4running magazine, di cui è l’attuale direttore editoriale e responsabile per il canale web running. Corre da sempre, prima sul campo di atletica leggera vicino casa e poi tra prati e boschi della Valle d’Aosta. Dal 2005 vive un po’ a Milano con la propria famiglia, mentre in inverno si divide tra la piccola metropoli lombarda e Cervinia. “La corsa è il mio benessere interiore per stare meglio con gli altri”