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Biomeccanica e messa in sella, largo alla scienza!

di - 07/04/2020

Biomeccanica e messa in sella - foto Gaeme Murray_Red Bull Content Pool

Molti runner utilizzano come secondo sport il ciclismo su strada e, come tutti i ciclisti che si rispettino, siano essi amatori o professionisti, devono sottostare ad alcune regole molto precise per la messa in sella, ovvero il corretto posizionamento in bicicletta, dettato dalle “ferree” leggi della BIOMECCANICA!

Per una perfetta MESSA IN SELLA, è necessario applicare le leggi della BIOMECCANICA, una scienza estremante avanzata, sunto di principi fondamentali di ingegneria, bioingegneria, chinesiologia e posturologia,

La BIOMECCANICA studia i principi della meccanica applicati a un corpo biologico, cercando di individuare le dinamiche strutturali e funzionali che stanno dietro al movimento.

Nella foto la bicicletta Canyon Speedmax, frutto di avanzatissimi studi tecnologici, è uno dei modelli di punta del brand.
Nella foto la bicicletta Canyon Speedmax da crono, frutto di avanzatissimi studi tecnologici, è uno dei modelli di punta del brand.

La MESSA IN SELLA

IL PERFETTO ASSETTO IN BICI È FRUTTO DI UN COMPLESSO INSIEME DI FATTORI, DALLA SCELTA DELLA GIUSTA MISURA DI TELAIO ALLA CORRETTA CALIBRAZIONE DI COMPONENTI E ACCESSORI. FACCIAMO UN PO’ DI CHIAREZZA SUI PUNTI FONDAMENTALI PER PEDALARE CON MAGGIORE EFFICIENZA E COMFORT

a cura di Giulio Galleschi | sportevolution.eu | foto: Caterina Vacchi e Canyon

Gli studi di BIOMECCANICA sono stati applicati nell’indagine scientifica sia sul corpo umano, sia su quello animale e vegetale. Si deve addirittura ad Aristotele la paternità delle prime ricerche a riguardo. L’uomo dunque, fin dall’antichità, è stato incuriosito nel capire quello che si cela dietro al movimento.

La BIOMECCANICA, in questo caso applicata in ambito sportivo, è la scienza che studia il movimento atletico e individua la corretta postura che il soggetto deve assumere per migliorare l’aspetto meccanico, e quindi prestazionale, legato al gesto che compie.

IL TEST di BIOMECCANICA

Il CICLISMO è, per antonomasia, uno sport a catena cinetica chiusa. Ciò vuol dire che il corpo non è libero di muoversi nello spazio (come nella CORSA, disciplina a catena cinetica aperta), poiché le nostre estremità risultano vincolate al mezzo meccanico, in particolare le mani al manubrio, il bacino alla sella, i piedi ai pedali.

La postura che assumiamo mentre pedaliamo non è dunque naturale (ricordiamoci che geneticamente non siamo stati concepiti per questo) ma è causata dalla regolazione della nostra bici. Diventa perciò fondamentale provvedere correttamente. In sintesi, gli obiettivi di un check-up biomeccanico sono:

permettere alle nostre leve la miglior resa meccanica possibile (ricordiamoci che, sebbene siamo costituiti da tessuti, ossa, muscoli e tendini in movimento, il nostro sistema lavora come un meccanismo meccanico al quale è possibile, appunto, applicare i principi di ingegneria e fisica),

migliorare comfort ed ergonomia, cercando di escludere alcuni possibili disturbi e tensioni fisiche causati da sovraccarichi derivanti da una cattiva postura.

Uno dei modelli di punta di GAerne, con la suola in carbonio che determina un'estrema rigidità e precisione nella pedalata
Uno dei modelli di punta delle scarpe di Gaerne, con la suola in carbonio che determina un’estrema rigidità e precisione nella pedalata

IL METODO MIGLIORE

Spesso le persone si domandano quale sia la differenza tra eseguire un test basato su una strumentazione tecnologica, sia in rilevazioni sia in simulazione, oppure con il classico metodo empirico, ossia basato su valori antropometrici determinati manualmente e sul successivo lavoro di regolazione eseguito sulla bicicletta dell’utilizzatore, ma soprattutto si chiedono quale sia la soluzione migliore.

Un modello di pedali automatici di Look, tra le aziewnde in assoluto più conosciute nella produzione di pedali per bici da corsa
Un modello di pedali automatici di Look, tra le aziewnde in assoluto più conosciute nella produzione di pedali per bici da corsa

Personalmente sono dell’idea che non potrà essere tutto totalmente automatizzato, non potremo mai arrivare a una macchina che, in modo autonomo e veloce, potrà individuare la postura ottimale; rimarranno, infatti, sempre fuori da questa rilevazione alcune VARIABILI QUALITATIVE (quindi non quantitative, ossia sintetizzabili in numeri e dunque successivamente elaborate da un algoritmo o da un software).

Piega e prolunghe, tra gli aspetti fondamentali per curare e personalizzare la messa in sella di ogni ciclista, amatore o professionista, sulla bicicletta da crono
Piega e prolunghe, tra gli aspetti fondamentali per curare e personalizzare la messa in sella di ogni ciclista, amatore o professionista, sulla bicicletta da crono

Le VARIABILI QUALITATIVE di fatto dovranno essere valutate dal tecnico e dall’atleta stesso, che insieme potranno trovare la soluzione più adatta. Premesso questo, credo che il metodo empirico sia alquanto limitato, in quanto:

La rilevazione delle quote antropometriche e di alcune caratteristiche posturali eseguita a mano è troppo imprecisa. Per fare un esempio, provate su uno stesso soggetto a misurare il cavallo con il sistema manuale, eseguite tre prove e vi renderete conto che otterrete 3 valori diversi. La rilevazione difficilmente sarà oggettiva.

In foto la sella Tritone 6.5 di Fizik, sella rivoluzionaria a punta mozza, molto apprezzata nel mondo del triathlon
In foto la sella Tritone 6.5 di Fizik, sella rivoluzionaria a punta mozza, molto apprezzata nel mondo del triathlon

 

L’occhio umano, sebbene sia una macchina perfetta, non ha incorporato un software di analisi. La BIOMECCANICA è basata sull’ottimizzazione delle catene cinetiche del corpo; oggi esistono software molto precisi, sviluppati secondo i risultati di importanti studi in materia, che ci dicono dettagliatamente se le nostre leve lavorano nel modo corretto oppure no. Questa analisi permette un’ottimizzazione sia meccanica sia ergonomica molto specifica. Tutto questo a occhio nudo non si può certo fare.

Il giudizio basato sull’estetica è troppo limitato: non esiste un atleta bello e uno brutto, esiste un atleta che pedala bene rispettando le proprie caratteristiche posturali, viscerali e fisiologiche e uno che pedala male.

Trovare la posizione ideale direttamente sulla bicicletta del soggetto è troppo limitante, utilizzare un simulatore invece permettere di prendere in considerazione qualsiasi variabile, sia di telaio sia di assetto, intervenendo sui parametri in pochi istanti. Questo significa poter far percepire al soggetto anche piccole variazioni e sottoporre ad analisi strumentale, per esempio tramite un software di analisi di pedalata (io uso SRM Torque Analysis System), cosa cambia da un punto di vista funzionale.

Per finire, diventa fondamentale riportare le quote ideali, anche per fornire il report al cliente in maniera puntuale, tramite una dima di precisione, poiché è praticamente impossibile trasferire a mano, in maniera accurata, altezza sella, arretramento, dislivello ecc…

Da sottolineare, inoltre, come la componente culturale e professionale del tecnico sia fondamentale ma non sufficiente: oggigiorno, in un ciclismo sempre più tecnologico o nel quale ogni piccolo dettaglio può fare la differenza, utilizzare una strumentazione tecnologia all’avanguardia, che oggettivi determinate variabili, diventa fondamentale per fornire un servizio di altissima qualità.

IN BIOMECCANICA CIÒ CHE È BELLO È ANCHE FUNZIONALE?

Lo ribadisco con forza: chi appare “esteticamente bello” in sella non è detto che assuma la posizione biomeccanicamente ideale, come colui che appare “esteticamente brutto” non è detto che sia posizionato male!

Viviamo in un mondo basato su canoni estetici, e il settore biomeccanico nel ciclismo non è di certo escluso da tale considerazione. Il giudizio biomeccanico che definisco “ignorante” è basato sulla percezione essenzialmente estetica, su canoni generici quali per esempio, per un agonista, una posizione con un dislivello sella-manubrio importante, allungata, e con una pedalata con le ginocchia molto vicine al telaio. Dobbiamo finirla di ragionare in questi termini!

La BIOMECCANICA SCIENTIFICA analizza una serie di variabili anche muscolari, viscerali, posturali che vanno ben oltre questi concetti. Prendiamo a esempio il campione di ciclismo Chris Froome, che molti definiscono “brutto in sella”: la sua posizione non è di certo esteticamente appagante, tuttavia è molto funzionale, poiché basata sulla considerazione di molti altri dati dell’atleta e, come immaginate, nel Team Sky niente è lasciato al caso.

Mi spiace vedere ancora professionisti del settore, e anche gli atleti stessi, che continuano a giudicare l’assetto corretto in questo modo. Oggi infatti, tramite strumentazioni tecnologiche, è possibile capire e giudicare tali variabili.

Il mio consiglio è sempre quello di non ragionare più in termini puramente estetici, ma funzionali. Se poi riusciamo a unire un corretto posizionamento biomeccanico in termini funzionali con un aspetto estetico appagante ancora meglio, ma non dobbiamo essere schiavi di quest’ultimo.

ASSETTO vs TELAIO…chi vince in BIOMECCANICA?

Ai fini della miglior resa, è fondamentale assicurarsi di pedalare nel miglior modo possibile sul miglior telaio, tuttavia dobbiamo sempre ricordarci che il frame ideale è sempre e comunque conseguenza di un assetto corretto individuato prima.

Un errore molto comune è quello di acquistare un nuovo telaio basandoci sull’impatto estetico, sulla leggerezza ecc…, per accorgersi successivamente che magari su di esso non è possibile sviluppare il nostro assetto ideale. Dobbiamo invece sempre scegliere la geometria più adatta (sul mercato esistono modelli con caratteristiche molto diverse tra loro) in base al nostro assetto.

Chi esegue un test biomeccanico ha spesso l’idea che questo sia fondamentale per ottenere una scheda di assetto ideale e, in alcuni casi, di un telaio ideale. Purtroppo ci si dimentica che il comfort, ma anche la resa meccanica, non dipendono solamente da una scelta corretta di questi due parametri, ma anche dai componenti di appoggio, che devono essere ottimizzati e selezionati sulla base della  soggettività dell’individuo.

Sono accessori relativi alle tre parti del nostro corpo vincolate al mezzo, ossia i piedi, il bacino e le mani.

  • LE SCARPE – Per prima cosa diventa fondamentale la scelta della calzatura ideale: deve essere ergonomica, comoda, deve permettere al piede di traspirare, e deve avere nelle proprie caratteristiche di appoggio plantare una struttura per poter assecondare al meglio quello del piede (in tal senso molti atleti utilizzano solette o plantari specifici) poiché, com’è chiaro, questo è il terminale di spinta della nostra leva principale durante il gesto della pedalata.
  • I PEDALI E LE TACCHETTE – Conseguentemente, dobbiamo scegliere il pedale ideale: ne esistono di varie marche e modelli, con caratteristiche meccaniche e strutturali molto diverse, ed è possibile effettuare una selezione accurata attraverso l’individuazione del punto massimo di spinta tramite un buon software di analisi di pedalata.

Com’è logico, dopo la scelta del pedale ideale, è fondamentale ottimizzare la regolazione della cleat: deve essere posizionata in maniera estremamente precisa, poiché eventuali errori possono portare una peggiore resa meccanica, ma soprattutto sovraccarichi o fastidi alle articolazioni, in particolare alle ginocchia. Le tacchette hanno tre regolazioni: verticale, orizzontale e longitudinale.

Da un punto di vista verticale, il proprio baricentro(per esempio nella cleat Kéo questo punto è indicato da due piccole linee nel bordo),che meccanicamente, una volta agganciato al pedale, corrisponde al centro dell’asse del pedale, deve corrispondere al punto mediano del primo metatarso del piede. Le regolazioni orizzontali (distanza dall’asse del pedale) e longitudinali (quindi l’angolo di regolazione) sono fondamentali, e hanno l’obiettivo di creare verticalità nel segmento caviglia ginocchio durante la pedalata.

Convinzione molto comune, e sbagliata, è quella che le due cleat debbano essere posizionate esattamente nello stesso modo: ogni regolazione deve essere ponderata alle caratteristiche del soggetto, che spesso non sono uguali, per una serie di motivi posturali e antropometrici, tra gamba destra e gamba sinistra.

  • LA SELLA – Un altro componente di fondamentale importanza è quindi la sella, accessorio spesso scelto per l’estetica o su consiglio di un amico. Come potete osservare, sul mercato questo componente esiste in varie dimensioni, forme e strutture diverse.

Deve essere scelto – e oggi esistono anche test molto specifici – in maniera ponderata in base ad alcune specifiche caratteristiche:dimensioni del bacino, in particolare distanza tra le due protuberanze ischiatiche, flessibilità, peso e tipo di utilizzo.

Tuttavia è fondamentale ricordarsi che, al di là di una scelta corretta della sella, il comfort dipende anche da un buon assetto, poiché questo deriva in parte dal modo in cui ci sediamo.

  • IL MANUBRIO – Ultimo – ma non per importanza –accessorio di appoggio da scegliere è il manubrio: il primo dato antropometrico importante, e al quale esso deve essere correlato, è la larghezza delle nostre spalle, tuttavia oggi esistono sul mercato modelli con caratteristiche geometriche molto  diverse tra loro, che vanno a influenzare l’aspetto ergonomico, migliorando anche in maniera molto importante per esempio la comodità delle mani rispetto ai componenti di qualche anno fa, ma pure l’aspetto posturale globale del soggetto. Prendiamo in considerazione la curva tradizionale tipica della bicicletta da corsa con geometria compact (quindi con reach e drop più stretti rispetto al passato): essa ha permesso a una fetta molto ampia di ciclisti di trovare maggiore comodità in presa bassa, sia da un punto di vista posturale che respiratorio. 

Daniele Milano nasce una buona cinquantina di anni fa in Valle d’Aosta. Cresciuto con la montagna dentro, ha sempre vissuto la propria regione da sportivo. Lo sci alpino è stato lo sport giovanile a cui ha affiancato da adolescente l’atletica leggera. Nei primi anni 90 la passione per lo snowboard lo ha letteralmente travolto, sia come praticante che come giornalista. Coordinatore editoriale della rivista Snowboarder magazine e collaboratore per diverse testate sportive di settore ha poi seguito la direzione editoriale della testata Onboard magazine, affiancando sin dal lontano 2003 la gestione dell’Indianprk snowpark di Breuil- Cervinia. Oggi Daniele è maestro di snowboard e di telemark e dal 2015 segue 4running magazine, di cui è l’attuale direttore editoriale e responsabile per il canale web running. Corre da sempre, prima sul campo di atletica leggera vicino casa e poi tra prati e boschi della Valle d’Aosta. Dal 2005 vive un po’ a Milano con la propria famiglia, mentre in inverno si divide tra la piccola metropoli lombarda e Cervinia. “La corsa è il mio benessere interiore per stare meglio con gli altri”