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Francesco Ratti e Millet: conclusa un’altra spedizione e due nuove vie

di - 11/10/2023

Francesco Ratti Millet

Si è conclusa la spedizione di Francesco Ratti, insieme a Jerome Perruquet, Lorenzo D’Addario e Alessandro Baù, verso il Miyar.

Ecco il racconto di Francesco:

“Arrivati al campo base nel bel mezzo di una finestra di alta pressione non abbiamo
perso tempo e ci siamo subito precipitati in quota per cercare di acclimatarci nel più
breve tempo possibile. Siamo subito saliti lungo il ghiacciaio del Takdung con
l’obiettivo di raggiungere la cima del ghiacciaio già con l’idea di capire le condizioni
dell’inviolata parete est della Neverseen Tower.

Dopo più di 8 ore di cammino con
molto materiale sulle spalle abbiamo installato il nostro campo avanzato alla base
della parete est della Neverseen Tower constatandone le buone condizioni e
cominciando già a sognare una possibile linea di salita. Durante questo primo giro in
quota non eravamo ancora pronti e acclimatati per affrontare una parete del genere e
quindi il giorno dopo siamo saliti sul vicino “Enzo Peak” tramite la cresta sud-est: una
facile e divertente cresta che comunque non era ancora stata salita da nessuno.

Ci
siamo poi goduti il sole in cima e siamo ridiscesi a dormire al nostro campo avanzato.
Il giorno dopo siamo rientrati al campo base a riposare e tenerci pronti per la
prossima finestra di bel tempo.

Francesco Ratti Millet
Purtroppo per più di una settimana il meteo è rimasto molto instabile non
permettendoci alcun tentativo serio. Finalmente intorno al 20 di settembre si
annunciava qualche giorno di tempo un po’ più stabile e abbiamo deciso di risalire al
nostro campo avanzato e di tentare il nostro obiettivo principale: la parete est della
Neverseen Tower. Arrivati al campo avanzato il meteo non ci ha riservato un gran
benvenuto: tante nuvole, qualche fiocco di neve e freddo, lo zero termico rispetto alla
settimana precedente era sceso di più di 1000 metri! Il 20 settembre mattina una
leggera nevicata ci riserva un risveglio piuttosto amaro: non c’è molto accumulo ma la
parete è bianca e gelata in molti punti. Decidiamo lo stesso di salire e cercare di capire
se la linea che abbiamo sognato sia fattibile.

Francesco Ratti Millet

Saliamo lungo il canale fino al colle dove troviamo le vecchie corde fisse di un team di spagnoli saliti dal versante Chhudong, abbandonando poi il tentativo dopo aver salito solo un tiro della via. Decidiamo di attaccare la parete in una zona più bassa rispetto al tentativo degli spagnoli, in modo da non interferire col loro tentativo e soprattutto perché la porzione di parete da noi scelta riceve la maggior quantità di sole e quindi ci garantisce di potersi “pulire” dalla neve caduta nel miglior tempo possibile.

 

Il primo giorno saliamo diversi tiri di corda e decidiamo di lasciare le nostre corde “fissate” nel punto più alto da noi raggiunto e di ridiscendere a dormire nelle nostre tende per poi risalire il giorno dopo lungo le corde e ripartire da dove avevamo la sciato la via. Per fortuna il giorno seguente (21
settembre) ci svegliamo col cielo sereno. Risaliamo il più velocemente possibile le
nostre corde e riprendiamo la via da dove l’avevamo lasciata il giorno prima.

Il granito
lungo la via è davvero bello, la scalata sempre divertente e mai troppo difficile (sul
6b/6c max). Nel primo pomeriggio comincia a alzarsi il vento e a fare freddo, siamo
comunque ormai sulla cengia sotto la cima dove avevamo individuato un buon posto
da bivacco ma decidiamo di continuare: solo 2 tiri ci separano dalla cresta sommitale.
Il primo tiro dopo la cengia presenta fessure intasate dal ghiaccio ma con un po’ di
pazienza riesco a farmi strada attraverso di esse e a fare sosta proprio sotto la cresta
che ci condurrà in cima. Arrivati in cresta mettiamo scarponi e ramponi e nel
rapidamente raggiungiamo la cima: ci abbracciamo contenti e dopo le solite foto di rito
ripartiamo ad attrezzare le doppie per la discesa.

Verso le 6 di sera rientriamo al nostro
campo avanzato dove passeremo la notte prima di rientrare al campo base super
soddisfatti di aver centrato il nostro obiettivo principale sfruttando una finestra di bel
tempo molto “risicata”. La via aperta sulla Neverseen Tower (5.800mt) abbiamo deciso
di chiamarla “Wind of Silence” perché il vento e il silenzio di questa valle remota ci
hanno accompagnato lungo tutta la salita. Si tratta di una via aperta in stile alpino
senza l’uso di spit (abbiamo usato solo chiodi e protezioni veloci).

Francesco Ratti Millet
Rientrati al campo base abbiamo avuto il tempo di riposare un solo giorno prima che il
nostro esperto meteo ci annunciasse una nuova finestra di bel tempo in arrivo e quindi
siamo subito ripartiti per un secondo obiettivo che avevamo individuato sempre nella
Takdung Valley ma un po’ più basso rispetto alla Neverseen: il pilastro sud-ovest del
Mont Maudit. Il Mont Maudit era già stato salito in passato dal versante Chhudong ma
questo pilastro alto 5.400mt che si erge maestoso sul versante Takdung risultava
ancora inviolato e fin dalla nostra prima ricognizione nella valle aveva attirato la nostra
attenzione ed è sempre rimasto nelle nostre menti come progetto alternativo o
complementare a quello sulla Neverseen Tower.

 

Il 25 settembre ripartiamo quindi alla volta di questa nuova avventura. Decidiamo di
utilizzare la stessa tattica che avevamo usato sulla Neverseen: il primo giorno saliamo
veloci a fissare le corde sui primi tiri della via per poi scendere a dormire alle nostre
tende alla base della parete e ripartire il secondo giorno dal punto più alto da noi
raggiunto il giorno prima. La scalata su questo pilastro si rivela un po’ più impegnativa
rispetto a quella sulla Neverseen ma mai estrema, riusciamo sempre a progredire solo
con protezioni veloci senza l’uso di spit. La roccia su questo pilastro è davvero
eccezionale: un granito rosso lavoratissimo, ricco di fessure e letteralmente
tempestato ovunque da “knobs” incredibili, siamo tutti estasiati per la bellezza
dell’arrampicata che queste concrezioni ci offrono!

A fine pomeriggio, dopo aver aperto
8 tiri d’antologia, ci abbracciamo in cima a questo magnifico pilastro a quota 5400
metri. Comincia anche qui a soffiare un vento gelido e durante la discesa batteremo
non poco i denti! Benchè la via sia stata aperta solo con l’uso di chiodi e protezioni
veloci, in discesa decidiamo di attrezzare tutte le soste con uno spit, semplicemente
per rendere le operazioni più veloci e sicure, anche per degli eventuali futuri ripetitori.
Rientrati infreddoliti alle nostre tende ci godiamo l’ultima notte sul ghiacciaio prima di
rientrare al campo base e preparare le nostre cose per il rientro definitivo alla civiltà.
Questa seconda via decidiamo di chiamarla “Super Thuraya”, super per la qualità della
roccia e Thuraya in onore della compagnia di telefonia satellitare il cui uso è vietato in
India e che ci ha creato non pochi problemi al rientro (che vi racconterò con calma ;-)”

Non vediamo l’ora di sapere di più!

Camilla cresce a Torino dove si laurea in giurisprudenza, frequenta un master in Sport e Business management, ma capisce ben presto che la sua strada la porta in montagna. Dopo anni di Sci club, diventa maestra ed allenatrice di sci alpino e comincia a frequentare sempre di più le montagne che oggi sono casa. Sci alpinismo, alpinismo, trail running ed arrampicata sono le attività in cui spende ogni singola energia e, grazie alle quali, l’ha portata a scrivere ed a collaborare con le diverse aziende del settore outdoor.