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Pietro Arese: scopriamo chi è l’atleta Saucony

di - 04/01/2023

pietro arese

Chi è Pietro Arese? Il nostro direttore Daniele Milano Pession ha intervistato l’ atleta Saucony, in forza al gruppo sportivo delle Fiamme Gialle. Per fare l’intervista Pietro si è cimentato in una corsa  fra i grattaceli di Milano. Per l’occasione Pietro ha utilizzato le velocissime calzature da running Saucony Endorphin Pro 3, dotate di piastra integrata in carbonio.

 

Chi è Pietro Arese?

Pietro Arese nasce a Torino l’8 ottobre 1999 e cresce a San Mauro Torinese. Come tutti i ragazzini, ha praticato numerosi sport, tra cui la pallavolo, con buoni risultati.

Poi la leggenda narra che, durante una giornata come tante altre, abbia deciso di provare l’ebrezza di correre sul tartan di una pista di atletica leggera. Che cosa sia capitato esattamente sui 400 metri dell’anello “magico” nessuno può dirlo, ma di sicuro qualcosa di molto particolare è successo davvero. Prima il salto in lungo, poi la nobile disciplina della corsa, che dopo pochi mesi di attività lo aveva già visto partecipare ai suoi primi Campionati Italiani nella categoria Cadetti. Il resto del racconto fa parte della storia più recente, e la nota introduttiva all’interno del sito fidal.it descrive molto bene la rapida ascesa del talentuoso Pietro. Dall’autunno 2018, Pietro Arese è entrato nel College del Mezzofondo a Varese, dove si è laureato in ingegneria per la sicurezza del lavoro e dell’ambiente, passando sotto la guida tecnica di Silvano Danzi. 

pietro arese

La carriera di Pietro Arese: tratto liberamente da fonte fidal.it

Pietro Arese nel 2016 ha stabilito la MPN allievi del miglio (4:16.50). In più di un’occasione ha fatto doppietta di titoli italiani giovanili vincendo nelle siepi e sui 1500 metri. Nella stagione indoor 2021 si è messo in evidenza per i due successi (1500 e 3000) agli Assoluti Indoor, con altrettanti progressi cronometrici, poi all’aperto ha corso nei 1500 in 3:37.23, un tempo che nei 1500 mancava da quasi vent’anni per un under 23 italiano. Nel 2022 ha sfiorato tre volte il record italiano indoor, fino a mancarlo di due centesimi con 3:37.31 in batteria ai Mondiali di Belgrado, migliorandosi anche nei 3000 con 7:53.50. Ai recenti Campionati Europei ha stabilito la miglior prestazione italiana stagionale sui 1500 metri piani, fermando il cronometro a 3:35:00. Davanti a lui, ma siamo sicuri che sarà così ancora per poco, Genny Di Napoli, con 3:32:78 nel 1990, Stefano Mei, che nel lontano 1986 fermò il tempo a 3:34:57, e Davide Tirelli con un grandissimo 3:34:61 nel 1992.

 

pietro arese

 

Ciao Pietro e grazie per averci dato questa bella opportunità. Poterti intervistare è per me sicuramente un grande piacere e un onore!

Grazie a voi, per avermi dato questa possibilità. È per me sempre un grande piacere poter parlare di atletica leggera!

 

A questo punto partirei con le curiosità… Durante la finale degli Europei mi hai letteralmente infiammato. Che gran gara hai fatto! Poi ho anche scoperto che sei alto 189 centimetri, eppure in tv non sembri così alto…

Tieni presente che in finale eravamo tutti piuttosto alti. Ingebrigsen, il vincitore, è alto forse un paio di centimetri in meno di me, mentre il polacco Rozmys che mi ha superato sul finale, ma che poi ho ripassato, è nettamente più alto di me. Sì, siamo comunque tutti piuttosto alti!

 

 

Partiamo dall’inizio… Com’è nato tutto? 

Beh, io sono sempre stato uno che durante le varie Olimpiadi e Campionati del Mondo seguiva l’atletica in televisione come il classico italiano medio che guardava Usain Bolt nella finale dei 100 metri. Però tutti gli sport da circuito, automobilismo compreso, mi hanno sempre attratto. Queste piste con qualcuno che ci deve girare dentro, i tempi, le statistiche, i passaggi. Questi numeri mi hanno sempre attratto. Io partivo inconsciamente da questa base qua… Come sai, ho praticato parecchi sport. I miei sono separati, il marito di mia mamma ha sempre corso, e questo aspetto mi ha un po’ avvicinato al mondo della corsa. Lui, per esempio, ha corso la maratona di Torino nel 2011 o 2012 e, seguendo queste manifestazioni, c’era sempre la garetta di contorno per i bambini a cui partecipavo. Forse anche solo a livello inconscio c’era già dentro di me la corsa. C’è un aneddoto che mi piace ricordare. Mia madre ama raccontare che, quando avevo tre anni, mi accompagnò all’asilo che era di fianco a casa e io ci volevo andare di corsa. Nella mia famiglia nessuno in passato aveva fatto atletica in modo serio. E nemmeno io davo troppa importanza alle corsette di paese in cui mi cimentavo per passare il tempo e in cui mi divertivo. Poi ho abbandonato la pallavolo e nel 2014 è partito ufficialmente il mio tesseramento alla FIDAL con la partecipazione alle mie prime campestri.

 

Le campestri, che gare incredibili!

A me sono sempre piaciute! Quest’anno ci saranno i Campionati del Mondo a Venaria nel Parco della Mandria e sarebbe per me una grossa soddisfazione riuscire a entrare in squadra. Per quanto la corsa campestre possa sembrare molto di nicchia, è secondo me molto coinvolgente, perché sei costretto da spettatore a seguire la gara a meno di un metro dagli atleti. Molto bello così! Sei tu contro il mondo. Non voglio sembrarti incoerente, proprio perché sono una persona molto legata ai tempi, agli intermedi, ma il bello della campestre è che i tempi non esistono. Ogni circuito è diverso e queste prove sono un vero e proprio scontro diretto tra chi va più forte in quel giorno, in quel percorso, fine!

 

pietro arese

Qualcuno ti associa per metodo di allenamento, tempi, cronometro ad Alberto Cova. Sei anche tu un po’ “ragioniere” nella vita di tutti i giorni?

In realtà questa cosa dell’essere metodico ce l’ho un po’ sempre. Però da sempre sono anche diviso tra due opposti, quasi un duplice carattere. Da una parte essere metodico, calcolatore freddo. Dall’altra essere pure molto attento al lato umano, e io credo di essere comunque una persona molto emotiva. Quindi, da buona “bilancia”, nato nel mese di ottobre, cerco di pesare bene queste mie due personalità, a costo di sembrare un po’ strano, in base anche a che cosa richiede la situazione che sto vivendo, più rigido o più flessibile. 

 

L’essere rigoroso è per te un problema oppure no? Come sei con te stesso?

Anche qua, dipende dal trascorso e dal momento in sé. Se io mi sono allenato un anno, e in tutto quell’anno ho fatto allenamenti e gare test con il mio coach che mi dice che stiamo facendo tutto per vincere il Campionato del Mondo, e poi arrivo sesto, allora sì che mi “incacchio” con me stesso. Come è capitato ai Giochi del Mediterraneo in cui avevamo previsto e programmato di arrivare a medaglia e sono poi finito quarto. Una gara molto difficile da gestire, molto scorretta, con tanti risvolti, e alla fine ho chiuso quarto. In quel caso sono stato molto duro con me stesso, pur avendo ammesso che non si era unicamente trattato di colpa mia.

 

pietro arese

 

Che rapporto hai con i tuoi compagni di squadra?

In realtà buono, anche se, essendo appena entrato nella squadra nazionale assoluta, non ho tanti compagni. La cultura musicale italiana lo canta anche… “Uno su mille ce la fa”, e in questo momento è un po’ così. Di quelli che c’erano dall’inizio, parliamo degli ultimi sei, sette anni, quelli con cui ero veramente amico, sono rimasti davvero pochi. Piano piano ho anche conosciuto persone nuove, ma per arrivare ad avere una certa confidenza ci vuole un po’ di tempo.

 

Silvano Danzi, il tuo allenatore, che rapporto hai con lui?

Gli allenatori sono due, Silvano Danzi, che è quello attuale, e come preparatore atletico Nerio Gainotti di Torino, mio ex allenatore. Entrambi non sono solamente allenatori. Per seguirmi non prendono nulla, non guadagnano insomma. Per me rappresentano certamente di più come persone rispetto a ciò che fanno con e per me. L’allenatore bravo, come lo sono Silvano e Nerio, ha la capacità di strutturare la mia attività di atleta senza dimenticare ciò che sono come persona e che ci sarà un domani. L’atletica è ovviamente una parte molto importante della mia vita, ma non c’è solo quello, e comunque è giusto pensare a ciò che sarò domani, quando avrò smesso di gareggiare. Loro tutto questo lo hanno capito bene e gliene sono grato. Ho presente atleti che sono saltati per aria nel corso degli anni perché pensavano che l’atletica fosse la loro vita, dandole troppo peso e non considerandola solo una parte, importante certo, ma una parte di tutto il resto, della loro esistenza.

 

 

Beh, tu di tempo ne hai perso poco e ti sei preso già una bella laurea triennale in ingegneria!

Ufficialmente sono dottore in ingegneria, dopo i primi tre anni. Mentre per diventare ingegnere a tutti gli effetti sto continuando i miei studi e ho da poco iniziato la Magistrale. I primi tre anni sono stati indubbiamente più facili da gestire. Oggi invece, tra impegni con la nazionale, l’ingresso nelle Fiamme Gialle e l’università, è diventato tutto molto più complicato. 

 

Le Fiamme Gialle, tu fai parte dell’omonimo gruppo sportivo da un paio di anni.

Sicuramente anche questa è stata per me una bella soddisfazione, ne faccio parte dal mese di novembre del 2020 con le prime gare nel 2021. Mi ci trovo benissimo perché mi hanno dato la grande opportunità di poter continuare gli studi qui a Varese, nel Collegio del Mezzofondo, e mantenere Silvano come mio allenatore. Ho trovato persone che mi hanno sempre aiutato e mi hanno dato un grande aiuto anche quando le situazioni non erano delle più rosee, senza pretendere risultati agonistici e basta. Il Centro Sportivo, a Castel Porziano a Roma, è sempre disponibile per andare ad allenarmi in ogni periodo dell’anno, e anche questo per me significa molto. 

 

College del Mezzofondo, di cosa si tratta?

Responsabile del College è sempre Silvano Danzi, referente del progetto. Silvano è una persona incredibile. La mattina lavora, perché insegna educazione fisica alle scuole medie, ed è sempre presissimo da tutto quello che fa. Io sono entrato nel progetto College nell’ottobre del 2018. Molte università so che hanno il progetto “dual career”, ovvero danno delle borse di studio a studenti sportivi meritevoli. Ti supportano economicamente, ma tutto finisce lì. Con il College di Varese, una volta che si è inseriti nel progetto, si vive tutti insieme, si va ovviamente, come ho fatto io, a vivere fuori casa, e naturalmente ci si allena con Silvano. So che non tutti apprezzano questo tipo di discorso, ma per me è andato molto bene. Io per esempio, prima di arrivare a Varese, mi allenavo spesso da solo, e ritrovare un gruppo è stato fondamentale. Era proprio l’anno dopo la maturità. Si trattava di decidere: o andare al Politecnico di Torino, oppure credere nel progetto di Silvano e trasferirsi a Varese. Oggi posso tranquillamente dire che non potevo assolutamente fare scelta migliore. 

 

Una domanda sul quarto posto degli Europei però te la devo fare… tra Pietro Arese e il podio di Monaco di Baviera appena 12 centesimi…

Innanzitutto io ti dico che non credo nei miracoli e arrivare terzo, dopo essere stato presentato con il 25esimo tempo, sarebbe stato un miracolo. Già il parterre di atleti per giungere in finale era difficilissimo, e io mai più avrei pensato di poter andare così. Sapevo di essere in forma e di aver lavorato sodo in tutti i mesi precedenti, ma così bene no! Silvano era entusiasta. Per arrivare agli Europei ero stato addirittura ripescato con il sistema dei ranking e poi è andata così bene. Non posso certo lamentarmi!

 

Ti voglio porre una domanda finale. Pietro Arese cosa ne pensa del doping?

Io con chi si dopa non ho pietà. Esistono i regolamenti e delle informazioni. Esiste una lista accessibile a tutti sul sito della WADA riferita alle sostanze doping. Non esiste che uno poi dica che non lo ha fatto apposta, che non lo sapeva o altro. Se uno a maggior ragione è atleta di un certo livello deve sapere ciò che fa. Ognuno di noi, in base al tipo di attività che svolge, deve sapere come comportarsi, ovvero ciò che può e ciò che non può fare. Sentire atleti che dicono: “Mi hanno incastrato, ma io no lo sapevo”, secondo me non può esistere. Purtroppo questo modo di reagire fa male a tutti quanti perché poi si rischia di pensare che possa accadere veramente. Fosse per me – sai che esistono anche gli sconti di pena – se collabori prendi 4 anni di squalifica, diversamente, visto che è un reato, sei fuori dai giochi.

Di Daniele Milano Pession  |  foto: Andrea Schilirò

Corro quanto basta, pedalo a giorni alterni, parlo troppo. Nelle pause mangio. Instancabile sostenitrice di quanto lo sport ti salvi. Sempre. Le mie giornate iniziano sempre così: un caffè al volo e il suono del GPS che segna l'inizio di un allenamento. Che corra, pedali o alzi della ghisa poco importa: l'importante è ritagliarmi un momento per me che mi faccia affrontare la giornata nel modo migliore.