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Bollé e Mips, uno sguardo alla sicurezza

di - 17/09/2018

Bollé e Mips danno vita ad una partership destinata a cambiare un segmento, quello dei caschi, che è già oggetto di una costante evoluzione. Il primo è leader in fatto di innovazione del design, il secondo è un marchio icona della protezione, associato in modo particolare ai caschi, entrambi hanno come obiettivo la protezione e la sicurezza. Siamo stati in Svezia, nel quartier generale di Mips Scientific Platform, un brand che nasce da un ramo della facoltà di ingegneria dell’università di Stoccolma. Nel corso degli anni, dal 1995 ad oggi, Mips ha creato una serie di sistemi safety dedicati allo sport e non solo, cambiando totalmente la sensibilità dell’utente finale nei confronti della sicurezza.

Mips, un’altra protezione per il cervello

Se pensiamo a diversi aspetti della quotidianità, a quello che vediamo intorno a noi e alla storia dello sviluppo tecnologico in diversi settori, ci accorgiamo di quanto la Svezia e la Francia ricoprano un ruolo importante: la prima è una nazione con una superficie quattro volte più grande dell’Italia, che conta solo dieci milioni di abitanti. Volvo e Scania per le automobili, per il trasporto su gomma e i mezzi da lavoro pesante, per lo scambio commerciale navale, Ikea (che piaccia oppure no), ha cambiato totalmente l’approccio nei confronti “dell’home ambient”, tante aziende di abbigliamento tecnico sportivo che hanno saputo fare ricerca ed innovare. La Francia non è seconda a nessuno in fatto di promozione, eleganza e design: Bollé ha firmato il primo occhiale sportivo. La storia di Bollé inizia nel 1888 con la produzione di materie e parti plastiche, per poi specializzarsi nella creazione di occhiali e occhiali sportivi di protezione: ad esempio le maschere per sciatori e piloti di auto. Nel 2007 il marchio francese lancia il suo primo modello di casco per lo sci, per poi passare al 2016 con la creazione del casco The One, il primo casco dedicato alla bici di Bollé.

Uno scorcio di Stoccolma

Torniamo alla penisola scandinava, tra i leader svedesi di oggi c’è Mips, che in pochi anni ha saputo ritagliarsi uno spazio importante diventando il fulcro della sicurezza legata allo sport. Questo marchio che ha sede nella periferia di Stoccolma, nasce da uno studio effettuato da un gruppo di lavoro nella principale università della penisola scandinava: la ricerca iniziale aveva l’obiettivo di documentare le conseguenze che un impatto violento può avere sul cervello e sul comportamento dell’essere umano, considerando anche i costi che devono essere sostenuti per una persona non più autosufficiente.

Un incidente che interessa la testa, il cervello e materia cerebrale in genere, può provocare la demenza, può rendere vegetale un essere umano, può provocare dei danni che si mostrano nel medio e lungo termine, può essere causa di morte. Dopo i risultati ottenuti il governo svedese reso obbligatorio l’utilizzo del casco per i bambini e il 99% dei pedalatori, in Svezia, utilizza il casco per i propri spostamenti. La Svezia è una delle nazioni che utilizza maggiormente la bici come mezzo per gli spostamenti metropolitani, nonostante un clima non sempre ottimale.

Un aspetto dell’azione del fluido cerebrale

Che cos’é la protezione: la protezione è il risultato di una serie di ricerche ed innovazioni, in fatto di materiali, di design, di analisi che cercano di assecondare e in qualche modo anticipare gli eventi negativi, anche la prevenzione fa parte di questo pacchetto. Per lo sviluppo di un casco e di tutti gli elementi che lo compongono si parte da un presupposto: le conseguenze di un impatto sulla testa sono la somma tra l’accelerazione rotazionale e la durata dell’impatto stesso. Il fluido cerebrospinale è la naturale protezione che noi abbiamo per il cervello, questo però, può non essere abbastanza, in particolare perché le esigenze dell’uomo e le attività sono cambiate nel corso degli anni e continuano a variare: vogliamo pensare alle velocità medie che sono capaci di sostenere gli amatori durante una granfondo? Oppure alle punte di velocità che raggiungono gli atleti dh di oggi? Questo fa parte del progresso, una cosa che non possiamo arrestare ma che dobbiamo assecondare.

Il cervello è maggiormente sensibile alle forze di rotazione, rispetto a quelle lineari. Consideriamo che un impatto sul casco, può produrre una forza pari a 750 kg ( si parla di valori massimali), con una velocità di 6/6,5 metri al secondo (caduta in bicicletta): non esiste un prodotto così spesso che possa contrastare un peso di questa portata, anche perché, non dobbiamo dimenticare che tutti gli atleti, di qualsiasi sport ricercano anche la leggerezza. Il concetto Mips, abbinato ad un casco di buona qualità, costruito con i più moderni canoni di ricerca dei materiali, rende possibile una distribuzione ottimale delle forze negative, proteggendo la testa dell’atleta. Possiamo considerare Mips come una sorta di slitta ( riconosciuta da molti con il colore dell’inserto giallo) che permette al casco di scivolare sulla testa per 12/15 mm, rispetto ai 3/5 di un casco tradizionale (senza Mips). Questo margine di lavoro di tutta la struttura, ha l’obiettivo di modificare la natura dell’impatto, attuando una curvatura sulle forze negative, smorzando la violenza dell’impatto e re-indirizzando l’energia negativa. Inoltre, Mips funziona come un ammortizzatore per il cervello, limitando l’allungamento delle fibre cerebrali, la prima causa di danno al cervello. Oggi la maggior parte delle aziende che producono caschi utilizzano il protocollo Mips e alcuni mercati esteri, come ad esempio quello americano, pretende il concetto Mips prima di ogni altra caratteristica costruttiva. Gli aspetti safety come business? Difficile identificare ad oggi con non sia motivo di business ma, meglio una testa con un cervello sano, rispetto ad una testa rotta, un cervello danneggiato incapaci di spendere gli €.

R&D: I test e le ricerche di Mips vengono eseguite nel quartier generale a Stoccolma, con la collaborazione dei brand partner: Bollé, Giro-Bell, Smith, Oakley, solo per citarne alcuni. Le prove di laboratorio si basano sui risultati di impatti molteplici e di differente natura, con l’obiettivo di ricreare le stesse situazioni che si potrebbero verificare nel corso delle anormali attività outdoor. Questa combinazione di fattori ha permesso di modificare materiali e processi di produzione, migliorandoli e rendendoli maggiormente efficaci in settori differenti tra loro: ci vengono in mente i caschi bike, snow e motociclismo.

Uno dei macchinari utilizzati per i test, una sorta di crash test

Quella tra Bollé e Mips non è solo una collaborazione ma un sistema che vuole creare dei nuovi standard in termini di protezione e design. La creazione di un casco parte da una serie di file 3D che si riferiscono alle taglie del casco. Si parte con la produzione di un campione al quale viene adattata una gabbia Mips di prova. Da qui vengono fatte una serie di modifiche sui materiali di costruzione, sul design, sui dettagli. I caschi sono soggetti ad una serie di test, di approvazioni anche a livello internazionale, se necessario vengono firmati dei brevetti. Mips ha un sito produttivo in China, dove vengono costruiti una serie di campioni (uno per ogni taglia): più o meno sono necessari otto mesi per far si che un casco venga messo sul mercato. Inoltre: il design non è solo un vezzo estetico ma il miglior vestito da far indossare alla sicurezza. 

Johan Thiel, CEO di Mips

In conclusione: un’esperienza del genere, per chi scrive di ciclismo e che il ciclismo lo pratica in modo assiduo è un’opportunità, una ricchezza che va ben oltre il semplice aspetto lavorativo. La possibilità di vedere ll dietro le quinte del marchio svedese, lo sviluppo dei progetti marchiati Mips e dei brand partner, sono un bagaglio notevole e per noi diventa anche la possibilità di trasmettere un messaggio: la sicurezza non è un dettaglio. Quante volte è capitato di vedere un appassionato che pedala su una bici costosissima, senza casco? Spesso e capita ancora oggi. Si spendono migliaia di euro per la bici, per i suoi componenti e magari si risparmia su un casco. Con la testa rotta e il cervello non più funzionante al 100%, la bicicletta da 12000 euro diventa solo un peso e un motivo per recriminare.

bolle.com

mipsprotection.com

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.