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Bont VayporS una scarpa unica nel suo genere

di - 24/10/2019

Bont VayporS è una calzatura a tratti incredibile. Il suo design, le sue forme e questo velo di “cattiveria” che trasmette quando la si osserva, in un certo senso contrastano ma collimano al tempo stesso con un comfort di altissimo livello, una calzatura che è fresca anche dopo diverse ore di attività consecutive.

La Bont VayporS nella versione “originale”, just unboxed, con i rotori Boa neri in dotazione. Abbiamo personalizzato le calzature con i rotori verdi e rossi, volendo riprendere i colori della bandiera italiana.

Bont VayporS

Bont è sinonimo di competizione, con calzature uniche in termini di costruzione, prestazioni e customizzazione. Nel corso degli anni il marchio australiano è stato identificato come una delle massime espressioni delle scarpe tecniche e fatte a mano. Le Bont sono “strumenti” per chi vuole rigidità, per chi ricerca la massima resa in ogni angolo della pedalata ma anche per quegli atleti che amano un buon grado di personalizzazione, perché le VayporS (e non solo loro, altri modelli del catalogo lo sono) sono termoformabili.

La VayporS è termoformabile e la sua forma può variare in base alla decisione dell’utilizzatore, che modella i punti chiave della calzatura dopo averla scaldata.

VayporS è uno dei modelli di punta di Bont, assemblato a mano e con la forma della suola personalizzabile, modellabile attraverso il calore. Partendo proprio dalla suola, questa è totalmente in carbonio unidirezionale, dalla forma molto particolare: profonda nella parte posteriore per avvolgere abbondantemente il tallone, non è piatta nella porzione mediana e anteriore (si alza di circa 1 centimetro ai lati) e avvolge il piede evitando che questo si sposti lateralmente.

La suola è in un certo senso il cuore della calzatura, per forma e rigidità ma anche per la fattura “a regola d’arte” della griglia per il posizionamento della tacchetta. Il tacchetto posteriore antiscivolo è sostituibile.

La zona dedicata al posizionamento della tacchetta prevede una griglia che ben identificata la sezione mediana della scarpa. Sempre in merito alla suola, ha uno spessore ridotto (meno di 4 mm in totale) e non prevede alcuna aggiunta di materiali tra il carbonio e la soletta interna, a tutto vantaggio del comfort e della traspirazione del piede.

La tomaia è in membrana Durolite, resistente, elastica e traspirante, tagliata e cucita (solo dove è necessario) a mano e applicata al carbonio. Per la VayporS sono previste una sorta di linguetta interna che avvolge il piede e una esterna per assecondare l’azione del rotore Boa superiore.

Il sistema di ritenzione è infatti affidato a due rotori Boa IP-1. VayporS ha un prezzo di listino di 369 euro.

La linguetta è morbida e non eccessivamente imbottita, per evitare accumuli di sudore, calore ed evitando al tempo che tutta la zona del tendine si scaldi creando fastidi.

Il test e le nostre impressioni

Non è semplice trovare le giuste parole che possano trasmettere la sensazione di comfort di questa calzatura, perché è proprio la comodità l’aspetto che ci ha colpito di più. Bont VayporS ha un impatto estetico marcato e deciso, è una scarpa che si impone in modo violento, sicuramente estrema ma in realtà diventa una pantofola una volta indossata e rimane tale anche dopo tante ore di attività sui pedali.

Invita a spingere

La suola è rigidissima ed è come un “contenitore” (ci è piaciuto definirla con questo aggettivo per via del suo design), permette di smorzare questa estremizzazione e azzera qualsiasi tipo di compressione verso il piede. L’estremità corporea è stabile durante le fasi di trazione e di spinta, ben contenuto e fasciato ma le dita sono libere, grazie alla forma anteriore larga e arrotondata. I due grafici qui sotto permettono di comprendere meglio il concetto espresso.

Non è obbligatorio termoformare

Noi non abbiamo avuto necessità di termoformare la suola, beneficiando di un feeling immediato anche nella sezione dell’arco plantare e del tallone. Il retro della VayporS è tondeggiante, non ci sono angoli, spigoli e protuberanze scomode. Questo è stato un vantaggio notevole per noi ( e non solo ovviamente), che abbiamo un piede magro, molto asciutto e con le ossa del calcagno sporgenti. Trovarsi subito a proprio agio e con l’arto ben saldo, senza fastidi, è stato un valore aggiunto non da poco.

Una soletta impercettibile

Questa Bont, grazie alla sua forma e in particolare a quella della suola permette di bypassare (entrano ovviamente in gioco le preferenze personali e eventuali esigenze) un plantare specifico, soluzioni che permettono di limitare la crescita della temperatura all’interno della scarpa, anche nel corso di giornate da canicola.

Tutta la parte che gira intorno alla caviglia, interna ed esterna, lascia liberi i legamenti dell’articolazione, cosa tutt’altro che scontata.

La regolazione dei due rotori Boa permette di settare abbondantemente il volume e la tensione. Quello superiore ha il compito di assicurare e scaricare verso l’esterno. Il Boa inferiore ha il compito di adeguare il più possibile la tomaia al piede per una maggiore comodità e feeling.

Le nostre conclusioni

Una pantofola fresca e con una qualità della performance che permette di esprimersi a pieno quando si spinge a fondo sui pedali. VayporS non è scarpa per tutti, inutile sottolinearlo, perché è una calzatura professionale ma che va ben oltre il concetto della performance estrema. È uno strumento al servizio dell’atleta, e lo si percepisce in ogni sua rifinitura.

Link Utili

bontcycling.com

charlie-srl.it

 

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.