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Evoluzione Aerodinamica

di - 05/11/2022

bici trek madone vista frontale in galleria del vento

C’erano una volta le bici aero, nel senso più stretto del termine. Esistono ancora, in realtà, ma stanno cambiando pelle: sono meno estreme, più versatili, più guidabili, sebbene sempre disegnate con l’obiettivo di penetrare l’aria ed essere ancora un po’ più veloci di prima.
Una bici dell’enne per cento più aerodinamica”, “Ruote che fendono l’aria e permettono di risparmiare Watt”. E ancora: “Un manubrio integrato, progettato per essere rigido, leggero e allo stesso tempo tagliare perfettamente l’aria”. O, se preferite: “Tubi con forme ottimizzate, frutto di lunghi studi in galleria del vento”…

Aerodinamica generalizzata

bici orbea orca vista laterale in galleria del vento

Quante volte vi è capitato di leggere frasi di questo tenore nel momento in cui cercate informazioni su una bici da strada? Ovviamente ci riferiamo alle bici race, da gara. E sono proprio questi mezzi destinati espressamente alle prestazioni che nel corso delle ultime stagioni si sono evoluti soprattutto nel senso dell’aerodinamica.
Di leggerezza si parla meno, perché questa in fondo è un fattore acquisito, visto che il peso dei moderni telai da competizione d’altissima gamma oscilla tra i 700 e i 900 grammi.

I costruttori sanno che si potrebbero fare telai anche più leggeri, ma questo andrebbe a incidere troppo sui costi di produzione e, soprattutto, sacrificherebbe la rigidezza e renderebbe questi prodotti assai delicati.
Anche per questo, la ricerca e lo sviluppo degli ultimi anni si sono focalizzati più sulla riduzione della resistenza all’aria che le varie parti del mezzo oppongono durante la marcia. Il perfezionamento aerodinamico oggi riguarda non solo e non tanto l’ambito dei telai (e delle forcelle), ma più che altro considera la sinergia di tutte le parti in gioco, prime tra tutte le ruote, ma anche i manubri, una delle masse più direttamente esposte all’aria. L’adozione di forme sempre più schiacciate o filanti, di parti che si sagomano plasticamente le une con le altre, riducendo la possibilità di turbolenze e l’integrazione pressoché totale di cavi o cablaggi, hanno migliorato non poco le proprietà aerodinamiche delle biciclette attuali.

Velocità e marginal gain

Sono proprio questi gli argomenti tecnici che consentono ai produttori di sfornare tutta quella pletora di dati, numeri e messaggi cui ci riferivamo all’inizio. Gli stessi che decantano la bontà aerodinamica dei loro prodotti, che ne certificano con dati scientifici la capacità di vincere la resistenza all’aria. Sono dati e numeri oggettivamente notevoli, confermati sul campo dalle medie monstre del ciclismo professionistico dei nostri giorni, con corse tiratissime dal primo all’ultimo chilometro e velocità di punta che raggiungono livelli mai visti fino a qualche anno fa: del resto, l’ultimo Tour de France i corridori se lo sono “sciroppato” a una media record di oltre 42 all’ora (42,102 Km/h per la precisione).

Le doti aerodinamiche contano eccome, allora, anche se, analizzando questo aspetto con la dovuta serietà, si scopre che in realtà la bicicletta incide solo per il 20 % nell’economia aerodinamica del corridore che avanza nell’aria, visto che la maggior parte dell’impatto (75,80 % circa) è a carico del corpo del corridore, di come è posizionato in sella e addirittura di cosa indossa, quale casco, body, occhiali, copriscarpe…

In questo scenario, le doti aerodinamiche delle biciclette utilizzate dai pro sono solo uno degli aspetti che concorrono alla costruzione della performance, solo uno dei tanti marginal gain sempre più importanti per ottenere il risultato. Diventa cruciale riuscire a farlo in un contesto in cui la bicicletta deve adattarsi a ogni percorso, essere aerodinamica ma allo stesso tempo guidabile, fruibile, leggera e – dulcis in fundo – avere caratteristiche che possano adattarsi anche alle esigenze del non professionista. Per regolamenti e per convenienza, infatti, i materiali utilizzati oggi da chi in bici corre per professione sono esattamente gli stessi che possono essere acquistati sul mercato da chiunque. Prodotti destinati a un pubblico che, seppur di nicchia, non ha certo le capacità atletiche o le competenze di guida di un corridore vero.

Aero si diventa

Qui sta il punto, il nocciolo del nostro articolo che passa in rassegna le più importanti (se preferite, le più significative dal punto di vista tecnico) biciclette moderne che a volte, solo per semplicità o per necessità di riduzione classificatrice, definiamo aero, ma che in realtà sono l’espressione delle capacità tecniche del momento sommate alle caratteristiche del ciclismo competitivo di oggi.

Spulciando nella gamma prodotto dei grandi marchi, ci possiamo allora accorgere che le bici cosiddette aero dei nostri giorni sono generalmente meno esasperate rispetto a quelle che si potevano trovare fino a cinque, sei anni fa, fino a quando questa nuova categoria di bici da corsa fu introdotta e codificata. Guardiamo per esempio alle forme dei tubi: oggi è più raro trovarne di marcatamente schiacciati, tubi a lama o soluzioni carenate, prima di tutto perché forme del genere sono vietate dai regolamenti UCI, ma anche perché telai di questo tipo sono a volte meno fruibili dal punto di vista della guidabilità, più impegnativi da condurre, posso essere eccessivamente rigidi e qualche volta peccano di adattabilità nella posizione.

Se queste forme sono meno frequenti, inoltre, è anche dovuto al fatto che la tecnologia ha trovato altre forme ed altre strade per raggiungere l’obiettivo di ridurre la resistenza all’aria: lo ha fatto prima di tutto con ruote che hanno cerchi più generosi in larghezza, e per questo più filanti in tutte le condizioni di vento, ma lo ha fatto anche attraverso l’abolizione quasi totale dei cablaggi esterni, che erano un nemico non da poco sulla via dell’efficienza aerodinamica.

Una moderna bici aero, insomma, riesce a essere premiante sia dal punto di vista della resistenza all’aria sia rispetto a tutti gli altri requisiti necessari al corridore (o se preferite al praticante amatoriale di alto livello): è aerodinamica, manovrabile, ergonomica, adattabile e anche leggera.
Non è un caso che anche nella strategia di marketing dei costruttori, la definizione stretta che codifica il segmento aero sia stata spesso abbandonata o annacquata, a favore di una nomenclatura che piuttosto preferisce parlare generalmente di bici da corsa, ovvero bici polivalenti, capaci di andar bene dappertutto, non soltanto dal punto di vista aerodinamico.

Trek Madone

La settima iterazione della famosa piattaforma Madone è stata introdotta nell’estate 2022. Come ricorda il produttore, è il modello “velocissimo e superscorrevole” della Casa e interpreta questo spirito con le soluzioni collaudate su questa piattaforma, unite a un’architettura del telaio tutta nuova. In tal senso, le forme dei tubi sposano la forma Kammtail Virtual Foil, in grado di fendere l’aria e ridurre le turbolenze, ma a questo si aggiunge una foggia esclusiva del nodo di sella.

La morfologia IsoFlow collega il tubo verticale con i foderi obliqui secondo un design progettato per vincere la resistenza all’aria, ma allo stesso tempo assicurare la necessaria flessione verticale per migliorare il comfort e smorzare le sconnessioni del fondo stradale. In più, a detta di Trek, IsoFlow garantisce anche una guida più fluida.
Non finisce qui, perché per migliorare la penetrazione all’aria la nuova Madone sceglie la strada di un cockpit tutto nuovo: il “ponte di comando” è integrato, come accade spesso sulle top bike da competizione, ma nella fattispecie la porzione della curva ha un flare marcato delle due code basse, che fissa l’interasse di queste ultime a un valore maggiore di quel che accade dove si fissano i comandi. Questo, ancora una volta, a beneficio dell’aerodinamica, ma anche dell’ergonomia.

Scott Foil

Nella sua gamma Road, Scott mantiene una netta differenziazione tra le categorie “Lightweight”, “Endurance” e “Aero”: in quest’ultimo caso il modello di riferimento è la Foil, che nel 2022 è stata aggiornata in modo significativo. Il nuovo modello è sì ammiraglia delle bici aerodinamiche, ma anche in questo caso la promessa del produttore è quella di offrire una piattaforma in grado di “non scendere più a compromessi nella scelta tra i requisiti di aerodinamica, leggerezza o comfort”.

A documentare la polivalenza della nuova Foil stanno il 21% di aerodinamica in più, il 9% di leggerezza e il 10% di maggiore comfort che questo modello assicura rispetto al precedente. La ricetta di questa estrema versatilità passa per forme dei tubi riviste e aggiornate, con incroci inediti (ma sempre in osservanza dei regolamenti UCI). Inoltre, al fine di veicolare tutti i cablaggi nel telaio, il tubo sterzo è stato sovradimensionato e in questo modo agisce anche da carenatura, riducendo la resistenza all’avanzamento.

Da parte sua, la forcella ha una sezione trasversale più profonda e una testa più alta, in grado di offrire ulteriori vantaggi aerodinamici. Infine, rispetto al passato, i foderi obliqui sono stati abbassati sia per aumentare il comfort sia per ridurre la resistenza all’aria; sono inoltre sagomati in modo da ridurre le turbolenze prodotte dalla rotazione dei raggi. Ed è sempre grazie ai foderi ribassati che la nuova Foil “nasconde” la pinza del freno a disco, riducendo la resistenza aerodinamica e, non da ultimo, assicurando un’estetica pulita.

Canyon Aeroad

Che sia una bici che va ben oltre quanto suggerito dal suo nome di battesimo (Aeroad è evidentemente la bici aerodinamica del marchio tedesco), lo conferma l’apprezzamento espresso dai corridori che hanno scelto di pedalarla. È un modello presente nella linea da oltre dieci anni, ma nella versione oggi in commercio (presentata nel 2020) offre caratteristiche e specifiche tecniche che le consentono di primeggiare anche dal punto di vista della leggerezza, dell’adattabilità e del comfort.

A dimostrarlo stanno infatti i tanti pro rider che la utilizzano e che potrebbero optare anche per la piattaforma Ultimate (sviluppata e dedicata espressamente alla salita), ma che nella realtà dei fatti preferiscono pedalare sulla Aeroad. Il più famoso, in questo senso, è il talento olandese Mathieu Van der Poel, le cui doti atletiche di polivalenza si sposano bene con lo stesso spirito di questa full carbon di Canyon. Anche Alejandro Valverde l’ha eletta a modello preferito già da qualche stagione, e pure in questo caso stiamo parlando di un atleta estremamente polivalente.

Nel dettaglio, la Aeroad usata dai pro è quella che adotta la gradazione di carbonio più pregiata, la CFR, che si differenzia dalla versione con carbonio di grado inferiore CF solo per qualche grammo in meno sulla bilancia. Non cambiano le forme del frame-set, frutto della collaborazione di Canyon con gli esperti di aerodinamica di Swiss Side. Ogni tubo, ogni componente e ogni angolo è stato pensato per ridurre la resistenza dell’aria. Inoltre, nonostante la sua “essenza disc”, la Aeroad ha uno sviluppo del carro estremamente compatto (410 mm), che la rende scattante come piace a tutti i corridori. A questo si aggiungono dimensioni del cockpit regolabili e una geometria equilibrata, che assicurano maggiore inclusività. Insomma, la Aeroad è bici per tutti, a patto ovviamente che siano agonisti.

Wilier Triestina Filante SLR

Quando è stata lanciata, a fine 2019, l’obiettivo ambizioso della Filante SLR era ottenere caratteristiche di penetrazione all’aria superiori, ma con pesi e caratteristiche di guida simili a quelle della 0 SLR. Queste due primedonne condividono il vertice del segmento Competizione di Wilier, con la differenza che la 0 SLR ha sempre rappresentato il modello versatile per eccellenza, la bici superlight sviluppata per piacere ai grimpeur.

A giudicare dall’apprezzamento che della Filante hanno espresso i professionisti, il risultato è stato raggiunto in pieno: Filante è diventata in pochissimo tempo il modello preferito da Vincenzo Nibali quando stava in Astana, team nel quale quasi tutti i corridori hanno deciso di passare dalla 0 alla Filante. Considerando i numeri, anche il valore di peso dichiarato da Wilier ha dato ragione al grande sforzo tecnico e progettuale da cui è scaturita: 870 i grammi dichiarati per una taglia M verniciata, ossia solo 90 in più rispetto al telaio 0 SLR.

Se ci spostiamo dal peso assoluto al rapporto di quest’ultimo con la rigidità, Wilier informa che la STW (rapporto rigidità/peso) della Filante SLR è il 12,5% superiore a quello della 0 SLR. Sempre per rimanere in tema di pesi, agli 870 grammi del telaio vanno aggiunti i 360 grammi della forcella, i 165 grammi del reggisella e i 350 grammi del nuovo manubrio integrato dedicato a questo frame. Anche quest’ultimo, l’integrato Filante Bar, è stato disegnato prima di tutto per vincere al meglio la resistenza all’aria, ma lo fa con una disponibilità di lunghezze e inclinazioni pensate per assicurare assieme alle sei taglie di telaio la combinazione più ricca e non sovrapponibile di assetti utili, che sono ben ventiquattro.

Specialized Tarmac SL7

In ambito di ciclismo road, da tempo il colosso statunitense ha spostato il baricentro della sua filosofia costruttiva dall’aerodinamica pura alla versatilità. Lo conferma l’abolizione della piattaforma Venge, che in fondo esprimeva in modo estremo e poco fruibile la ricerca dell’aerodinamica. È così che, a rispondere alle istanze più frequenti dagli agonisti da strada, oggi c’è essenzialmente un’unica piattaforma, quella della Tarmac SL7.

Parliamo di una bici che si è già dimostrata in grado di assecondare al meglio la velocità di sprinter come Sagan, le capacità da scattista di Julien Alaphilippe o, ancora, quelle da scalatore puro di Jay Hindley. La Tarmac SL7 è la classica bici senza compromessi. Il design – seppur lontanamente – si avvicina a quello della Venge e ne eguaglia le caratteristiche aerodinamiche, aggiungendo però quel patrimonio di leggerezza, guidabilità e polivalenza che, storicamente, contraddistingue questa piattaforma iconica della Casa californiana.

A livello assoluto, se si guarda ai dati asettici della galleria del vento, la Tarmac SL7 è un gradino al di sotto della Venge per quel che riguarda l’aerodinamica, ma in realtà rispetto alla sua progenitrice SL6 si è dimostrata in grado di guadagnare 45 secondi su una distanza di 40 chilometri percorsa in un’ora. Vanno poi menzionati piccoli accorgimenti tecnico/funzionali che hanno permesso di ottimizzare il rapporto (quasi sempre inversamente proporzionale) tra aerodinamica e fruibilità: ci riferiamo prima di tutto all’avantreno e al binomio tra componenti di guida e tubo di sterzo. Il cockpit sembra integrato ma non lo è, visto che unisce la curva S-Works Aerofly II a un attacco manubrio a sé stante, che in quanto tali consentono le più ampie possibilità di regolazioni possibili (o di combinazioni delle misure) e hanno un’architettura che instrada tutti i cavi internamente, per poi veicolarli nell’head tube sempre dall’interno.

Orbea Orca Aero

In un certo senso, lo spagnolo Orbea è marchio che va un po’ controcorrente rispetto a tanti suoi competitor. La novità più significativa dell’ambito strada per il 2022 è stata la Orca Aero, ovvero la declinazione in senso strettamente aerodinamico della famosa e apprezzata piattaforma Orca, che nella gamma del marchio basco rimane l’opzione più adatta agli scalatori e, in genere, ai corridori polivalenti.

La Orca Aero è espressione deliberata di arrivare a una bici che fosse la più premiante a livello aerodinamico, e il suo design è figlio principalmente dei test in galleria del vento e di studi di fluidodinamica. La conferma più evidente non sta solo nelle linee marcatamente affilate e taglienti di tutte le tubazioni e comparti, ma anche nelle originali scelte tecniche che rendono ancor più esclusiva e peculiare questa aero del marchio iberico. Ce lo ricorda, prima di tutto, quella sorta di pinna caudale posta sotto il tubo diagonale, che potrebbe far pensare a un modello da corsa a pedalata assistita. Si tratta di una scocca in plastica, internamente vuota, che esalta lo scorrimento dei flussi d’aria attorno alla bici e che poi è stata resa vano portaoggetti a servizio del corridore. La borraccia, da parte sua, è anch’essa esercizio di penetrazione aerodinamica, anche se è probabilmente meno pratica e meno fruibile (ma non meno capiente) di una classica con forma cilindrica da 500 ml.

Con tutto questo patrimonio tecnico, la Orca Aero sicuramente non strizza l’occhio ai grimpeur o a chi cerca una bici per eccellere in tutte le situazioni, ma certo è che si pone come soluzione perfetta per chi punta solo alle gare di velocità e anche a chi fa triathlon o alterna le cronometro alle gare su strada a circuito.

Giant Propel

La Propel è da anni la proposta aerodinamica del colosso Giant, e il model year 2023, prima di fare la sua apparizione ufficiale per il grande pubblico, era stata già battezzata al Tour de France nel migliore dei modi: con due vittorie conquistate da Dylan Groenewegen e Micheal Matthews, del Team BikeExchange-Jayco…

La nuova Propel Advance è stata profondamente rivista rispetto al modello che sostituisce e, come per la più parte delle biciclette aerodinamiche oggi proposte, interpreta il genere con forme meno esasperate e profili più dolci rispetto alle Aero di vecchia generazione. Ha un design più minimalista, forme dei tubi meno affilate e acuminate. Tutto questo senza sacrificare affatto il suo spirito nativo di bici aero, come conferma il progresso del 2,6 per cento nelle capacità di fendere l’aria.

Ma oltre a questo ci sono soprattutto miglioramenti che hanno coinvolto anche altri aspetti: prima di tutto quello della leggerezza, con i 225 grammi risparmiati dal kit telaio (telaio, forcella, manubrio) rispetto all’omologo kit telaio della Propel Advanced di vecchia generazione. Inoltre, il diverso design del tubo verticale e del relativo reggisella hanno permesso di migliorare la capacità del telaio di assorbire le vibrazioni trasmesse dal terreno, questo ancora una volta grazie a tubazioni meno voluminose ma più adatte per assecondare la grande varietà di situazioni e condizioni che il corridore incontra in corsa.

Ex agonista, prima della mountain bike, poi della bicicletta da corsa, tuttora pedalatore incallito, soprattutto su asfalto. Nel suo passato tante granfondo e da qualche tempo anche una passione matta per le biciclette d’epoca. Per anni “penna" delle storiche riviste “La Bicicletta” e “ Bici da Montagna”, si occupa di informazione legata al mondo “bici” da un mucchio di tempo, soprattutto di tecnica e nuovi prodotti.