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Campagnolo Bora Ultra WTO 45, il nostro test

di - 27/10/2021

Le ruote Campagnolo Bora sono un must, non solo per chi ricerca la massima prestazione e resa tecnica del prodotto, non solo per il corridore agonista, ma anche per chi vuole regalare un gran bel vestito alla bicicletta. Con il passare degli anni il segmento delle ruote Campy si è evoluto, è cambiato e si è adeguato alle richieste del mercato, ma alcuni aspetti sono rimasti la base per costruire strumenti di qualità. Abbiamo provato le Campagnolo Bora Ultra WTO con cerchio da 45 mm di altezza e con la configurazione tubeless. La scorrevolezza e l’eccellenza hanno una forma!

Campagnolo Bora Ultra, il sistema ruota

Al di là delle preferenze soggettive e dei gusti personali, per la stragrande maggioranza dei ciclisti di varia natura, la Campagnolo Bora è “la ruota” per antonomasia. Scorrevolezza e fluidità, bellezza e design, ma anche leggerezza e versatilità nelle diverse configurazioni. In passato, la Bora è stata una delle primissime ruote con il profilo alto, ad essere utilizzata anche dagli scalatori.

Ultra WTO, top nel listino Campy

La versione Bora Ultra WTO è l’ultima evoluzione di questa categoria (WTO è l’acronimo di Wind Tunnel Optimized). E’ costruita con un cerchio full carbon da 45 mm di altezza, (definito anche profilo medio, perché in catalogo sono presenti la 60, profilo alto e la 33, ovvero il profilo basso) hand made e con un tessuto composito super leggero e unidirezionale. La finitura esterna viene chiamata C-Lux. Ha un canale interno di 19 millimetri e la larghezza complessiva del cerchio e di 26,1 mm.  Questo significa che lo stesso cerchio è ben equilibrato nelle sue forme e non spancia in modo eccessivo ai lati.

Per tubeless e copertoncino

Le Campagnolo Bora Ultra WTO è nativa 2-Way-Fit, ovvero una sorta di tubeless ready. I raggi sono in acciaio, hanno la testa dritta e sono ellittici. Si innestano al cerchio grazie ai nipples autobloccanti, che rispetto al passato “sono visibili a pelo del cerchio”. Questa soluzione, pur senza sacrificare l’aerodinamica, facilita le eventuali operazioni di manutenzione. Hanno la raggiatura G3, comune per l’anteriore ed il posteriore. E’ una fattore tecnico che viene utilizzato da anni e che offre dei vantaggi in fatto di stabilità, di penetrazione dello spazio, di risparmio del peso e anche in una distribuzione ottimale delle forze tra cerchio e mozzi.

Passando ai mozzi, questi, per la versione Ultra sono differenziati: in carbonio quello davanti, in alluminio quello dietro. Hanno i cuscinetti ceramici CULT, con il sistema sfera-cono-calotta e il pre-carico è regolabile grazie alla copertura esterna che scorre sull’asse passante. Il mozzo posteriore si presenta con una ruota libera a cremagliera (36 denti). Il sistema di ingaggio del disco è CenterLock. Il peso dichiarato della coppia è di 1425 grammi (senza pneumatici) ed il prezzo di listino è di 3150 euro.

Le nostre impressioni

Prima di tutto è necessario sottolineare che abbiamo utilizzato le Campagnolo Bora Ultra WTO 45 nella configurazione tubeless, con gli pneumatici Pirelli PZero Race SL TLR da 26 mm di sezione. Nell’economia della ruota e della prestazione complessiva di questo comparto rotante, la gomma (e la sua gestione) ricopre un ruolo fondamentale. La SL di Pirelli è una gomma da gara e questo non è un dettaglio.

Il pacchetto ruote è marcatamente racing e le gomme lo sono altrettanto! Campagnolo Bora Ultra WTO è eccellente, lo è perché ha “una scorrevolezza da paura”, che collima con una stabilità che per certi versi non ti aspetti da una ruota da gara, con una gomma slick. Al pari della stabilità c’è la facilità di guida e quella semplicità di portare le ruote (e la bici) a cambiare direzione, senza incertezze e senza che l’anteriore vada al di fuori della traiettoria ottimale.

Un feeling immediato

Guidare con estrema naturalezza una ruota medio/alta, racing oriented, leggera e così sensibile, può non essere immediato, quindi è necessario non dare tutto per scontato. Qui però si tratta di utilizzare il tessuto di Alcantara. Vibrazioni che si riflettono sull’avantreno della bici? Inesistenti. La ruota posteriore non è eccessivamente rigida, ma è reattiva, è tosta e si sente, ma non è scomoda. Quando si rilancia in piedi sui pedali l’ingaggio è immediato, non ci sono buchi e spazi vuoti nella ruota libera. Inoltre, proprio quella posteriore sembra chiamare ed invita a spingere, anche con un rapporto più duro. Quest’ultimo non è un fattore secondario, perché è sinonimo di una risposta ottimale in termini di dispersione dell’energia: la ruota non assorbe e non disperde praticamente nulla. Le Campagnolo Bora Ultra sono estremamente veloci, anche in discesa e nei tratti pianeggianti dove l’effetto volano può dare qualche vantaggio.

In conclusione

Non è merito solo del cerchio e/o solo della raggiatura. Non è solo questione di sfere ceramiche, ma è l’insieme che crea dei vantaggi in fatto di performances. Qui non si tratta di mettere sul podio una ruota Campagnolo Bora Ultra WTO (che di podi ne ha già visti parecchi), che “è oggettivamente un prodotto figo”. Qui è fondamentale sancire, ancora una volta, il valore di un processo di costruzione e assemblaggio che si dimostra un successo nelle sue varie fasi di evoluzione, capace di abbinare prestazioni di livello eccellente ad una longevità tecnica non comune a questi livelli.

A cura della redazione tecnica, immagini della redazione tecnica. Un ringraziamento a Nicolò Ildos di Campagnolo che ha reso possibile questo test.

campagnolo.com

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.