Dolomiti Bike Galaxy: un’avventura in mountain bike di 4 giorni, seguendo in parte il tracciato del Sella Ronda MTB Tour, per gustare a fondo quella meraviglia della natura che sono le Dolomiti.
Dolomiti Bike Galaxy
La mountain bike è un modo originale per scoprire la meraviglia delle Dolomiti (qui il video di Ale di Lullo con le leggende del freeride), come dimostrato nella nostra quattro giorni da Cortina d’Ampezzo a San Martino di Castrozza. Dolomiti Bike Safari, magnificamente organizzato dallo staff di Dolomiti SuperSummer – la costola estiva della più nota invernale Dolomiti Superski – con un gruppo selezionato di giornalisti italiani e di lingua tedesca, ci ha portato e ci ha fatto conoscere alcuni degli angoli più belli di questa catena montuosa, una meraviglia della natura dichiarata Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco.
Per molti ma non per tutti
Un tour d’alta montagna – superando nel quarto giorno i 2.700 m – impegnativo ma anche entusiasmante, un vero e proprio sogno a due rue artigliate per gli appassionati del lato più ludico e adrenalinico della mountain bike. Partecipare a questa indimenticabile esperienza ha richiesto in ogni caso una buona forma fisica, la padronanza del mezzo e della tecnica di guida.
Anche se non sono mancati lunghi tratti “di scarico” su ciclabili – come il transito sulla conosciutissima Cortina-Dobbiaco – e strade bianche, molto semplici, il percorso non si può definire adatto ai principianti.
Questo è il nostro avviso per chi volesse replicare, integralmente o parzialmente, la nostra avventura. Eh sì, perché questa è stata anche e soprattutto un’avventura, immersi nella natura, non solo un tuffo a gas aperto e con l’adrenalina a mille su alcuni dei trail a pendenza negativa più entusiasmanti dell’ampio comprensorio di Dolomiti SuperSummer.
Soprattutto il secondo e il quarto giorno ci hanno fatto piangere di gioia, ma anche faticare in salita, con il cuore a mille e la respirazione concitata, e intorpidire i muscoli dalla tensione della discesa su alcuni dei sentieri più ripidi, tecnici e tortuosi che abbiamo mai percorso.
Non spaventatevi in ogni caso, un biker dall’almeno buona preparazione fisica e tecnica è pronto per un tour assimilabile a quello che abbiamo seguito, e vi garantiamo che per bellezza e varietà questa è solo una fetta della grande e gustosa torta delle Dolomiti. Dipende solo dalla fantasia e dalla disponibilità di tempo dell’appassionato: panorami spettacolari, rifugi accoglienti, tradizioni culinarie, e ovviamente percorsi discesistici appaganti (nel sito trovate una mappa interattiva per pianificare la vostra avventura, sotto ogni aspetto).
Pacchetto completo
Il pacchetto preparatoci minuziosamente da Dolomiti SuperSummer ci ha visto percorrere circa 130 km in quattro giorni, solo una piccola parte di quello in grado di offrire da Dolomiti Bike Galaxy (più di 450 km di tracciati MTB per oltre 24 mila metri di dislivello negativo), magnificamente accompagnati dalle Guide MTB Arabba.
Il programma è accorciato causa i tempi tecnici del primo giorno – non abbiamo girato nel bike park in costruzione di Cortina d’Ampezzo – e del maltempo del terzo giorno, in cui abbiamo chiuso con il bel sentiero – reso super viscido dalla pioggia – dal Rifugio Burz ad Arabba. In ogni caso sono stati poco più di 2.200 m di dislivello guadagnati pedalando in salita – tutti gli altri con gli immancabili impianti di risalita – e quasi 11 mila in discesa.
I primi non sono da sottovalutare, perché, nonostante le numerose funivie, cabinovie e seggiovie – tutte fruibili grazie alla preziosa Dolomiti SuperSummer Card – le salite sono a volte faticose, con pendenze estreme e fondo smosso, e in ogni caso si passano sulla MTB quattro giorni di fila, senza respiro.
Chi volesse seguire le nostre orme per questa esperienza emozionante, che per molti potrebbe rappresentare il viaggio in mountain bike di una vita (come per noi!), deve mettere in conto alcune semplici cose.
Per chi è
Non è un tour da pro, ve lo ribadiamo. Serve in ogni modo una tecnica di guida ben affinata, una resistenza più che discreta, per godersela appieno senza correre rischi inutili. La capacità di percorrere – senza soccombere mentalmente e fisicamente – lunghi sentieri in discesa, tra cui alcuni parzialmente esposti, è utilissima.
Quale bici
La mountain bike ideale è una full suspended da enduro, in perfette condizioni, soprattutto per ruote/pneumatici e impianto frenante, particolarmente stressati. Anche una moderna trail bike, meglio se con anima aggressiva e 130/140 mm di travel, è secondo il nostro parere la soglia minima per godere appieno delle emozioni regalate da un’avventura come questa. La nostra scelta è stata una Trek Slash 9.7 (qui il nostro test in breve), biammortizzata da enduro con ruote 29er, 150 mm di travel al posteriore e 160 mm all’anteriore, con l’allestimento di serie modificato usando alcuni prodotti in test (come il telescopico Pro Koryak 170, qui la nostra preview).
Quale equipaggiamento
Anche se in estate il clima è mediterraneo, tenete presente che siamo in montagna, muovendosi spesso e volentieri oltre i 2.000 m di quota. Il sole scalda – superando anche i 30° come da noi rilevato! – ma la pioggia e i temporali sono dietro l’angolo così come i repentini abbassamenti di temperatura. È consigliabile portare con sé l’equipaggiamento e l’abbigliamento adeguati, oltre alle classiche ginocchiere (almeno quelle) e un casco aperto (volendo modulare con mentoniera staccabile) di tipo trail/enduro. Uno zaino da 25 l (massimo 30 litri) è la soluzione ideale per chi vuole percorrere un tour analogo in completa autonomia, altrimenti uno più leggero, intorno a 10/15 litri di capacità, per chi vuole seguire integralmente le nostre orme con trasporto bagagli da un rifugio all’altro.
La nostra avventura raccontata per immagini
Se volete perdervi insieme a noi nella bellezza delle Dolomiti vissute in mountain bike, gustatevi i nostri quattro video che ripercorrono giorno per giorno il tour Dolomiti Bike Galaxy. Più sotto trovate il racconto corredato di una ricca galleria fotografica. Buona lettura e buona visione!
Day #1 – Riscaldamento da Cortina alle 5 Torri
Da Cortina d’Ampezzo (Monte Faloria, 2.120 m) al Rifugio Scoiattoli, all’arrivo della seggiovia 5 Torri.
- Distanza 32,2 km
- Dislivello 440 m +/2.110 m –
La partenza è dalla Perla delle Dolomiti, Cortina d’Ampezzo, una meta per il turismo classico che mostra grandi ambizioni anche per tutto quello che riguarda il ciclismo off-road. Non abbiamo provato, come da programma, il bike park in costruzione, per una semplice questione di ritardo sulla tabella di marcia, ma contiamo in una soddisfacente espansione dell’offerta turistica verso il mondo delle due ruote artigliate a pedali.
Con l’ausilio di un transfer dedicato abbiamo raggiunto la cima del Monte Faloria a 2.120 m (stazione a monte dell’omonima funivia, ferma per manutenzione straordinaria) da Cortina. Saliti in sella dopo i preparativi di rito, la nostra guida ha mostrato di volerci bene già da subito, con un bel trail che andava oltre il più tradizionale riscaldamento su gippabile di ghiaia, una costante della nostra avventura.
La prima lunga discesa della giornata si è sviluppata su sentiero nella prima parte: “Dolimitic Panoramic Trail – DH variante 212 Pian de Ra Bigontina”, preso dopo circa un chilometri di velocissima strada bianca in discesa. Questi 2,2 km per poco più di 200 m di picchiata negativa ci ha rapidamente destato, con i numerosi letti di radici e i tornanti impiccati sul ripido, tra sezioni di soffice terra compatta e circondati da quello che si rivelerà un elemento comune della nostra quattro giorni dolomitica, i pini mughi.
Usciti sulla strada forestale ci siamo rilassati, con tutto il tempo e la tranquillità necessari per goderci l’ambiente che ci circondava, tra torrenti e laghetti, circondati dalla maestosità delle Dolomiti. Arrivati a Rio Gere, abbiamo poi preso la seggiovia “Rio Gere-Son Forca” che ci portato in pochi minuti ai piedi del Cristallo, una delle vette più caratteristiche del comprensorio ampezzano. Da quota 2.235 m abbiamo prima seguito la strada bianca, scendendo verso la Val Padeon, altro angolo segreto di quest’area, costeggiata dalle catene del Pomagagnon e dal gruppo del Cristallo.
Arrivati all’Ospitale d’Ampezzo, antico ospizio per pellegrini e viandanti risalente al 1.226, la nostra placida strada bianca si è immersa sulla pista ciclabile Dobbiaco-Cortina, che su fondo sterrato segue la vecchia traccia della ferrovia, passando attraverso il canyon del Rio Felizon con ponti e gallerie, fino a ritornare – come per magia, un attimo prima eravamo immersi nella natura rigogliosa – nel capoluogo ampezzano.
Qui, tra i primi in assoluto con MTB al seguito, siamo risaliti con la cabinovia Col Druscié, che ci ha portato in quota all’omonimo rifugio, dove ci aspettava il meritato pranzo in un ambiente curato e panoramico sulla conca ampezzana. Fatto il pieno d’energia e ripristinate le riserve idriche, abbiamo dato il via al rush finale del nostro riscaldamento tra le Dolomiti.
Siamo tornati in quota con la seggiovia Rumerlo-Duca d’Aosta, per poi scendere nuovamente in MTB su un altro sentiero “croccante” prima e su strada boschiva asfaltata poi fino alla Statale del Passo Falzarego.
La meta finale, il Rifugio Scoiattoli alle 5 Torri, è stato raggiunto in seggiovia, dopo le ultime fatiche sui 3 km di strada asfaltata per Bài de Dònes. Un modo fantastico per finire la giornata, godendo di un tramonto epico con vista su Tofane, 5 Torri e Croda de Lago.
Day #2 – Avventura pura da Cortina ad Arabba
Dal Rifugio Scoiattoli, in zona Cortina d’Ampezzo, sino ad Arabba (Rifugio Bec de Roces), passando attraverso “secret spot” in una vera giornata selvaggia.
- Distanza 34,69 km
- Dislivello 1.080 m +/2.150 m –
Si parte per la seconda giornata, dopo una lauta colazione – all’altezza della gustosa cena del giovedì sera – dal Rifugio Scoiattoli, ammirando ancora una volta la vista a 360° su alcuni dei gruppi più unici fatti di dolomia.
Pronti via, un altro bel sentiero tossico, stretto, con fondo croccante tra ghiaia e sassi smossi, che aggira la Torre Grande da sud per confluire sulla strada asfaltata che seguiamo in discesa, abbandonandola dopo circa un chilometro per un’altra divertente traccia, un warm-up relativamente più tranquillo: nel bosco, su sentiero più ampio che da maggiore liberta di scelta della traiettoria, tra letti di radici e saltuari gradoni rocciosi. Il divertimento finisce appena prima di costeggiare il Lago Bain de Dones e prendere ancora una volta la seggiovia che ci porterà alle 5 Torri.
L’antipasto a pendenza negativa ha preceduto una prima portata decisamente sostanziosa: di nuovo la sella alta per l’ardua risalita – pendenza media del 16% su fondo ghiaioso con punte superiori al 30% – fino alla Forcella Nuvolau a quota 2.413 m. Gambe di legno, fiato corto sino all’iperventilazione, l’alta quota non perdona. Ma la vista e il sentiero seguente ci ripagano ampiamente del breve e intensissimo sforzo.
Una traccia stretta, spesso esposta, immersa nella natura selvaggia, un anticipo dell’ambiente lunare, qui ai piedi dell’imponente parete dell’Averau, in cui ci immergeremo totalmente nel quarto giorno.
La ghiaia si trasforma in terra ed erba, passando dall’iper panoramica asprezza del percorso a mezza costa all’ambiente bucolico fatto di boschi, prati e alpeggi, verso la montagna di Andraz. In circa 600 m di dislivello negativo su poco meno di 6 km abbiamo vissuto di tutto e di più.
Ma non è ancora finita perché, dopo l’attraversamento dell’asfalto e un breve tratto più tranquillo in cui rifiatare, giungiamo al Castello di Andraz, un altro luogo intriso di storia. Prendiamo un nuovo singletrack sino al campo sportivo, da cui ci aspetta una salita impegnativa su strada ghiaiata – dalle pendenze sovente assassine e da temperature killer di oltre 30° a più di 2.500 m di quota – fino ad Agai, dove l’organizzazione ci ha riservato una grande sorpresa.
Facciamo un passo indietro, all’ambiente attraversato, che merita una deviazione nel nostro racconto. Sì, perché l’emozione è stata grande nell’attraversare una delle aree più colpite dalla tempesta Vaia dell’ottobre 2018: piogge torrenziali, venti ben oltre i 100 km/h, con la caduta di milioni di alberi che ha portato alla distruzione di migliaia di ettari di foreste. Una ferita ancora aperta in un ambiente tornato alla normalità, grazie anche e soprattutto all’impegno dei residenti, ancora adesso impegnati nella ricostruzione.
La merenda di metà mattinata ci ha saziato in tutto e per tutto, godendo anche della vista sul ghiacciaio della Marmolada. Tempo di salutare i nostri ospiti e ripartiamo, seguendo singletrack e tratti asfaltati che ci riportano al fondovalle passando anche per il caratteristico paese di Pieve di Livinallongo, ai piedi del tristemente noto Col di Lana.
Di nuovo in assetto da salita, per circa 10 km – i primi tre su tranquillo asfalto – per raggiungere il Rifugio Incisa, sede del nostro pranzo, dopo essere scollinati al Passo Incisa, che separa la valle di Fodom dall’Alta Badia. Una lunga e faticosa ascesa, segnata da pendenze talvolta assassine – oltre il 20% – e dal meteo via via più umido, presagio di un possibile cambiamento.
Una pioggia breve e intensa ha solo reso l’aria più umida ma compattato il fondo del singletrack seguito fino al Planac, noto in zona come “Le Reis”: traccia ripida infarcita di radici, dove è vietato usare i freni! Presa la seggiovia Pralongia per tornare al Rifugio Incisa, abbiamo chiuso la giornata con il singletrack artificiale Flè Trail, immergendosi poi sul tracciato del Sella Ronda MTB Tour dal Passo Incisa sino alla picchiata finale per il Passo Campolongo.
Da qui in seggiovia per il Rifugio Bec de Roces a quota 2.060 m, dove termina la nostra seconda giornata di tour.
Day #3 – Gravity Day intorno Arabba
Una giornata dedicata al divertimento duro e puro, anche se segnato dal maltempo. Un vero “gravity day” con il fondamentale aiuto degli impianti di risalita.
- Distanza 31,41 km
- Dislivello 340 m +/3.800 m –
Quanto ci sarebbe piaciuto svegliarci all’alba per godere del massiccio del Sella tinto di rosso dal sol levante, come successo il giorno precedente in cui le protagoniste assolute sono state le 5 Torri! Nebbiolina e cielo grigio carico d’acqua sono stati invece i protagonisti assoluti, con le nostre dita incrociate scongiurando l’avverarsi delle previsioni meteo: pioggia fine di mattina e temporali il pomeriggio.
Dal Rifugio Bec del Roces, situato a monte di Arabba presso il Passo Campolongo, siamo subito partiti a tutta su un bel trail dedicato nel bosco (Bec de Roces DH, 240 m – / 1,38 km), raggiungendo in pochi minuti il paese su un terreno già reso umido dalla pioggia notturna, con la condensa dei nostri respiri che sottolineava ulteriormente il cambio netto del meteo: da estate piena ad anticipo di autunno.
Risaliamo una prima volta in funivia fino ai 2.478 m di Porta Vescovo, una botta di quasi 900 m di dislivello. Un muro caliginoso oscura la vista per gran parte del tragitto sino al punto di arrivo dove, con indispensabile giacca a vento indossata, prendiamo la prima parte di velocissima ghiaiata sino all’imbotto della traccia rossa del Bike Park Porta Vescovo: due segmenti per un totale di 3,64 km e 564 di picchiata negativa. Si torna bambini, tra sezioni naturali più tecniche e altre artificiali più flow, tra pascoli, pratoni, roccia e morbida terra nel bosco con saltuarie radici.
Ripetiamo per una seconda volta, con maggiore confidenza su sponde, salti, rock garden e tornanti, variando il programma di giornata. Infatti, come ricordato dalla nostra guida Andrea Dorigo a inizio giornata, probabilmente non avremmo scampato la forte pioggia del pomeriggio.
Purtroppo il secondo giro è stato segnato da una rovinosa caduta sul tratto più ostico della prima parte: rock garden al limite del trialistico, dove un inaspettato “over the bar” ha lasciato il segno su costato, mano sinistra, ma anche qualche cicatrice su manubrio e leva freno sinistra.
Si stringono i denti e si riparte per la seconda frazione, prima fluida all’aperto con numerosi kick e woops, poi più guidata nel bosco, con una serie di entusiasmanti tornanti stretti nella seconda metà.
Da Arabba riprendiamo la cabinovia per la terza volta, dando via al nuovo programma della giornata: dalla Forcella Porta Vescovo circa un chilometro in discesa su ghiaiata tra pascoli, seguendo le indicazioni Sella Ronda MTB Tour per prendere poi una serpentina che correva a mezza costa, seguito da un altro tratto su gippabile, sino al Pordoi Single Track: poco più di 2 km su un sinuoso sentiero mangia & bevi per l’omonimo passo dolomitico.
Brevissima digressione su asfalto sotto il Pordoi per prendere un altro trail dedicato – All Fever DH – lungo poco più di un chilometro e che, tra paraboliche, passaggi tecnici e quei bellissimi scorci sulla vallata di Fodom/Livinallongo che ci siamo solo sognati vista la pioggia che ha iniziato a cadere fitta, ci porta al alla base dell’impianto Fodom.
La pioggia non perdona, pedalando con attenzione su quello che sarebbe stato altrimenti un sentiero epico per sviluppo mezza costa nella prima parte, un’arrampicata tortuosa su un panoramico dosso in quella centrale, e una divertente chiusura su serpentina sino a poco prima del Rifugio Burz, dove siamo attesi per pranzo.
Dopo esserci liberati – in parte – dei vestiti zuppi, ci siamo rifocillati e scaldati, serviti e riveriti dal personale. Il menu della casa ci ha servito come digestivo un doppio passaggio Single Trail Burz: 207 m – e 1,22 km su fondo super viscido, per una sessione extra di divertimento in cui siamo tornati bambini, con piede interno immancabilmente staccato dai pedali a ogni curva alla ricerca di grip extra.
Giornata chiusa anzitempo ad Arabba, in ogni caso appagante in tutto e per tutto, ringraziando l’ospitalità dell’Hotel che ci ha messo a disposizione la SPA per lavarci, riscaldarci, indossare abiti asciutti, con la nostra attrezzatura riposta al sicuro in sacchi neri e le bici lavate nella rimessa attrezzata per le bici. Arriva il tempo di salire sul transfer dedicato e dirigerci, in circa un’ora e mezza a San Martino di Castrozza, dove pernotteremo all’Hotel Belvedere.
Day #4 – Da San Martino di Castrozza sulla Luna
Alla scoperta della Valcigolera e delle Pale di San Martino, un santuario del freeride non solo con gli sci in inverno ma anche con la MTB in estate, in un ambiente unico.
- Distanza 31,46 km
- Dislivello 360 m + /2.570 m –
Partenza ancora una volta con un cielo terso e un’aria frizzante, dopo una lauta colazione all’Hotel Belvedere che ringraziamo anche per il super cortese servizio lavanderia della sera precedente, con il completo usato il sabato di nuovo pulito e asciutto. Questo e tanto altro da un bike hotel a conduzione familiare, che ci sentiamo di consigliare a tutti i nostri lettori.
Il gruppo si divide: da una parte il Giro delle Malghe e il Sentiero del Cervo, un tour immersi nella natura della Valcigolera, dall’altra le piste gravity del San Martino Bike Arena. Saliamo tutti insieme con la Cabinovia Tognola, a quota 2.200 metri.
Qui ci dividiamo, noi proseguiamo per Malga Tognola, scendendo su strada forestale, fino a incrociare il Sentiero della Pace. Lo percorriamo per circa 45 minuti, su una traccia ciclabile al 90%, tra panorami mozzafiato sulle Pale di San Martino e saliscendi con rocce affioranti, un vero spacca cuore e gambe, sino alla Malga Valcigolera.
Sosta caffè allungata causa guai tecnici – un paio di pizzicature – risolti comunque con successo e si riparte sino a raggiungere la forcella della pista Rekord, dove imbocchiamo il Sentiero del Cervo. La prima parte, già esposta e pure danneggiata dalla tempesta Vaia, obbliga a un paio di passaggi con bici a fianco, per poi tornare in sella su un sentiero piacevolissimo e divertentissimo, raggiungendo rapidamente la Malga Ces. Ora si rientra a San Martino di Castrozza su un singletrack più semplice, incrociando poi un percorso immerso tra i larici e condiviso con i pedoni, dove il rispetto reciproco è d’obbligo, sino al centro abitato.
Breve ma intesa risalita a pedali su asfalto per l’impianto Col Verde, a cui è seguita la più lunga risalita sulla cabinovia Rosetta che in pochi minuti ci ha portato sull’Altopiano delle Pale di San Martino, a quota 2.700 m. Appena scesi l’emozione ci sovrasta: ambiente lunare, dominato dal grigio della dolomia, che crea un forte contrasto con il blu intenso del cielo. Immancabili le soste per ammirare il panorama e scattare le foto di rito, un’abitudine che ci seguirà per tutto il lungo attraversamento dell’altopiano.
Arriviamo al Rifugio Pedrotti con bici rigorosamente a mano (circa 500 m, 10 minuti), e da qui saltiamo di nuovo in sella, con Garès come meta finale. Ma la nostra avventura è ancora lunga, per fortuna: 10 km di trail per 1.300 m circa di picchiata negativa.
Infatti la prima parte di questo itinerario si snoda in un ambiente magico, al cospetto delle Pale di San Martino. È completamente roccioso, con andamento in leggera discesa a parte qualche breve rilancio e qualche rampa da pedalare in agilità cercando la trazione necessaria sui sassi smossi. Nel complesso è tecnicamente impegnativo e stancante, sia fisicamente sia mentalmente, a causa della tipologia del terreno, con un andamento a picco sul fondovalle e un paio di tratti esposti quando si entra nella Valle delle Comelle, che obbligano a procedere con bici a fianco.
Arrivati a un dosso super panoramico, il grigio della roccia ci abbandona sostituito dal marrone rossastro della terra. La mulattiera è scavata, rovinata dalle precipitazioni, ma il divertimento non manca. Dopo un intermezzo tra pratoni, con ripida risalita, segue il gran finale su singletrack naturale nel bosco: tornanti, letti di radici, gradoni, scalette artificiali.
La picchiata per la piana di Garès è la degna conclusione di una giornata – e di un’avventura di quattro giorni – epica. Un percorso – dalla Rosetta a Garès – che si è rivelato una vera e propria gemma nascosta, un qualcosa di unico e speciale, con i suoi 1.300 m di picchiata negativa su ogni tipo di fondo e immersi in ogni tipo di ambiente.
Il pranzo alla Capanna Cima Comelle (1.333 m) ci ristora, prolungando la sosta sino al primo pomeriggio. Ma è ora di ripartire, ancora una breve salita su asfalto e poi una lunga picchiata in discesa sempre su strade aperte al traffico, verso il Canale d’Agordo dove troveremo il nostro servizio shuttle che ci riporterà a Cortina d’Ampezzo.
Arriva il tempo dei saluti, alle Dolomiti, ai nostri compagni d’avventura, alle nostre guide e accompagnatori. È solo un arrivederci, perché il richiamo di questa terra magica è irresistibile.
[foto: Cristiano Guarco, Ivan Goller]