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Granfondo Charly Gaul, molto più di una granfondo

di - 15/07/2019

Perché la granfondo Charly Gaul di Trento, che quest’anno giunge alla 14esima edizione, non si esaurisce nei due percorsi proposti alla domenica. Ovvero quello granfondo che in 140 chilometri propone oltre 3700 metri di dislivello ed il medio che in soli 57 chilometri ne conta poco meno di 2000. È infatti preceduta nel tardo pomeriggio di venerdì da una prova a cronometro valida, come la granfondo stessa, per la qualificazione ai mondiali cicloamatori UCI. Al sabato si svolge invece la Moserissima, manifestazione ciclostorica con bici e abbigliamento d’epoca che si snoda tra i vigneti della Val d’Adige. Naturalmente con il numero 1 prende il via lo sceriffo Francesco Moser, che da sempre si divide tra la bici e la cura della vigna di famiglia.

Venire dunque a Trento già al venerdì, partecipare alla cronometro, godere del giusto stacco offerto al sabato magari per conoscere i dintorni o Trento stessa, con le visite organizzate dalla locale Azienda di Promozione Turistica, per poi partecipare alla manifestazione della domenica è certamente il modo migliore per apprezzare questi luoghi. Per chi non avesse a disposizione questo tempo, come noi del resto, va ricordato che è necessario comunque recarsi a Trento entro sabato sera alle 20 per il ritiro dei pacchi gara. Alla domenica infatti non è ufficialmente possibile tale operazione. È anche vero che Trento, comodamente raggiungibile in autostrada, è comunque abbastanza incuneata tra le montagne da giustificare il pernotto in una delle tante strutture, convenzionate e non, presenti nei dintorni. Giunti quindi a Trento sabato sera abbiamo ritirato il pacco gara quasi interamente composto da prodotti locali e pochissima carta, cosa che ci piace molto. Giusto le informazioni relative alla manifestazione. Una bella cena in uno dei tanti locali del centro è il miglior viatico per una riposante nottata. C’è solo l’imbarazzo della scelta dato che Trento per molti mesi all’anno è anche una vivace città universitaria e il clima mite, estivo, invoglia a stare all’aperto.

La sveglia arriva presto, ma non troppo, dato che la partenza sarà alle 8 in punto. E per questo la colazione è un po’ più leggera del solito, visto che si parte in centro e non c’è da affrontare un lungo trasferimento. Trento è una piccola città, molto bike friendly, che si attraversa facilmente da un capo all’altro su una delle tante ciclabili. Giungere nella bella Piazza Duomo è questione di pochi minuti e qui ci accoglie un turbinio di lingue e maglie sconosciute, vista anche la natura internazionale della manifestazione. Pochi indossano la maglia dell’evento, riservata ai 500 più veloci ad iscriversi, come pure per i più veloci iscritti al singolo evento era dedicata la personalizzazione con il cognome sul dorsale.

Ecco veniamo ai dorsali. Essendo una manifestazione appartenente alle UCI Gran Fondo World Series i partecipanti sono suddivisi per Age Group. Ogni fascia di età è identificata da un diverso colore del dorsale, in modo che sia agevole riconoscere i propri “rivali”, e raggruppata in una specifica griglia. L’attesa scorre piacevolmente sotto il sole che illumina la piazza rendendo la temperatura mite. Un contrappasso di cui tenere conto quando si partecipa alla Charly Gaul. La manifestazione infatti ricorda la vittoria dell’angelo della montagna, come venne poi chiamato, avvenuta l’8 giugno del 1956 in una giornata di tregenda. Di segno opposto invece il clima che gli amatori trovano di norma ai primi di luglio. Giornate calde, spesso terse, dove non di rado si passano i 30 gradi.

Dieci minuti prima delle 8 prendono il via alcune bici storiche e poi arriva il nostro momento. Le griglie vengono compattate e si parte. Ci sono alcuni rallentamenti per svariate ragioni. Avere davanti il plotoncino delle donne, in molti casi in attesa del sopraggiungere dei propri gregari non aiuta. Non aiutano nemmeno alcune curve e tratti in san pietrini nei primi due km. Ma anche noi amatori ci mettiamo del nostro!

Certo, il testuale appello “ad andare piano” rivoltoci dalle autorità ci ha fatto sorridere. Ma è vero pure che le strade sono in ottime condizioni e per noi sono stati mobilitati quasi 1000 volontari. A questo punto la sicurezza dipende da noi. Purtroppo, quando usciti dalla città si imbocca un’ampia strada in direzione di Lavis, ecco che una piccola distrazione genera una caduta, proprio nelle prime posizioni. Schiviamo un paio di persone e relative bici. Per fortuna sembra che stiano bene ma probabilmente dovranno cambiare i cellulari carambolati sull’asfalto.

In breve giungiamo all’imbocco della salita che porta a Villa di Giovo. Questa salita dura in media una mezz’ora e frammenta il plotone in tanti gruppetti. E’ piuttosto irregolare dato che si sale affrontando ripidi strappi inframmezzati da tratti più facili, se non addirittura in contropendenza. Per fortuna si svolge in gran parte all’ombra e in ogni caso il primo ristoro idrico è pronto allo scollinamento per passarci delle bottigliette d’acqua già aperte. Da bere al volo o per integrare la borraccia se s preferisce, ma da gettare come tutti gli altri rifiuti solo nelle green-zone.

Ecco, ci piace dire che qualcosa sta cambiando nella zucca dei corridori. O forse il fatto di correre in un luogo pulito ed ordinato rende più timorosi gli zozzoni nel farsi riconoscere per quello che sono. In larga misura abbiamo visto partecipanti gettare bicchieri, bottiglie e involucri dei gel nelle aree predisposte o riporli nelle proprie tasche. Abbiamo visto addirittura partecipanti ringraziare i volontari impegnati a ripulire di continuo tali zone. C’è ancora una, piccola, speranza di non essere additati come una manica di sporcaccioni dalle popolazioni che ci ospitano ogni weekend.

A questo proposito buona la cornice di pubblico. Forse non numerosa come altrove, ma almeno non abbiamo avuto a che fare con automobilisti arrabbiati. Nonostante le chiusure fossero importanti, e reali, visto il presidio di polizia locale coinvolto. E stiamo parlando di strade chiuse per ore.

Nel frattempo la gara prosegue e una veloce discesa ci riporta sul fondo della valle dell’Adige. Ripercorriamo stavolta in direzione Trento la medesima strada percorsa al poco prima. Arrivati in città salutiamo i concorrenti del medio che affronteranno il Bondone dal versante di Sardagna. I lunghisti invece affronteranno invece come prima salita al Bondone quella che per Garniga Terme porta a Viotte. È una salita lunga, che richiede più di un’ora e che si può dividere in due parti. La prima piuttosto irregolare, a tratti dura, ed esposta al sole, in cui per fortuna non mancano i ristori. La seconda più regolare all’interno dell’ombrosa foresta demaniale del Bondone. Un bene da tutelare prezioso per tutti ma oggi soprattutto per i ciclisti. Per chi non guarda solo la strada che ha di fronte gli scorci sono suggestivi. In basso la città di Trento. A oriente, la Valsugana, un’importante valle pensile che si affaccia sull’ampia valle dell’Adige. Infine, nei pressi dello scollinamento, l’occhio può spaziare verso le dolomiti di Brenta.

La successiva discesa è ancora più veloce della precedente e passare gli 80 km/h orari non è difficile in diversi frangenti. Solo tra Cavedine e Vigo incontriamo una breve rimonta. Giunti infine nella Valle dei Laghi, chiamata così per i numerosi specchi d’acqua che la costellano, attraversiamo una suggestiva distesa di sassi bianchi che fa un po’ Mont Ventoux.

Costeggiando i laghi conviene essere in un gruppetto per dividersi il lavoro, soprattutto perché qui il vento, a quest’ora, spira regolarmente contro. Anche qui non manca un punto di ristoro e spazio per recuperare, poi nei pressi di Vezzano la strada riprende a salire. Ma è ancora presto per proseguire da soli. Vari strappi si susseguono mentre le temperature, come da programma, hanno ormai raggiunto i 30 gradi. Così non è affatto sgradita una doccia improvvisata da alcuni abitanti del luogo con un paio di canne dell’acqua.

Il seguente attraversamento di Terlago, se affrontato con lo spirito giusto e con un po’ di prudenza, è un’interessante variazione. Una sorta di gimkana urbana tra le strette vie del piccolo borgo. Altri due strappi assai ignoranti in fatto di pendenze e finalmente inizia la salita del Bondone dal versante di Sopramonte.

Da qui in poi ognuno sale del proprio ritmo ma, attenzione, si tratta di fare 16km di ascesa, potenzialmente tutti sotto il sole, tanto che l’organizzazione ha predisposto ben tre ristori lungo l’ascesa. Per fortuna durante l’edizione di quest’anno, nel pomeriggio, si sono formate alcune innocue nuvole che da un certo punto in poi hanno schermato un po’ il sole. Prenderla troppo forte vuol dire rischiare di saltare. Al contrario se si sale troppo piano, specie con rapporti non adatti, si rischia di imballarsi. Bisogna conoscersi e non guardare cosa fanno gli altri, nemmeno quelli del medio e i primi del lungo che già hanno imboccato, fuori gara, in senso opposto la strada in discesa verso Trento.

Negli ultimi 5km la salita si fa più dolce e si assapora l’arrivo. Ormai e’ fatta. C’è anche lo spazio per uno sprint agli ultimi 100 metri. Passati i tappeti è possibile consegnare la bici al bike park, recuperare la sacca con il cambio per la doccia se precedentemente affidata all’organizzazione se soprattutto rifocillarsi al pasta party.

Qui all’arrivo, a Vason, si svolgono anche tutte le premiazioni. Per noi è tempo di affrontare l’ultima, divertente, discesa che ci riporterà a Trento e salutare Trento e i suoi dintorni, che meritano sicuramente di tornare per una piccola vacanza, anche ciclistica, perché no?

a cura di Davide Sanzogni, foto di Davide Sanzogni e Newspower

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