Le due facce del contesto appenninico si racchiude in due considerazioni principali: l’esigenza del territorio e il fascino di una cartolina che è senza tempo. La Granfondo del Penice di Varzi ne è l’esempio perfetto. Il borgo pavese, ai piedi del Monte Penice, è una sorta di punto di connessione tra le Province di Pavia, Piacenza, Alessandria. E’ anche sulla via per la Liguria. Queste sono strade battute da tanti motociclisti e pedalatori che arrivano anche dalla città è un territorio di cultura, enogastronomia e di sport. Di seguito vogliamo scrivere il nostro racconto e le nostre considerazioni della manifestazione che si è svolta ieri, 6 Giugno 2021.
Granfondo del Penice, la prima a Varzi
Dopo le tre edizioni con la partenza e l’arrivo a Zavattarello, che è poco distante dal comprensorio varzese, la Granfondo del Penice sbarca proprio a Varzi, da sempre patria e ombelico del ciclismo pavese. Questo borgo della Valle Staffora è da molti considerato una sorta di punto di raccolta ed è a tutti gli effetti uno snodo e crocevia. Varzi è la via naturale che permette di accedere alla “salita del Penice”, una palestra per i ciclisti della zona e non. Qui si mangia e si beve bene ed è una paese dove si incontrano le culture valligiane e quelle cittadine. Qui si mescolano i dialetti e i modi di fare, perché la Provincia di Piacenza è dietro l’angolo, quella di Alessandria è ad un soffio di fiato e per sconfinare in Liguria bastano poche pedalate. E poi c’é la bicicletta e la granfondo, che mette tutti sullo stesso livello.
Cosa ci rimane di questa granfondo
Cosa ci rimarrà di questa edizione della Granfondo del Penice: il primo fine settimana caldo, non estremo nelle temperature, ma comunque un inizio di estate atteso da molti. Ci ricorderemo di una bella location nella sua totalità: tanti parcheggi, un struttura notevole che ha ospitato il ritiro dei pettorali e la distribuzione del pasta party (da asporto). Tanti punti di ritrovo pre e post gara, bar e gelaterie, paninoteche e ristoranti (tutti aperti, considerazione non banale e scontata visto il periodo attuale). Porteremo con noi il ricordo del piccolo parco alberato proprio di fronte all’arrivo, dove molti hanno consumato il meritato re-integro post attività sportiva, beneficiando di tanta ombra. Dettagli? Beh, a volte sono proprio i dettagli a fare la differenza.
Ci ricorderemo della partenza in salita, ormai un marchio di fabbrica che accomuna molte delle manifestazioni organizzate dal gruppo di Vittorio Ferrante, al pari dei ristori dove ci sono le borracce già pronte e le bottigliette di chinotto e di limonata. E poi le strade, gioie e dolori per chi abita in queste zone e per chi viene da fuori. Rispetto al recente passato, qualcosa stà migliorando. Molti tratti sono nuovi e con manto stradale completamente rifatto, alternato ad alcuni punti con un manto critico, intervallati da zone dove alcuni giorni prima l’organizzazione è passata con i sacchi di bitume istantaneo per cercare di riempire le buche.
Purtroppo ci rammenteremo anche dei soliti IMBECILLI (vorremmo scrivere ben altro, ma ci conteniamo) che in un punto del percorso hanno buttato le puntine e sporcato la strada con qualche chiazza di olio, per fortuna senza grosse conseguenza, se non qualche foratura, al pari di quelli che gettano i loro rifiuti per strada!
Dai ciclisti per i ciclisti
Una granfondo creata in tutto e per tutto da ciclisti praticanti, che ci hanno messo la faccia anche negli attimi che hanno preceduto la partenza. Con noi, che conosciamo questo territorio e la sua gente, porteremo anche il ricordo di altre società ciclistiche che hanno fornito il loro contributo al buon svolgimento della manifestazione. Anche questo un segno di un ciclismo amatoriale che cambia ed evolve e che cerca di riparare alle tante, troppe divisioni del passato. BRAVI.
Quel dislivello alpino
Il Garibaldi altimetrico e planimetrico non lascia spazio a molte interpretazioni: poco meno di 128 km, per 2567 mdsl (90 km e poco meno di 1700 mdsl per il percorso medio). Il rapporto tra la lunghezza dei percorsi e il dislivello positivo è tanta roba. Quello che ci preme sottolineare però, è lo spunto che ancora una volta offre un percorso appenninico di questo genere, che porta a ragionare ben oltre i numeri che osserviamo sul nostro device e su Strava, a fine giornata.
L’Appennino e quei numeri falsi
La salita più lunga è stata la prima, poco dopo il via. Poco più di 10 km che ha portato i ciclisti ai 1200 metri di altitudine del Passo Penice, erta che è stata affrontata una seconda volta, da un altro versante, ma solo per il percorso lungo. Nel mezzo una serie infinita di saliscendi, zampellotti e salite brevi, comunque arcigne, dove la catena è sempre in tiro e i cambi di ritmo non si contano. Ecco che, un tracciato che si snoda in mezzo a queste valli diventa esigente e prosciugante, perché la catena è sempre in tiro ed i momenti per rifiatare sono davvero pochi.
E poi ci sono le discese, strette e tortuose, dove è obbligatorio saper guidare la bici e non perdere mai la concentrazione. Non fermiamoci ai soli e freddi numeri, perché oggi (lunedì) le gambe sono dure e fanno male. Il collo e i muscoli dorsali risentono della tensione della granfondo di ieri e le borse sotto agli occhi sono il francobollo della fatica! E meno male che il meteo ha retto e che non ha fatto eccessivamente caldo.
Ci rivediamo nel 2022? Speriamo, perché ci sono al vaglio altre iniziative per migliorare
Il mondo delle granfondo si divide sostanzialmente in due gruppi di manifestazioni: quelle che hanno grandi sponsor e promosse dai territori, quelle che hanno dei soldi da investire. Sono dei veri e propri eventi sportivi posti all’interno della stagione turistica. Poi ci sono le manifestazioni ciclistiche che nascono dalle iniziative degli individui e che sgomitano per farsi largo e ritagliarsi uno spazio. La Granfondo del Penice fa parte di questo secondo grande abbraccio, con tutto quello che comporta. Generalmente queste granfondo crescono poco per volta, per qualità, servizi offerti e sfaccettature che stazione dopo stagione prendono forma. Soprattutto in questi casi anche il partecipante si deve rendere parte integrante del pacchetto dell’evento. Perché?
Perché si possono dare dei consigli che risulteranno utili in futuro. Si può criticare, certo che si può fare, ma la critica deve avere un obiettivo costruttivo. Chi pedala nella giornata della granfondo deve mostrare del buon senso e non dimenticare mai che il Giro d’Italia e il Tour de France sono un’altra cosa, eventi dove se butti la sporcizia a terra e vieni visto, sei squalificato! Green Zone anche in una manifestazione “piccola” come la Granfondo del Penice? Chissà mai che propria la gara varzese non sarà la prima a farlo.
a cura della redazione tecnica, immagini Sara Carena e Andrea Cogotti.