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I raggi delle nostre ruote sono fondamentali

di - 24/06/2020

raggi ruote dt swiss

I raggi, un componente della nostra bicicletta del quale spesso ci dimentichiamo. Una ruota senza raggi, impossibile immaginarlo. Sarebbe anche come dire una bici senza ruote! Ecco un racconto e un approfondimento del nostro René Enzo Piccinni.

I raggi fondamentali fili di acciaio

Un raggio preso da solo è debolissimo: senza sforzo lo possiamo piegare tra
le mani. Ma se proviamo a “tirarlo” e metterlo in tensione, troveremo una resistenza
sorprendente.

La resistenza dei raggi

Il segreto dei raggi è nella loro resistenza agli sforzi di trazione, nella capacità di quel filo
sottile di resistere a carichi di centinaia di chilogrammi, senza subire deformazioni
cosiddette “plastiche” (ovvero non reversibili). L’utilizzo dei raggi nella costruzione delle
ruote è strettamente legato a questa loro caratteristica: regolati alla giusta tensione sono capaci di sopportare sforzi ripetuti e di intensità straordinaria. La giusta tensione dei raggi è essenziale perché una ruota sia robusta e durevole. Per misurare la tensione i costruttori di ruote hanno a disposizione il tensiometro, un
apposito strumento che misura il “carico” a cui sono sottoposti i raggi.

tensiometro dt swiss
Un esempio di tensiometro mobile e manuale. Oggi vengono utilizzati anche apparecchi digitali e macchinari statici, che permettono verifiche al limite della perfezione e con una cadenza altissimi, minimizzando errori e perdite di tempo.

La magia delle ruote

Saper fare ruote era una autentica “magia” riservata alle mani esperte di meccanici che le
costruivano mettendo insieme mozzi, cerchi, raggi e nippli. Per “saper fare”
s’intende costruire una ruota che sia perfettamente centrata, con una “campanatura”
perfetta, che giri senza sobbalzi, senza rumore e senza alcun “ondeggiamento”. Oggi le ruote vengono fornite già assemblate e complete. Se succede di rompere un
raggio sono guai : ogni ruota ha una sua particolare raggiatura. Un tempo c’era il raggio d’acciaio a sezione tonda, e quello s’adattava praticamente ad ogni ruota. Ai giorni nostri troviamo raggi a sezione tonda, ovale, piatta, differenziata (double o triple butted) e – in base allo spessore del cerchio e a il diametro del mozzo – variano pure le lunghezze.

Nel corso degli anni si è ridotto notevolmente il numero dei raggi impiegati nella costruzione delle ruote, e questo in parallelo con l’introduzione dei cerchi a medio ed alto
profilo, capaci di aumentare notevolmente la rigidità.
Dalle tradizionali ruote a 36 e 32 raggi s’è passati a quelle più attuali composte da 20,
16 …10 raggi , con significativi guadagni in termini di leggerezza e penetrazione aerodinamica.

La forma dei raggi

Riguardo alla sezione dei raggi abbiamo già accennato. I modelli più diffusi , ad alto livello,
sono quelli tondi e quelli a “lama” (piatti) con sezione differenziata. La rottura di un raggio
avviene (quando e se si verifica), il più delle volte, alle estremità : in corrispondenza della flangia del mozzo o all’estremità opposta dove i “nippli” fissano il raggio al cerchio. In corrispondenza della flangia alcuni tipi di raggio presentano la testa con una sorta di forma a fungo e sono piegati a 90 – 95 gradi, a forma di “J”. Questa estremità è il punto classico delle rotture a fatica del materiale, imputabili al cambiamento di forma (piega) e di sezione (testa).

In molti casi e nei vecchi mozzi, la flangia veniva letteralmente strappata dalla tensione continua del raggio, che rimaneva integro. Da questa constatazione è nata l’idea dei raggi a sezione differenziata: sigle del tipo 2.0/1.5/2.0 che indicano la sezione in millimetri alle due estremità e nella parte centrale (quella meno sollecitata) del raggio. Mutuando una tecnologia motociclistica, già da tempo vengono utilizzati mozzi “monoblocco”, senza flangia e disegnati in modo che non sia necessaria la piega del raggio. Tra i primi mozzi di questo tipo gli americani “Pulstar”, impiegati nella Mtb.

mozzi shimano
Con il numero crescente dei cerchi in composito e con design asimmetrico, Shimano propose un interessante studio sul comportamento e influenza che i raggi avevano sul mozzo, sulla loro efficienza e sull’integrità dell’intera ruota.

Shimano introdusse i mozzi “Dura-Ace” in un corpo unico, dove i raggi venivano ancorati
tramite nippli (filettatura alle due estremità). Questo sistema, e le sue varianti, è ormai uno
standard per le bici da strada di alta gamma e il raggio “straight pull” (con la testa diritta a
“fungo”) è una validissima alternativa al classico “J-bend”. La “forza” dei raggi è una caratteristica veramente straordinaria: unendo leggerezza e resistenza vengono realizzati raggi di lunghezza di 264 mm. (idonei per ruote di medio
profilo) che pesano, singolarmente, meno di 5 grammi! A titolo d’esempio, abbiamo
verificato che un raggio DT Champion (prodotto da DT Swiss) del diametro di 2 millimetri
caricato a 80 Kg, subisce un allungamento di 2 millimetri.

dt swiss champion
Un’immagine del raggio DT Swiss Champion

 

La raggiatura

I sistemi di “raggiatura” sono fondamentalmente due:

  • Radiale, ogni raggio punta diritto dal mozzo al cerchio, senza incontrarne altri.
  • Tangenziale, quando i raggi sono disposti in modo tangenziale rispetto alla flangia e si
    incrociano con altri raggi. Per la raggiatura tangenziale si parla di “incroci” (in quarta, terza, seconda che ad oggi è anche la più comune, prima).

Un incrocio si dice “in prima” se un raggio, dal suo punto di fuoriuscita dal mozzo al cerchio, incrocia un solo raggio; “in seconda” se ne incrocia due, “in terza” se ne incrocia tre …e così via. Una ruota con un numero maggiore di incroci aumenta di peso e diminuisce di rigidità rispetto a ruote con incroci più diretti, in quanto aumenta la lunghezza dei raggi e, di conseguenza, anche il loro allungamento quando sollecitati a trazione.

Le corse del nord e quelle ruote diverse

Una volta le ruote “personalizzate e raggiate a mano”, in vista della campagna del nord (Roubaix, Fiandre etc.), avevano cerchi bassi e raggiature con incroci in terza o quarta. Inoltre i raggi venivano “legati”, con dello stagno, nel punto di incrocio. Questa pratica viene usata da qualcuno ancora oggi, anche sulle ruote standard a profilo alto e il motivo è quello di avere una maggiore rigidità. Ora si usano ruote full carbon e profili alti anche sul pavé.

dt swiss spline

Ma i dischi hanno cambiato molto

Per le ruote anteriori è molto diffusa la raggiatura radiale, mentre sulla ruota posteriore è più diffuso il sistema dei raggi incrociati, che risulta più resistente e garantisce trazione mista a stabilità. Le ruote dell’avantreno con freni tradizionali hanno raggi tensionati in ugual misura sui due lati; per la ruota posteriore la tensione risulta molto più alta sul lato destro. Con i freni a disco, il grado di tensionatura viene opportunamente aumentato sul lato del disco, sottoposto a maggiori sollecitazioni nel momento della frenata.

La tensionatura

Un singolo raggio è capace di sopportare carichi (in trazione) di diverse centinaia di
chilogrammi, allungandosi di qualche millimetro e con la capacità di ritornare alla sua
forma iniziale (capacità elastica). E’ questa la caratteristica di base per la costruzione delle
ruote a raggi. Per gentile concessione di DT Swiss proponiamo tre immagini relative alla
tensionatura di una ruota posteriore con 28 raggi, e con i relativi carichi statici che arrivano
a sfiorare i 1200 Newton !).

La figura 1 mostra le tensioni dei raggi montati sul cerchio, senza pneumatico. In colore
nero sono evidenziate le tensioni dei raggi del lato destro (lato pignoni e guarnitura)
espresse in Newton (N); la curva rossa mostra la tensione del lato sinistro . Si può vedere
che le singole tensioni, su ogni lato, sono abbastanza omogenee e i raggi del lato pignoni sono tensionati ad un carico molto superiore (quasi il doppio). Montando il pneumatico, la tensione dei raggi diminuisce. La pressione dei pneumatici
preme sul cerchio e quindi influenza le tensioni dei singoli raggi (vedi figura 2).
La figura 3 mostra la tensione della ruota caricata staticamente con il peso di un ciclista.
Se la ruota è ben precaricata il carico viene distribuito a quasi tutti i raggi nella metà superiore della ruota: la tensione dei singoli raggi aumenta lì.

Ad ogni rotazione la ruota cambia

Nell’area di contatto a terra, le tensioni di alcuni raggi diminuiscono leggermente. Ciò significa che, durante la rotazione di una ruota, ogni raggio viene caricato e scaricato al massimo una volta. Questo succede circa 450 volte su un percorso di 1 chilometro. Se il precarico (la tensionatura statica) è troppo basso può verificarsi lo scarico completo dei raggi. Di conseguenza, i raggi possono allentarsi e la ruota diventa più instabile . D’altro canto, se le tensioni sono troppo elevate ai carichi di picco (ad es. nell’impatto con la classica buca stradale) la forza sul raggio sarebbe troppo elevata e il raggio si deformerebbe plasticamente. Anche in questo caso la ruota perderebbe stabilità a causa dell’eccessivo allungamento dei raggi. Il segreto di una “buona ruota” è nel saper equilibrare questi sforzi (di trazione e compressione) dando la giusta tensione ai raggi.

Il comportamento dinamico

Quando pedaliamo in salita – alzandoci sui pedali e inclinando la bici alternativamente a
destra e a sinistra – i raggi della ruota posteriore vengono compressi ed estesi a causa della massa del ciclista che si muove sulla bici. A questo dobbiamo anche associare le variazioni della coppia di trasmissione, dei carichi laterali dovuti all’inclinazione della ruota rispetto alla verticale e le asperità della strada. In questa azione, dinamica, tutti i raggi si allungano (trazione) e si accorciano (compressione). Danzando sui pedali sottoponiamo i raggi ad uno stress estremo!

La corretta tensionatura e la costruzione ottimale della ruota deve evitare due cose:

  • che la somma delle componenti di trazione porti vicino al carico di snervamento, quello
    oltre il quale il raggio si snerva e non ritorna alla sua lunghezza originale (deformazione
    plastica di cui accennavamo all’inizio).
  • che la somma delle componenti di compressione li allenti tanto da permettere alla nipple
    di svitarsi.

a cura di René Enzo Piccinni, con il contributo della redazione tecnica.

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.