Van Der Poel è una sorta di Deus Ex Machina del ciclismo attuale. L’olandese è ambito da tutti, dagli organizzatori di gare, dagli sponsor, dagli spettatori, da aziende extrasettore che vedono nel ragazzino olandese un idolo con cui veicolare il proprio messaggio e immagine.

Però il ciclocross non è solo Van Der Poel, perché probabilmente, se non ci fosse il ciclocross come lo conosciamo oggi, non ci sarebbe quel fenomeno di Matthew Van Der Poel.
Il ciclocross torna a crescere
Gli atleti fenomeni sono spesso protagonisti della crescita di una disciplina. Alcuni di loro, quelli che offrono maggiore spettacolo e una bella immagine vengono presi ad esempio della disciplina stessa. Alcuni esempi: Sagan per il ciclismo su strada, MVDP per il ciclocross e il ciclismo in genere, questo sport che riscopre la multidisciplinarietà (molto praticata tra gli anni settanta e ottanta, quando i calendari della strada non erano così fitti), Shurter per la mtb (in parte offuscato proprio da Van Der Poel). Il ciclismo diventa anche un’attività propedeutica per campioni di altri sport.

L’atleta di spicco è il tassello principale, potremmo dire il fulcro, di un movimento al centro di un rilancio importante. La spinta e la voglia di puntare in alto arrivano prima di tutto dalle aziende che investono denaro e nel nostro caso, il ciclismo, anche per merito dei capitali che arrivano dall’esterno. La sicurezza stà anche in quel “protocollo” con cui si pratica il ciclocross: un campo, un prato, alcuni sentieri lungo gli argini o i fossi, una bici in mezzo al fango.
Il ciclocross estremo e sicuro
Se ci pensate il ciclocross è assolutamente in linea con il modo di pensare attuale: bisogna fare sport ma è necessario farlo nel modo più sicuro possibile. Pedalare su asfalto è pericoloso, siamo testimoni di una strage quotidiana e silenziosa. La mtb è sempre più estrema: se non sei in grado di buttarti da un dirupo in stile Rampage non sei nessuno.
Ecco che torna a piacere il ciclocross, una sorta di “estremizzazione sicura” del ciclismo. Estremizzazione perché anche chi non lo pratica si rende conto dello sforzo e della fatica fisica ma al tempo stesso del divertimento. Sicura perché giri con la bici dentro un prato, nel fango, non esistono grossi ostacoli da superare e la velocità media è bassa. Cadere su un ostacolo, scivolare sulla sabbia o sul fango, non fa male tanto quanto una macchina che ti falcia. Il ciclocross diverte anche i disinteressati, piace vederlo in tv, emoziona se visto dal vivo.
Le e-bike sono un’opportunità per il settore
Chi sono le aziende che arrivano da fuori? Quelle dell’automotive, auto e motociclismo, quelle dell’elettronica, che mettono i soldi sul piatto in modo diretto, oppure attraverso marchi che viaggiano nell’orbita del loro gruppo. Ci sono anche le aziende particolarmente interessate allo sviluppo delle e-bike, supportate da basi solide e da liquidità davvero importanti (vedi i vari fornitori di unità elettriche).

Il salone delle moto di EICMA ci ha detto che tutti i colossi (e non solo) delle moto hanno almeno una e-bike nelle loro fila. I motivi possono essere differenti ma si rifanno sempre ad un modello di business che cavalca un argomento attuale: l’ecologia abbinata alla sostenibilità. La bicicletta è lo strumento più efficacie per veicolare il messaggio. Ma in realtà, a noi appassionati, come arriva e da che parte proviene l’investimento potrebbe anche non interessare. Ci piace vedere che il capitale permette di crescere ai giovani. Ci piace constatare che c’è un grosso ritorno di interesse nei confronti di tutto il ciclismo. La bici piace alla gente piace, lo vuole, è interessata allo sport praticato. Le persone sono interessate alla tecnica delle bici, al fascino di una disciplina che può essere fatta in vari modi e che non conosce stagione. La bicicletta non è per forza agonismo.
a cura della redazione tecnica
foto di BettiniPhoto, Giacomo Podetti, Marco Carlotti